Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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mercoledì 29 giugno 2016

Figurazione e astrazione: lo stato dell'arte

Non ero d'accordo con Paolo Mamone Capria sul piano strettamente operativo: la pittura può essere benissimo astratta e di ottima qualità, mentre non tutto ciò che è figurativo è automaticamente artistico. Anzi una delle ultime paraculate in fatto di pittura figurativa commerciale è fare largo uso di proiettori. Per avere, come prodotto finale, delle brutte foto dipinte... E per un fruitore che non capisce niente, un simile lavoro rappresenta in non plus ultra in fatto d'arte: lo riempie di meraviglia; invece, a chi capisce qualcosa, gli dà il voltastomaco... 
Il mio parere non era necessariamente in contraddizione con i miei illustri colleghi accademici, anche se a volte mi pareva metterli in crisi.  Così, con il dovuto rispetto per le convinzione altrui, seguivo la mia strada.


Collettiva ottobre 1999 - il pieghevole

sabato 20 settembre 2014

Enrico Cajati alla collettiva di Spazio Arte | Arte e metodo

All'inaugurazione della mostra collettiva nell'ottobre del '99 era presente Enrico Cajati, un pittore assai interessante. Enrico Cajati era stato insegnante di Alessandro Papari e di Francesco Verio all'istituto d'arte. Paolo Mamone Capria e il La Motta già lo conoscevano. 
Ero l'unico che non aveva ancora l'onore di conoscerlo. Ma di Enrico Cajati avevo sentito parlare anni addietro da un architetto e mi ero entusiasmato per il suo "metodo". Lo spiega in questo scritto Salvatore Vitagliano, che lo conosceva bene.  

[...] Nel ’67 la grande svolta. Enrico Cajati giunse alla determinazione di “mettere tutto sullo stesso piano”; appiattendo quindi quella superficie materica che aveva elaborato con tanti anni di sperimentazione e che lo aveva portato alla Biennale di Venezia (a 28 anni) e tornò a quella fonte originaria dove non più il caso ma la costruzione, la costanza, la tecnica, l’osservanza delle regole saranno principi  a cui cercherà di obbedire per tutto il resto della propria vita.
Ho detto “cercherà” perché un uomo del suo istinto e della sua immediatezza gestuale, musicale, dovette castigarsi notevolmente per raggiungere degli apprezzabili risultati, ma in questo castigo di uomo proiettato nel futuro che voleva raggiungere il passato, sta forse la chiave di tutta la sua grandezza. I suoi piccoli quadri informali divennero bozzetti di un lavoro futuro che ha del pazzesco; egli li cominciò a disegnare su fogli lucidi, poi procedeva allo spolvero e una volta riportato il disegno su tela, iniziava il lavoro di campitura, di chiaroscuro, di velature, e quando il risultato finale non lo soddisfaceva, ecco una tinta nuova ricoprire tutto e di nuovo un nuovo inizio e alla fine un nuovo daccapo, e ancora a ricominciare: un buon dipinto va fatto e rifatto sei volte, diceva, e come il Dio creatore egli lavorava sei volte e non meno di sei giorni all’Opera che era tutto il suo mondo. Ma il suo non era un cancellare, bensì un ricoprir di veli, e solo occhi attenti alla pur minima vibrazione di colore potevano catturarne le infinite sequenze di quelle luci nelle tenebre. 

Salvatore Vitagliano - 2002 

Enrico Cajati era una macchietta, spiazzava di continuo gli interlocutori passando, apparentemente, di palo in frasca, sembrava un folletto... in realtà seguiva dei percorsi molto pertinenti riuscendo ad essere istruttivo e divertente allo stesso tempo. 
Aveva il dono della semplicità.


Il pieghevole della mostra con Paolo La Motta e Alessandro Papari


domenica 6 luglio 2014

Gianluca Salvati: mostra personale - Spazio Arte

Gianluca Salvati, mostra personale 1999

È ammirevole, in Gianluca Salvati, la lunga e tenace preparazione con cui egli è giunto a questa sua prima mostra personale. Un percorso di affinamento non strettamente codificato (benché abbia frequentato per qualche anno la Scuola Libera del Nudo all'Accademia di Belle Arti di Napoli), ma sempre teso al miglioramento espressivo, con un peculiare interesse di ricerca per il colore. 

 Dal punto di vista stilistico Salvati ha trovato certamente dei legami con una linea figurativa che ha manifestato il suo rigoglio in Germania specialmente negli anni ottanta, pur connotandosi come fenomeno internazionale, e di cui nel corso di quest'ultimo decennio si sono avute riprese e sviluppi, anche in Italia. 

Tuttavia la velocità deformante del racconto - che è propria di questo filone - non preclude nel nostro giovane pittore, come dicevamo, un'attenzione meditata al colore, qui indagato nelle potenzialità espressive di una gamma ridotta, e l'interesse - non scevro riteniamo, delle suggestioni inglesi di un Peter Howson - a chiudere in maniera plastica e monumentale la figura, sovente presentata in attitudini atletiche, quasi titaneggianti. 

 Un risultato compiuto (ma, naturalmente non conclusivo) si ha dunque in queste opere esposte, in cui l'artista si rivela come temperamento espressionista vigoroso.

Paolo Mamone Capria

giovedì 3 luglio 2014

Sei artisti napoletani | Spazio Arte, collettiva ottobre 1999




Spazio Arte: Sei artisti napoletani, ott. 99
   
   Questa mostra raggruppa sei giovani artisti napoletani uniti più che da programmi comuni di lavoro (quantunque per alcuni di essi la vicinanza e il confronto sia un dato di fatto) da un comune amore per il loro mestiere, e dal convincimento, molto generale ma non meno caratterizzante, di questi tempi, che l’arte vera e propria consisterà sempre più nella pittura e nella scultura, ed eminentemente nella Figurazione.
    Con questo essi sanno di essere automaticamente in conflitto con l’élite che ancora controlla per larga parte le mostre e il collezionismo, e dà accesso alle celle frigorifere dei “musei contemporanei”; e inoltre essi sono ben consapevoli di lavorare in una città che con un eufemismo si può definire sorda.
    Ciononostante, questi sei giovani artisti vanno per la loro strada, sorretti dalla loro passione, ma anche dalla percezione di qualcosa nell’aria che sta cambiando...
P. La Motta   
P. Mamone Capria
F. Minieri   
A. Papari   
G. Salvati   
F. Verio   

gianluca salvati

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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