Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.

sabato 12 marzo 2016

Piero Golia e il corso del Libero Nudo all'Accademia di Belle Arti di Napoli

Dal momento che Piero Golia non ha mai fatto menzione del suo periodo di apprendistato all'Accademia di Belle Arti di Napoli (1995-1997), comincio a domandarmi perché il Nostro abbia rimosso un'esperienza così ricca ed esclusiva. Specialmente considerando l'assiduità della sua presenza con il gruppo degli anarchici. Trattandosi di un evidente caso di rimozione, vediamo se può essere di aiuto la psicoanalisi...

Rimozione: termine della psicanalisi che indica l'"espulsione ed esclusione dalla coscienza" di pensieri, immagini, ricordi, sentiti come pericolosi dall'Io, che perciò se ne difende relegandoli nell'inconscio. La rimozione è il principale meccanismo inconscio di difesa dell'Io. Così Freud la descrive "L'Io percepisce una richiesta istintuale proveniente dall'Es alla quale vorrebbe resistere poiché sospetta che il suo appagamento potrebbe essergli pericoloso, in quanto capace di provocare una situazione traumatica, una collisione con il mondo esterno a cui non saprebbe tener testa dal momento che gliene mancano ancora le forze. L'Io si comporta quindi con il pericolo derivante dall'istinto come se si trattasse d'un pericolo esterno: intraprendendo un tentativo di fuga, ritirandosi da questa porzione dell'Es e abbandonandola al proprio destino dopo averle negato tutto l'aiuto che solitamente fornisce ai moti istintuali [...] Con l'aiuto della rimozione l'Io segue il principio del piacere, che altrimenti è solito correggere, ma ne deve subire le conseguenze; queste consistono nel fatto che l'Io vede ormai definitivamente ridotta la propria sfera d'influenza. Il moto istintuale rimosso sarà d'ora in avanti isolato, abbandonato a se stesso, inaccessibile, ma anche non influenzabile. Esso procederà per la propria strada".
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Lory, corso del Libero Nudo frequentato da Piero Golia

Disegno a linea continua: la ragazza di Piero Armenti e l'artista di strada







 Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio.

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti
Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.

C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


Io e la ragazza di Piero Armenti - disegno a linea continua


Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo...

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.
Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine.
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu.
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio".
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...

mercoledì 3 febbraio 2016

Uomo che saluta, olio su tela - 1997

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicché, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.


Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

Leonardo da Vinci, il disegno

Leonardo comincia dal di dentro, dallo spazio mentale, e non dalle linee di un contorno ben aggiustato, per finire (quando rifinisce e non lascia invece i suoi dipinti incompiuti) effondendo la sostanza del colore come un soffio che investe la concezione dell'immagine corporea propriamente detta, assolutamente indescrivibile. I dipinti di Raffaello si adagiano in 'piani' dove si compartiscono  i gruppi armoniosi, e uno sfondo limita l'insieme con molta misura. Leonardo non conosce che lo spazio unico, vasto, eterno, in cui – per così dire – si vedono le figure planare. Il primo offre nell'ambito dell'immagine una somma di oggetti individuali e contigui; il secondo una porzione d'infinito.
 O. Spengler, Der Untergang des Abendlandes, 1917


Leonardo da Vinci, disegno


Il volo Alitalia e la dipendente di Anna Grazia Greco

Il 18 agosto 2008 mi imbarcai sul volo Alitalia (AZ 0686) destinazione Caracas. Il mio vicino di poltrona era un ragazzo che andava a lavorare in una zona sperduta del Venezuela, El Tigre. 
Il tipo aveva detto di chiamarsi Alessandro e lavorava per l'Eni. 
Il fatto strano è che di ritorno dall'Italia, aveva già un barbone di un paio di mesi, come chi provenga da un posto dimenticato da Dio... 
Molto casualmente, invece, seduta sulla poltrona davanti alla mia, c'era una signora siciliana di mezza età che lavorava al Codazzi. Proprio così: costei era alle direttte dipendenze della Greco, Anna Grazia Greco: dirigente emerita del Codazzi, fuorilegge per vocazione.

Questa insegnante dal passaporto diplomatico, partiva con quasi 2 settimane di anticipo dall'inizio della scuola: una vera stakanovista... Anche se alcune indiscrezioni raccolte a Caracas, affermavano che quest'insegnante non avesse i titoli per insegnare al Codazzi... 
In realtà quella befana era destinata all'università di Merida in qualità di lettrice.

Anna Grazia Greco

mercoledì 27 gennaio 2016

Un’email a Kyong Mazzaro AC4 - Columbia University | La corrispondenza con un’improbabile blogger

Quando ho cominciato a scrivere di Kyong Mazzaro nei miei blog, per dovere di trasparenza (legge 241/90) ho voluto personalmente metterla al corrente, così come ho fatto per altri soggetti di cui ho narrato le gesta.
In quel periodo Kyong Mazzaro aveva già cominciato la sua favolosa carriera accademica alla Columbia University, cosicché non è stato difficile reperire la sua email.
Il bello è che quella capra (mai conosciuta una simile demente) non avendo capito chi ero, mi ha pure risposto, ringraziandomi per il pensiero...

Tempo dopo, quando ha visionato il blog ed ha finalmente capito con chi aveva a che fare, si è messa per un certo periodo “in sonno”, scomparendo di punto in bianco dal web (foto, scritti, documenti etc.)
Il testo che segue è l’email che gli ho inviato:

Da:     Kyong Mazzaro (kmazzaro@ei.columbia.edu) Hai spostato il messaggio nella posizione attuale.
Data invio:    lunedì 26 novembre 2012 15:38:15
A:    Gianluca Salvati (g...@...com)

Ciao Gianluca,

Grazie della tua mail. Era da tanto che non ci sentivamo. Qui va tutto bene, spero sia il caso anche per te.
Daro' un'occhiata al tuo blog.

Tanti saluti,
K
________________________________
From: Gianluca Salvati [g...@...com]
Sent: Saturday, November 24, 2012 2:20 PM
To: Kyong Mazzaro
Subject: ciao Kyong

Ciao Kyong,
come te la passi ?

Vedo che ne stai facendo di strada. Mi fa piacere, ovviamente. Io continuo a dipingere e, da qualche anno ho intrapreso anche la strada della scrittura, come puoi ben vedere:

storiadiunquadro.blogspot.com/


arrivederci, salutami il nostro comune amico
Gianluca

p.s. Dunque, se avete una figlia che non è proprio una cima, non disperate: c’è una brillante carriera accademica per lei alla Columbia University di New York...  oh yeah!



Kyong Mazzaro, ex-blogger - AC4, Columbia University



martedì 17 novembre 2015

Verso una soluzione dell’empasse Codazzi? - La Voce d'Italia | Anna Grazia Greco e Minerva Valletta

CARACAS- L’odissea della Codazzi continua. Venerdì 5 settembre i genitori e la giunta direttiva si sono incontrati nelle installazioni della scuola. Una riunione infuocata, cui ha preso parte anche la direttrice didattica dell’ambasciata, Anna Greco. Il nuovo responsabile amministrativo, Eleonora Vaccaro, ha presentato su lamine power point  lo stato finanziario della più antica delle scuole italiane in Venezuela. Con numeri e grafici ha mostrato come la Codazzi è in difficoltà economiche, ma chiedere soccorso allo Stato italiano è inutile. Il contributo che arriva è vincolato agli stipendi dei professori italiani, non dovrebbero comunque arrivare più di cinque giovani insegnanti. Che la Codazzi debba fare da sé, lo ha confermato anche Anna Greco. Ha ribadito come questa sia una scuola paritaria ma non statale, quindi rilascia titoli validi in Europa, ma economicamente deve sostenersi da sola.

Si è cercato di ricucire lo strappo tra la giunta direttiva guidata da Giovenco (oramai a fine mandato) e i genitori “ribelli”, guidati da Minerva Valletta. Sono stati quest’ultimi l’anno scorso a decidere di non pagare le rette, dopo che vennero raddoppiate nel giro di un anno, a distanza di tre mesi: settembre poi dicembre.

Quattro, cinque famiglie hanno poi impuntato i piedi, si sono rivolti al ministero dell’Educazione venezolano per ottenere il blocco dell’aumento.La retta da pagare adesso è circa 770 BsF, non potrà essere modificata durante l’anno. Nel caso ce ne fosse bisogno, verranno concordati contributi aggiuntivi con i genitori.

I problemi principali da affrontare ora sono due. Le spese legali per fare ricorso contro il ministero dell’Educazione, circa 200.000 BsF. Soldi che purtroppo graveranno sulle spalle dei genitori. Bisogna poi verificare caso per caso chi ha saldato i debiti dell’anno passato, si procederà poi all’iscrizione. Intanto riapre  regolarmente la scuola, a partire da martedì 8 settembre.
Pubblicato il 07 settembre 2008 da Piero Armenti - 7/9/08

Nulla dies sine linea, penna su carta - Gianluca Salvati
 

domenica 15 novembre 2015

Collettività - Riunione alla Codazzi, Giunta direttiva nel mirino

Pubblicato il 21 novembre 2012 da redazione
CARACAS – Prendete un nutrito gruppo di genitori infuriati, un Console dai mille propositi, una giunta direttiva apparentemente acefala e un rappresentante dell’Ambasciata forse eccessivamente discreto. Aggiungete un Comites che finalmente decide di fare il suo lavoro e l’entrata in scena improvvisa del governo venezuelano nelle vesti di due funzionari del ‘Ministero de Educación’. Condite tutto con denunce, lamentele, attacchi e tentennanti difese, ed eccovi servita la “riunione informativa” che ieri avrebbe dovuto risolvere i tanti problemi della scuola privata italiana A. Codazzi di Caracas ma che, nei fatti, non ha portato a nulla. Tutto è stato rinviato ad un nuovo incontro il 29 novembre.

Scoppia il ‘caso Codazzi’
Nonostante le polemiche e le lunghe discussioni, la situazione non ha ancora i contorni ben definiti e i punti interrogativi sono tuttora molti. Quel che è certo è che, dopo una traiettoria di più di mezzo secolo ed anni di contributi governativi (dai 140 mila euro del 2007 ai 17 mila dell’anno scorso), la storica istituzione scolastica della capitale si dice al limite della bancarotta e minaccia di chiudere i battenti.
La crisi, che si trascinava da tempo, scoppia a settembre, quando a due settimane dall’inizio dell’anno scolastico la giunta direttiva convoca le famiglie degli alunni per comunicare un aumento delle tariffe scolastiche improvviso quanto esagerato: le rette mensili passano da 1.830 bolivares a 3.500, le quote d’iscrizione per i nuovi arrivati da 3.500 a famiglia a 5.000 ad alunno e quelle per i già immatricolati da 1830 a famiglia a 3.500 ad allievo. Secondo la scuola, solo un rincaro di tali proporzioni avrebbe permesso di coprire sia i buchi causati dalle famiglie morose sia l’aumento del salario del personale scolastico. L’aumento, però, è illegale, in quanto la legge venezuelana permette di alzare le quote ad un massimo del 10% l’anno e con previo consenso unanime dell’assemblea dei genitori.
Le famiglie dei ‘codazzini’ non accettano il rincaro e neppure l’atteggiamento dell’attuale giunta direttiva che preferisce imporsi con decisioni già prese che dialogare con i diretti interessati. “Siamo qui per informare, non per discutere o negoziare” avrebbe detto la seconda vicepresidente della giunta, Gladys Burgazzi, ai genitori che chiedevano spiegazioni (giustificando ieri le sue parole con un risibile “non avevamo il microfono”). Le famiglie in protesta presentano quindi denuncia presso l’Indepabis (Istituto per la Difesa delle Persone nell’Accesso ai Beni e Servizi) e annunciano la costituzione di una ‘Società di Genitori e Rappresentanti’ che possa ricevere donazioni da destinare alla scuola, realizzare le riparazioni necessarie, chiedere un rendiconto finanziario e la presentazione di fatture. Non è solo una questione di soldi: i genitori si dicono disposti a pagare, ma solo se, in cambio, viene offerta ai loro figli un’educazione di qualità in una struttura di qualità. È ufficialmente scoppiato il ‘caso Codazzi’.

Una proposta ignorata
Tra settembre ed ottobre si susseguono gli incontri incrociati tra le parti: l’ufficio del Console Davoli si apre e si chiude ad ogni battito di ciglia, il Comites è invitato a cena da esponenti della Collettività per cercare soluzioni, le famiglie discutono tra loro e si organizzano ed entra in ballo anche l’Ambasciata. L’esito delle discussioni è la riunione di ieri e la proposta avanzata dal Console, presentata come unica soluzione all’empasse della scuola: pagamento delle morosità, rette mensili a quota 2.900 bolivares e borse di studio da parte del governo italiano per chi non può pagare più di 1.830 bolivares.
I genitori, però, anche questa volta reagiscono mettendosi sul piede di guerra e per tutta la durata della riunione scagliano contro la giunta direttiva una serie di attacchi e critiche, ignorando di fatto la proposta del Console (definita “fenomenale” dal presidente del Comites, Michele Buscemi) che in pochi minuti finisce purtroppo nel dimenticatoio.
La ragione di tanta aggressività è in primo luogo la assoluta mancanza di fiducia delle famiglie nei confronti di una Giunta direttiva considerata illegittima, inefficiente e, per alcuni, furbetta per quanto riguarda l’amministrazione del denaro. Quando un genitore da voce a questo malcontento senza troppi giri di parole, scoppia un fragoroso e lungo applauso che ammutolisce tutto il palco: il preside Gianfranco Incerpi, il vicepresidente della Giunta Giudo Brigli, la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi, il Console generale Giovanni Davoli, il membro del Comites Michele Buscemi, il primo Consigliere d’Ambasciata Paolo Mari. Non il Presidente della Giunta direttiva della Codazzi, Adriano Giovenco, che ha stupito tutti non presentandosi all’incontro.

Cricca Codazzi nel mirino, collage e tecnica mista 2004-2016


Illegittima, inefficace, furbetta
Illegittima, si diceva. Lo statuto dell’associazione civile senza fini di lucro che regge la Codazzi stabilisce che la Giunta debba essere rinnovata ogni biennio ma l’attuale direzione non mette a disposizione le sue poltrone da più di otto anni. Ai genitori che chiedono le ragioni di questo sistema antidemocratico, la Giunta risponde con un sonoro silenzio. L’unico passo avanti è stato l’impegno del Vicepresidente a convocare un’assemblea dei soci per il mese di febbraio.
Per quanto riguarda l’inefficienza, stando a quanto denunciato dai genitori da qualche anno a questa parte le strutture sono in degrado, la manutenzione scarsa, le infiltrazioni costanti. Manca la carta igienica, i bagni non funzionano, l’auditorium e il ‘salón maternal’ sono chiusi, il laboratorio di fisica è inattivo, il bar è sprovvisto di tutto ciò che non abbia la forma di una ‘empanada’ fritta. Secondo una mamma, “non vale la pena pagare un solo bolivar per un’educazione che non risponde neppure ad un minimo livello di salubrità”. Per un’altra, invece, è legittimo iniziare a pretendere un contratto scritto che impegni la scuola in investimenti mirati nel miglioramento dell’Istituto per ogni nuovo apporto delle famiglie. “Nessuno paghi un solo bolivar se non ci dicono dove finiscono questi soldi”.
Alla qualità delle strutture si affianca quella dell’insegnamento. Un tema delicato che si è toccato quando una mamma del Comitato genitori ha chiesto come il Console, nelle vesti di Procuratore agli Studi, avesse potuto firmare e quindi certificare la pagella di sua figlia contenente i voti di inglese e musica, materie che questa non aveva frequentato per quasi tutto l’anno a causa dell’assenza di professori. La donna ha parlato di “falsificazione di documenti pubblici”.
Si è chiamata in causa la questione del ‘corpo docenti’. “Io non voglio elemosina – ha dichiarato una mamma riferendosi alle borse di studio proposte dal Console -. Io pago se ho la garanzia di non vedere un professore diverso ogni due settimane”.
Perché tanti problemi con i professori? Una delle cause pare sia la contrattazione in nero.  Esemplare il caso di Gianluca Salvati, professore alla Codazzi dal 2004 al 2006: chiamato a prestare servizio dalla Dirigente scolastica Anna Greco in persona, dopo aver lasciato il suo posto di lavoro Salvati è arrivato a porgere denuncia in Tribunale al fine di ottenere dalla scuola la legittima liquidazione che questa voleva negargli. La Codazzi, come si legge negli atti del processo, per non dover sborsare quattrini ha addirittura negato in aula “l’esistenza di una relazione lavorativa tra le parti” e quindi qualsiasi obbligazione economica nei confronti del professore (cose che succedono, quando non si ha dalla propria parte un contratto). Fortunatamente, e in tempi brevi, la giustizia venezuelana ha dato ragione al giovane insegnante ed ha obbligato la scuola a pagare l’importo dovuto. Sul suo blog, Salvati ha pubblicato gli atti del processo e l’assegno relativo al pagamento della sua liquidazione, oltre ad una copia della sua carta d’identità venezuelana (numero E.82.360.383), precisando che è un documento falso, comprato, “ottenuto illegalmente, dopo più di un mese di clandestinità, tramite corruzione di Pubblico Ufficiale e in assenza di registrazione alla Camera del Lavoro”. Parla poi delle “difficoltà affrontate in Italia per ottenere il riconoscimento del punteggio maturato e  dell’affannosa quanto inutile ricerca dei legittimi contributi maturati in quegli anni di lavoro al limite dello sfruttamento”.
La denuncia avanzata da Salvati non è un caso isolato, sono infatti numerosi i docenti che si sono rivolti alla legge venezuelana per vedere rispettati i loro diritti di lavoratori. Questo spiegherebbe un dato presentato da una mamma ed estratto dai bilanci della scuola: 250 mila bolivares a Simone Giovenco, avvocato della scuola ma soprattutto moglie del presidente della Giunta. Una cifra che crea sospetti, così come crea perplessità l’esistenza di un conto corrente aperto anni fa dalla scuola in Svizzera. Un conto da anni inutilizzato dove finiscono i finanziamenti del governo italiano ed in cui, si è difesa la Giunta, è accumulato il denaro per i tfr degli insegnanti.
Il Console, avanzati dai genitori i primi dubbi sulla giusta amministrazione economica della scuola, si è affrettato ad assicurare l’esattezza dei bilanci presentati dalla giunta, comprovata da una revisione effettuata in modo incrociato con l’Ambasciata d’Italia. Le analisi confermerebbero l’esistenza di una “situazione di difficoltà” e “nessuna prova di illeciti”. Ma il Comitato genitori, dal canto suo, non è convinto: sostiene che i conti non sono trasparenti e che i numeri presentati dalla scuola – numero di alunni, morosità, stipendi, spese – sono falsi. A questo proposito ha costruito un contro-bilancio dal quale si evince l’inesistenza di una situazione di passivo economico ed ha chiesto di partecipare alla stesura dei rendiconti anche con i genitori che non fanno parte del Comitato. Il documento è stato chiesto dal Console per una valutazione ufficiale.
I genitori hanno accusato la Giunta direttiva di una serie di manipolazioni della documentazione ma anche di una serie di irregolarità nei confronti della legge venezuelana. “Sono andato al Ministero dell’Educazione e mi hanno detto che c’erano due carrelli pieni di fascicoli sulla Codazzi” denuncia un genitore. Una testimonianza corroborata dall’intervento di Euridice Álvarez, Coordinatrice dei plessi privati del Distretto Capitale, secondo cui l’Istituto Codazzi “si trova illegale all’interno del Ministero dell’Educazione”, “non compie con i 27 requisiti delle istituzioni scolastiche” ed è gestito da una “giunta irresponsabile”. Giunta che, dal canto suo, non nega qualche ‘problemino’: “Chi non ha mai avuto problemi con il ‘seguro social’” si è difeso Brigli.
Il governo venezuelano, comunque, sembra appoggiare i genitori nella loro lotta per il proseguimento e il buon funzionamento della scuola. Noel Diaz, Capo del controllo e della valutazione studi del Ministero dell’Educazione, ha ribadito che “siamo in Venezuela e qui non si chiuderà né la parte italiana né la parte venezuelana” della Codazzi. Una promessa che, visti i precedenti, sembrerebbe veritiera. Infatti in passato è stato il Ministero venezuelano ad impedire la chiusura delle sezioni venezuelane e della scuola materna italiana dell’Istituto. Ed ora, per dare un’ulteriore spinta sulla buona strada, Diaz ha consigliato di convocare alla prossima riunione anche i rappresentanti della ‘Defensoria del Pueblo’, della Procura e della ‘Defensoria de Niños, Niñas y Adolescentes’, ribadendo però che si tratterà solo di un accompagnamento. “Senza pregiudicare nessuno, il Venezuela vi ha sempre rispettati” ha dichiarato.
Ad alcuni sembra che da parte della Giunta direttiva manchi la volontà di far funzionare la Codazzi. E’ stata denunciata l’esistenza di un documento al Ministero de Educación secondo cui la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi “continua ad attendere la chiusura della scuola”; ci sarebbero 37 bambini cui sarebbe stata impedita l’iscrizione all’Istituto (lo stesso Istituto secondo cui una delle principali cause dei problemi economici attraversati è la mancanza di nuove immatricolazioni); aiuti e donazioni rifiutati (come quello dell’Eni, che si sarebbe offerto a riparare l’auditorio ed a pitturare l’intera struttura). Ci sarebbe poi una Giunta che negherebbe ai genitori la possibilità di incontrarsi nella sala riunioni obbligandoli a discutere e manifestare in strada; ci sarebbe la brutta esperienza dell’Istituto Bolivar y Garibaldi non ancora dimenticata che crea incertezze e corrode la fiducia nelle istituzioni italiane; ci sarebbe… E ci sono i bambini.


http://voce.com.ve/2012/11/21/50314/riunione-alla-codazzi-giunta-direttiva-nel-mirino/

"Agustin Codazzi" Giunta direttiva nel mirino
 

giovedì 29 ottobre 2015

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli | Le istituzioni umanistico-rinascimentali e la cultura italiana

Accademia: istituzione umanistico-rinascimentale italiana, poi diffusasi in tutta Europa e giunta fino a noi: le accademie furono libere associazioni di dotti (scienziati, artisti, letterati) nate con l'intento di promuovere la cultura e di garantire la comunicazione fra intellettuali. Spesso protette da regnanti e mecenati, esse si dotarono nel corso del Cinquecento, di precisi statuti e di finalità specifiche (teatrali, editoriali, filosofiche, scientifiche, ecc.). Fra le più famose ricordiamo l'Accademia platonica di Firenze, riunita attorno alla personalità di Marsilio Ficino, l'Accademia della Crusca (fondata nel 1583), che a partire dalla fine del Cinquecento esercitò una funzione puristica in ambito linguistico; l'Accademia dei Lincei (1603) e l'Accademia del Cimento (1657-67), nate con finalità scientifiche; l'Accademia d'Arcadia, che dominò il gusto letterario del primo Settecento. Il modello italiano ispirò in Europa altre grandi istituzioni nazionali come l'Académie Francaise, la Royal Society, l'Accademia prussiana delle scienze.
In campo artistico, la prima accademia venne creata nel 1562 a Firenze. Ne fu promotore Giorgio Vasari, che ottenne dal duca Cosimo I il permesso di destinare un luogo al dibattito teorico e all'apprendimento artistico, cui venne dato il nome di Accademia del Disegno.
Nell'intento di Vasari l'Accademia aveva lo scopo di raccogliere le esperienze artistiche disseminate e produrre un'attività pratica e teorica capace di dare nuovo impulso e soprattutto un crescente prestigio alla produzione delle arti. Nelle intenzioni di Cosimo I, invece, l'Accademia aveva lo scopo di esercitare un controllo sull'attività artistica, legandola saldamente agli interessi della dinastia medicea. All'inizio, dunque, l'accademia nacque sulla base di una coincidenza di interessi tra artisti, desiderosi di avere uno spazio di elaborazione culturale, e potere politico, interessato a dare a tale elaborazione una precisa funzione di sostegno al proprio operato e ad evitare ogni eventuale gesto di autonomia o di ribellione da parte degli artisti. Questi interessi, però, col tempo si rivelarono contraddittori, e nelle numerose accademie che si formarono sul modello fiorentino finì col prevalere l'aspetto burocratico-amministrativo ed istituzionale.
Questa evoluzione contribuì a svuotare le accademie del loro iniziale slancio creativo e a trasformarle in corporazione, allineate al gusto ufficiale ed alla politica culturale delle classi dominanti. Ed infatti il termine "accademico" nel XIX secolo finì per assumere un significato deteriore, riferito ai caratteri conformisti e subalterni della produzione artistica.
Un discorso a parte va fatto per la accademie private, fiorite nel XVI secolo sul modello dell'esperienza fiorentina, ma caratterizzate da una maggiore autonomia nei confronti del potere politico. Tra queste, la più famosa fu quella bolognese degli Incamminati, fondata dai Caracci alla fine del Cinquecento.
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli - 1997
 

domenica 11 ottobre 2015

Diritti umani e fascismo: il caso di Human Rights Watch

Cercando sul web gli articoli di un giornalista italiano conosciuto a Caracas, Enrico De Simone, mi sono imbattuto in questo che ho trovato molto interessante:

19 Settembre 2008
Nella serata di giovedì 18 settembre, il governo venezuelano ha decretato l’espulsione dal paese di José Miguel Vivanco, l’avvocato cileno direttore della sezione America latina di Human Rights Watch.
La sua colpa: avere tenuto, nel pomeriggio di quello stesso giorno, una conferenza stampa in cui denunciava come, dal fallito golpe del 2002 ad oggi, la situazione dei diritti umani in Venezuela sia andata deteriorandosi.
Poche ore dopo – come ha raccontato lo stesso ministro degli Esteri venezuelano, Nicolas Maduro – Vivanco e il collaboratore che lo accompagnava venivano accompagnati all’aeroporto, messi su un aereo e espulsi dal paese, con la proibizione di tornarci in futuro. Vivanco – recita un comunicato governativo firmato da Maduro e dal suo collega degli Interni, Tarek El Aissami – “ha violentato la Costituzione e le leggi della Repubblica Bolivariana del Venezuela, aggredendo le istituzioni della democrazia venezuelana e immischiandosi illegalmente negli interessi del paese”. Maduro ha poi dichiarato che il direttore di HRW (Human Rights Watch) ha contravvenuto alle norme che regolano il transito attraverso il Venezuela di cittadini stranieri in condizione di turista, presentando “in maniera abusiva e volgare” una conferenza stampa “dove ha vilipeso le istituzioni della democrazia venezuelana, dove ha ferito la dignità delle nostre istituzioni, del nostro popolo, della nostra democrazia”. L'“aggressione” di HRW “risponde – continua la nota – a interessi vincolati e finanziati dal governo degli Stati Uniti d’America, che dietro la maschera di difensori dei diritti umani dispiegano una strategia di aggressione inaccettabile per il nostro popolo”. Per rendere ancor più chiaro quest’ultimo concetto, Maduro ha dichiarato: “Sono sicuro che dietro questa imboscata mediatica ci sono quelli di sempre, i padroni dei mezzi di comunicazione legati agli interessi dell’impero e quei gruppetti che, proclamandosi difensori dei diritti umani, ricevono soldi da Washington”.
Enrico De Simone, L'Occidentale
Enrico De Simone La Voce d'Italia (Caracas) - L'Occidentale, Roma
L'articolo è molto più lungo e argomentativo, ma la vicenda in sé ha molti spunti di riflessione.
Dal mio modesto osservatorio, di chi ha vissuto per quasi 2 anni a Caracas e si è trovato spesso a lottare per i propri diritti, l'occasione non poteva essere più ghiotta. Ho letto il rapporto di José Miguel Vivanco, direttore della sezione per l'America latina di HRW, sgradito al regime di Hugo Chavéz
Questa denuncia è un'accozzaglia di luoghi comuni e di falsità in linea col metodo fascista adoperato dal Vivanco per declamare le sue “verità”. Per non parlare dell'effetto focalizzazione magicamente creato da una (finta) pluralità di mezzi di comunicazione (il cosiddetto soft power), radio, tv e giornali.
Qualche mese prima che Enrico De Simone giungesse a Caracas, avevo domandato ad una rappresentante del Ministero degli Esteri (italiano): “il diritto non è cultura ?” (Auditorium della scuola “Agustin Codazzi” - 10/03/2005). La funzionaria che aveva appena esposto le linee guida del suo ministero, mi aveva candidamente risposto: “No, il diritto non è cultura.” 

Fax Art - Caracas, marzo 2006 - Gianluca Salvati
La platea accolse silenziosamente l'asserzione.
La mia domanda era necessariamente provocatoria, ma la risposta era da medio evo, se non peggio, da età della pietra
Chissà cosa avrebbe risposto il signor Vivanco a quell'affermazione. Come se non bastasse, i rappresentanti istituzionali si proclamarono impotenti rispetto a quei delinquenti in grisaglia della giunta del Codazzi, nonostante il ministero elargisse un lauto assegno ogni anno al Codazzi.
Come ho già scritto eravamo senza contratto (a tempo determinato). Io avevo rischiato la pelle per un avvelenamento, che a quei tempi (ero ancora ingenuo) pensavo fosse stato un accidente. 

Eppure, non potevamo accampare diritti, mentre quei signori venuti da Roma, dovevano dirci cosa fare in classe dato che avevano regalato la paritarietà a quella scuola.
Il giorno dopo mi assentai, avevo una reazione di schifo verso quella gente.
Che strumenti avevo per far valere i miei diritti?
Qualcuno nel mondo ha inventato le associazioni per i diritti umani, tipo questa di Human Rights Watch, non so esattamente cosa siano né come operino, ma verrebbe automatico rivolgersi a loro. Mi pare di aver capito che, rispetto alle questioni, si pongano in questo modo: “dato che noi siamo più civili (e di certo migliori) di voi, queste sono le giuste ricette per elevarvi dal vostro stato di abiezione al nostro di onniscienza...”
Alla tv si parla spesso di loro, specie se di matrice yankee e non governativa, che oggi fa tanto figo... Immagino che costoro abbiano avuto un bel da fare in America latina, con tutti quei dittatori...
Come alternativa colta alle associazioni per i diritti umani, c'è la possibilità di rivolgersi ai tribunali di giustizia. Già, i tribunali del Venezuela, il rapporto di Human Rights Watch li descrive come asserviti alla politica. Sarà per questo che non ho mai sentito Chavéz scagliarsi contro i giudici e le loro sentenze ?

Hugo Chavez, el comandante
Ero assetato di vendetta, decisi per la seconda opzione. Feci causa a quegli idioti infami dell'onorata associazione delinquenziale “A. Codazzi” di Caracas e, nel giro di un paio di anni ho avuto giustizia, quella stessa giustizia che, a detta degli eminenti funzionari della Farnesina, nota istituzione ex-prestigiosa del mio democratico paese, avrei dovuto attendere in un'altra vita...


Tornando alla causa civile contro quei venduti del Codazzi (degni figli di infami taglia-gole), mi ha sconvolto la brevità dei tempi: appena due anni. In Italia, nella progredita Italia, quei tempi ce li sogniamo. Ma anche questo non è casuale. La colpa di ciò è da ascriversi unicamente alla cattiva politica troppo spesso parente stretta dell'illegalità diffusa e del crimine organizzato.
La verità e che qui si predilige l'impunità a scapito della legalità.
Per tutti questi motivi quel rapporto HRW mi è parso particolarmente falso e pretestuoso: una vera merdata.
Qualcuno potrebbe obiettare che la mia è un'esperienza unica. Errato. 
Negli anni 2006-2007, quei gaglioffi dell'associazione senza scopo di lucro con conto cifrato su banca svizzera (Credìt Suisse – sede di Lugano), hanno collezionato ben 4 cause da parte di insegnanti italiani, tutte puntualmente perse dal Codazzi. 

  Cause che, con un po' di buona volontà avrebbero potuto essere molte di più...
Gianluca Salvati


Per chi voglia chiarirsi le idee sulle violazioni dei diritti umani in America latina e sulle effettive responsabilità, rimando alla raccolta di articoli di R. Kapuscinski, Cristo con il fucile in spalla (ed. Feltrinelli).

Enrico Cajati,  olio su tela

sabato 10 ottobre 2015

Storia di un quadro | Senza titolo, olio su tela

Disegno: procedimento compositivo che può rappre­sentare un'opera d'arte in sé o la fase preparatoria o iniziale di un'opera, sia pittorica, che scultorea che architettonica. In pittura, il D. è integrato al processo operativo sia nella sua forma di fase preliminare sia nel suo aspetto compiuto di contorno delle forme. I pittori del Trecento e del Quattrocento erano soliti tracciare sulla tavola le linee di contorno, all'interno delle quali stendevano successivamente il colore. Per gli affreschi, essi realizzavano le sinopie (le preparazioni con ocra rossa del D.), che costituivano allo stesso tempo il progetto e la fase iniziale dell'opera. In una figurazione dipinta, è estremamente difficile stabilire dove finisca il D. ed inizi la pittura, poiché anche lo spessore del tratto di contorno può rappresentare una macchia di colore e anche il colore può essere ridotto a linea ed ha, comun­que, un limite di contorno, un margine lineare. Ciò non ha impedito, nella storia della pittura, un dibattito stilistico tra i sostenitori della prevalenza del D., cioè della linea, sul colore e i sostenitori della prevalenza del colore sulla linea. Ne è un esempio la contrapposizione tra Ingres e Delacroix: il primo sostiene che il «D. è la probità dell'arte» e staglia le forme in contorni nitidi e chiari; il secondo sostiene che «il pregio del quadro sta nell'indefinibile» e che «la fredda esattezza non costitui­sce l'arte». 
Questa contrappo­sizione rappresenta anche la base della diversità dell'e­stetica neoclassicista rispetto a quella romantica: per la prima, la precisione della linea incarna il bisogno di rigore e di ordine; per la seconda, il colore costituisce il mezzo per esprimere la carica emozionale e sentimenta­le dell'artista. Ma non si deve pensare che l'identificazione della linea con il razionali­smo e del colore con il soggettivismo sia un elemento definitivo nella storia della pittura; essa rappresenta piuttosto una tendenza che può talora emergere, ma non un canone scontato. Esistono, ad esempio, pittori come Toulouse-Lautrec, Rousseau, Matisse e Dalì, che si servono di contorni esatti e nitidi per esprimere il proprio mondo interiore ed irrazionale.
 Scrittori e opere, Marchese Grillini


senza titolo, olio su tela 1996 - Gianluca Salvati

lunedì 5 ottobre 2015

Disegno, forma e colore: pittura e scienza

Tutte queste testimonianze sottolineano quell'aspetto dell'intelligenza spaziale che in precedenza ho chiamato sensibilità alla composizione. Forse, una volta che si sia concepito un interesse profondo per la pittura, acquistano in effetti importanza suprema i problemi di disegno, di colore e di forma, e il particolare soggetto diventa un semplice punto di partenza. A sostegno di questa speculazione, Picasso sottolinea l'elemento formale presente in ogni arte grafica e dichiara: "Il disegno, la composizione e il colore sono intesi e praticati dal cubismo nello spirito e nel modo in cui sono intesi e praticati in tutte le altre scuole". In ultima analisi, nella creazione artistica c'è una logica ben precisa, che la separa dall'imitazione della natura e la avvicina ad altre aree di investigazione rigorosa. Quasi due secoli fa, il pittore inglese John Constable dichiarò: "La pittura è una scienza, e dovrebbe essere perseguita nello stesso modo di una ricerca sulle leggi della natura. Perché, quindi, il paesaggio non potrebbe essere considerato una branca della filosofia naturale, di cui i quadri non sono altro che esperimenti?"
Howard Gardner, Formae mentis - Saggio sulla pluralità dell'intelligenza

Natura morta, Giorgio Morandi
 

domenica 2 agosto 2015

Zoran Music, le immagini e il vento

È strano come le Sue immagini mi ricordino il vento...

Il vento spazza via le cose, e l'uomo può soltanto esserne travolto.

 Avrei una bella pretesa se volessi sostituirmi al vento: ci riescono soltanto i grandissimi artisti, come Giorgione, Bellini, Picasso. Sono stati uragani che hanno cambiato il mondo della pittura, che lo hanno trasformato. Quanto a me, mi accontenterei di essere ricordato come una leggera brezza.

Zoran Music - Dialogo con l'autoritratto, Paolo Levi

 


Autoritratto, olio su tela Zoran Music

venerdì 13 marzo 2015

Un esposto al "porto delle nebbie" | Paolo Scartozzoni, pagliaccio di regime

Sono passati 10 anni dalla visita della commissione interministeriale (esteri ed istruzione) alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Non sono uno che dimentica facilmente, specie se i fatti hanno una loro gravità intrinseca che merita di essere divulgata.
Il seguente brano è estratto dall'esposto inviato nel luglio del 2009 al Tribunale di Roma, già "porto delle nebbie" da tempo immemore (ovvero da più di 50 anni: molto prima che nascessi...).

[...] Il tempo passava ma di contratto neanche a parlarne. Coi professori provenienti dall'Italia provammo a sollecitare una risposta con una lettera.
La Giunta Direttiva del Codazzi non si prese neanche la briga di rispondere con due parole alla richiesta scritta. Il motivo di questo comportamento anomalo rimaneva oscuro.
Nel mese di Marzo (2005) venne a Caracas una commissione ministeriale presieduta da Paolo Scartozzoni per confermare la paritarietà alla scuola. Dopo il discorso sulla presentazione dei futuri progetti della Cooperazione del Ministero degli Esteri, venne fuori che noi professori eravamo ancora sprovvisti di contratto.
La dott.ssa Scarpellini rispose che non spettava a lei redimere tali questioni. 
Mi alzai per chiederle se il "diritto" non facesse parte della "cultura" (vai a sapere, magari rientrava fra gli obiettivi del loro prestigioso ministero).
La dott.ssa Scarpellini mi rispose candidamente: "No, il diritto non è cultura".
Dopo un po' contestai Paolo Scartozzoni perché cominciò a dire cose che, a mio avviso, non stavano né in cielo, né in terra. A quel punto il console si sentì in dovere di prendere le parti dei suoi ospiti e di mettermi a posto, dicendo che mi avevano risposto due persone importanti e che lui era la terza: avrei dovuto essere soddisfatto.
Gli risposi chiedendogli se chi mi aveva chiamato a quelle condizioni non meritasse una denuncia penale (mi riferivo proprio ad Anna Grazia Greco, una fuorilegge per disperazione, che era lì presente ed in quel momento reagì come chi riceve una batosta...  evento colto da diversi presenti). 

Come avevo intuito, ed ho in seguito capito, l'obiettivo di quella gentaglia, Anna Grazia Greco, Paolo Scartozzoni ed affiliati, era proprio quello di farmi litigare col console, che era all'oscuro della situazione ed era tra le persone decenti che ho trovato a Caracas.



domenica 8 marzo 2015

Lucia Veronesi, una leonessa a Caracas

La preside della scuola Agustin Codazzi di Caracas, Lucia Veronesi, è stata una delle persone più coraggiose che abbia mai conosciuto.
Ancora oggi non mi capacito delle sue doti di combattente e di quanto fosse indomito il suo animo.
Come tutte le persone di carattere non aveva bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare ed i suoi modi erano sempre improntati a franchezza e cordialità.
Nei giorni in cui l'ho conosciuta, a fine settembre 2004, era già malata e sotto cura chemioterapica, ciononostante ha saputo tenere testa al periodo di mala gestione di Anna Grazia Greco, una fuorilegge patentata, e ai tanti danni che avrebbe potuto fare.
Ricordo il primo scambio di opinioni che ebbi con Lucia Veronesi, in merito ad un bambino un po' discolo. Lei mi disse che dovevo essere come una mamma... Le risposi che, casomai, potevo essere come un papà, aggiungendo che i ruoli non erano poi così uguali...
La preside dribblò la mia affermazione e prese a parlare di quando insegnava lei.

Ogni volta che penso a quello scambio, mi convinco che Lucia Veronesi stava prendendo informazioni, nel senso che non aveva proprio idea di chi si trovasse di fronte. Non che fosse prevenuta, ma era poco o niente informata (le truffe funzionano meglio quando le persone vengono tenute all'oscuro). Il mio arrivo alla scuola di Caracas, infatti, fu deciso dalla Greco, che mi chiamò dall'Italia con un cellulare italiano (provvisto di scheda Tim).
Ad un certo punto ero venuto a sapere che il mio curriculum vitae, stranamente, non era giunto a chi di dovere, ovvero alla preside e alla coordinatrice. 

(Eppure allegavo sempre il curriculum alle domande che presentavo, anzi, non era neanche un file allegato, bensì presente nella stessa pagina della messa a disposizione. In tal modo, cambiando l'indirizzo email e il nominativo dell'istituzione scolastica, potevo inviare la stessa domanda a tutte le scuole, risparmiando molto tempo...)
 Cosicché dopo circa un mese dal mio arrivo a Caracas, stampai il mio curriculum vitae e lo consegnai personalmente alle interessate.

Lucia Veronesi non era informata sui giochetti della Greco, ma aveva gli strumenti per valutare situazioni e persone. Per questo è riuscita a spiazzarmi non una, ma diverse volte...
Quando immagino all'attività di intelligence, non penso agli squallidi spioni della Greco, ma ricordo la lucida intelligenza della preside Lucia Veronesi. Intelligenza col sorriso. 
Al contrario, quella col marchio Anna Grazia Greco e consociati (ovvero cricca Codazzi e corte de' miracoli) tutto poteva essere fuorché intelligence: il suo nome è infamità, l'arma dei vigliacchi... 
Fossi stato meno ingenuo, gli avrei insegnato a campare a quella gente. 
In seguito ho appreso che la difficoltà principale nel capire certi giochi sporchi consiste semplicemente nel fatto che ci si rifiuta di riconoscere ciò che non si farebbe al proprio prossimo, ovvero, per dirla con Kant, per chi tratta i propri simili (e non solo) come fine e non come mezzo.

Lucia Veronesi, una leonessa a Caracas

gianluca salvati

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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