Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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lunedì 31 ottobre 2016

Sanitas Venezuela: l'avvelenamento

Il 27 settembre 2004 presi ad insegnare alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Il mese seguente percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la. dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da  laggiù...

Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.
Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrisse diversi medicinali e una serie di analisi.

Prescrizione Sanitas - 4 gennaio 2005


Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.


Prescrizione Sanitas, retro - 4 gennaio 2005


Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...


mercoledì 12 ottobre 2016

Luciano Chirico e lo studio di registrazione

Nell’anno di grazia 2002, ho avuto la fortuna di realizzare un antico sogno. Sogno che risaliva al millennio precedente, quando fanciullo mi dilettavo a mescolare colori a tempera, o un po’ più grande, disegnavo scritte e loghi.
Il sogno in questione riguardava il lavoro, che mai e poi mai avrei immaginato potessi raggiungere in una città come Napoli. Il lavoro in questione è quello di grafico.
Due sogni, dunque, realizzati in un sol colpo. Se questa non è fortuna...
Non avevo tutte le conoscenze necessarie ad un grafico: avevo avuto il mio primo computer  appena 2 anni prima nel 2000. Conoscevo Photoshop, ma lo utilizzavo al minimo.
Per quanto riguardava colore e composizione, però, avevo già una discreta esperienza, benché acquisita da autodidatta. Ero un vero self made man. Uno che si è fatto da solo.
La mia fortuna non terminava qui, perché nella stessa azienda presso cui lavoravo ho avuto modo di apprendere alcuni linguaggi che a quel tempo mi sembravano idiomi alieni, quali l’Html. Inoltre, tutto ciò che riguardava l’aspetto tecnico della grafica, dalla progettazione alla stampa, lo potevo delegare ai tecnici di una tipografia a mia scelta...
Potendo scegliere la tipografia, optai per una vicino casa, così potevo seguire i lavori in maniera più agevole.
Dopo un certo periodo, nei pressi della tipografia incontrai il figlio di Franco Chirico, Luciano. Un suo amico, tale Carletto, aveva preso in affitto uno spazio all’ingresso del parco dove si trovava la  tipografia. Per questo in seguito li ho incontrati spesso.
Il tipo, Carletto, si interessava di musica, piuttosto a tempo perso, e quello spazio era il suo studio di registrazione. Bella coincidenza, vero?
Questa è solo una delle infinite coincidenze che sono capitate, non solo a me ma anche alla mia famiglia, con quei soggetti di provenienza fascio-massonica della famiglia di Franco Chirico.


Primary colours, 1996

sabato 24 settembre 2016

Franco Chirico, una dedica del "sant'uomo"...

Su un libro firmato da papa Giovanni Paolo II, "Famiglia diventa ciò che sei!", edito da Franco Chirico ho trovato questa interessantissima dedica tracciata dal "sant'uomo" di suo proprio pugno (o da quello della sua spettabile consorte...).

Con l'augurio 
che la famiglia Salvati
diventi una santa famiglia.

            Franco e Maria

Tanto per restare aggiornati sul personaggio in questione, va detto che, oltre a continuare il suo "apostolato neocatecumenale", il Chirico ha cominciato da qualche tempo a stampare direttamente per il Vaticano... è risaputo; da quelle parti hanno una particolare predilezione per i personaggi torbidi come lui.

La dedica, Franco Chirico e Maria


domenica 18 settembre 2016

Religione e religiosità, di Albert Einstein | Franco Chirico massone del Cammino Neocatecumenale

Sui miei blog parlo spesso del "sant'uomo" Franco Chirico, che in realtà rappresenta l'esatto opposto del significato di santità. Il Cammino Neocatecumenale, a cui il "sant'uomo" è strettamente vincolato, è una setta di tipo fascio-massonico, interessata come tale a forme di controllo e manipolazione degli individui.
Dunque, per poter chiamare le cose e i fatti con il loro nome, bisogna innanzitutto comprendere cos'è la religione ed in che modo si configura.

Religiosità: modo personale, soggettivo di vivere il rapporto con Dio, con il sacro o semplicemente con l'universo. Un esempio efficace si può trovare nelle seguenti parole di Einstein: "Voi troverete difficilmente uno spirito profondamente devoto alla scienza che non abbia un suo prorio sentimento religioso. Si tratta però di una religiosità diversa da quella dell'uomo semplice. Per quest'ultimo Dio è un essere di cui si cerca la bontà e si teme il castigo; la sublimazione di un sentimento simile a quello che nutre il bambino verso il padre; un essere col quale si stabilisce, per così dire, un rapporto personale, per quanto rispettoso esso sia. Al contrario, lo scienziato è penetrato dal senso della causalità universale. Il futuro per lui è altrettanto necessario e determinato del passato, e la morale non ha nulla di divino, ma è un fatto puramente umano. Il suo sentimento religioso assume la forma dello stupore estatico di fronte all'armonia delle leggi della natura, rivelandogli una intelligenza talmente superiore che, confrontata ad essa, tutto il pensiero e l'agire degli uomini appare come un riflesso del tutto insignificante. Questo sentimento è il principio che lo guida nella sua vita e nel suo lavoro nella misura in cui egli può elevarsi al di sopra della schiavitù dei suoi egoistici desideri. Un tale sentimento è certamente assai vicino a quello che hanno provato gli spiriti religiosi di tutti i tempi". (Albert Einstein - 1957)
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Pietro e Paolo

sabato 8 giugno 2013

La galleria Dina Carola e Arcangelo Izzo, critico d'arte | Piero Golia c'era

Nella primavera del 1996, il prof del corso di disegno, mi propose di fare una mostra personale. Qualche tempo dopo, un caro amico mi disse che una galleria di via Orazio, Dina Carola, era in cerca di nuovi artisti. I giorni seguenti andai a fare una visita a quella galleria con un blocchetto di foto dei miei quadri. 
Quando arrivai la gallerista non c'era, aveva avuto un impegno. La sostituiva una signora grassoccia e bionda di mezza età. Ampi quadri slavati alle pareti dovevano interpretare dei nudi di donna, bianco su bianco, nel 1996. La sostituta guardò distrattamente le foto dei miei lavori. Mi chiese se c'erano critici che seguivano il mio lavoro. Alla mia risposta negativa, mi indirizzò ad un critico che abitava a Barra, Arcangelo Izzo. 
Nell'arco di dieci giorni andai a fare visita a quel critico, col solito blocchetto di foto.
Non ho parole per commentare quell'incontro e la valutazione che quell'eminente capoccione fece dei miei lavori. Sembrava che dovessi chiedergli il permesso di esistere, ciononostante ero ancora troppo ben educato per mandarlo a cagare. Così, quel fottuto nano gridò per tutto il tempo e mi rovesciò addosso una valanga di critiche, di cui l'89 per cento, a voler essere ottimisti, erano gratuite e pretestuose.
Prima di andare via, mi ero soffermato su un paesaggio simil-astratto che Arcangelo Izzo aveva nel salotto. Ero piuttosto provato, ma solo perché non capivo. Beninteso: ce ne vuole per abbattermi.

Poche settimane dopo tenni la mia prima personale, il cui bilancio fu assolutamente positivo, sia in termini di vendita che di riscontro critico. Avevo venduto più della metà dei pezzi esposti, in un periodo in cui vendere un solo quadro era considerata una fortuna. I visitatori erano stati dei più vari ed eterogenei, dai prof dell'accademia di belle arti, che per la maggior parte non mi conoscevano, agli studenti. Inutile dire che Piero Golia c'era, aveva visto la mostra assieme ai colleghi del Corso di Nudo.
Quando mi vide Franco Chirico, con quella voce monocorde che sembra provenire direttamente dall'oltretomba, mi disse: "Adesso non ti insuperbire..."
Lo devo ammettere: ero decisamente troppo educato a quei tempi...
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile della comunità dei neocatecumeni di S. Antonio alla Pineta è anche il principale editore di quella setta cattolica dei capitanata da Kiko Arguello, che Franco Chirico conosce personalmente.


La gioia 2, olio su tela 

Ripensando al critico, mi veniva da dire che costui aveva aperto bocca e gli aveva dato fiato... Questa la sintesi dell'incontro con Arcangelo Izzo.

Lo sfondo di Uomo che saluta è ripreso da quel paesaggio semi astratto che vidi nello studio di Arcangelo Izzo. 

mercoledì 5 giugno 2013

Storia di un quadro: "Faces" | Ancona: Cammino neocatecumenale | Franco Chirico, editore, amico di Kiko Arguello

ancona ‹an·có·na› s.f.
~ Tavola dipinta da altare, con inquadratura architettonica terminata in alto a centina o ad angolo acuto, anche a vari scomparti. DIM. anconétta.
ETIMO Dal gr. biz. eikónaimmagine
DATA prima metà sec. XIV.
il Devoto-Oli 2009


Faces, olio su cartone 1997 - Gianluca Salvati


Porto San Giorgio, nei pressi di Ancona, ridente cittadina delle Marche, secondo porto dell'adriatico per importanza, è sede del centro del movimento neocatecumenale (non si finisce mai di imparare)
Il quadro di questo post è stata eposto alla collettiva tenutasi nei locali dell'accademia di belle arti di Napoli. Franco Chirico, capozona della comunità neocatecumenale che frequentano (da circa 20 anni) i miei genitori, nonché principale editore di quella setta catto-talebana e amico personale di Kiko Arguello, Franco Chirico ha visitato quella mostra, acquistandone due quadri. 
Piero Golia, ovviamente, c'era, come si può ben vedere nel post successivo Piero Golia interpreta Gianluca Salvati.  
Piero Golia c'era ed esponeva: il capolavoro in questione era frutto della sua riflessione di artista concettuale di primo pelo. Infatti a quell'epoca, Piero Golia aveva oramai capito che era tempo di accantonare matite e pennelli... 

martedì 28 maggio 2013

Quel coniglio bianco di Piero Golia | Franco Chirico & Kiko Arguello

Piero Golia era intenzionato a diventare artista. Nel 1995, Piero Golia si iscrisse al corso di nudo dell'accademia di Belle Arti di Napoli. Dopo aver provato, senza impegno e quindi senza risultati, a disegnare e a dipingere, Piero Golia si convertì in artista concettuale.


concettuale ‹con·cet·tu·à·le› agg. ~ Essenziale, sostanziale, dal punto di vista della compiutezza di idee sul piano logico e pratico: c’è fra le due tesi un’inconciliabilità c. ♦ Diretto alla formulazione di concetti, che si esprime mediante concetti: attività c., conoscenza c.Arte c. (ingl. conceptual art), corrente artistica contemporanea sorta intorno al 1960 che, partendo dal rifiuto della mercificazione dell’oggetto d’arte, pone l’accento sul momento dell’ideazione e progettazione dell’opera e si concentra part. sull’analisi e la sperimentazione dei vari mezzi di comunicazione e di linguaggi diversi, nel tentativo di liberarsi dalla sottomissione ai materiali.
ETIMO Dal lat. mediev. conceptualis, der. di conceptus -us ‘concetto’
DATA prima metà sec. XIX.
 il Devoto-Oli 2009

Il 9 giugno del 1997, Piero Golia, novello artista concettuale, espose un coniglio alla mostra collettiva di fine corso. Ovviamente, essendo frutto di un processo di lunga elaborazione, la sua opera prima non consisteva in un semplice coniglio, bensì in un coniglio bianco sistemato all'interno di una gabbietta.

coniglio ‹co·nì·glio› s.m. (f. -a; pl.m. -gli)  1. Mammifero Lagomorfo dei Leporidi intensamente allevato a scopo alimentare e per l’utilizzazione del pelo e della pelliccia; deriva dal coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), a differenza del quale ha orecchie e arti più corti, mole più grossa, pelame più morbido e fitto, variamente colorato, carne più dolce e delicata ♦ La carne dell’animale macellato: c. alla cacciatora.
2. fig. Simbolo di timidezza e timore, di pavidità e viltà: ha un cuore di c. • DIM. conigliétto (v.), poco com. coniglìno, tosc. conìgliolo, poco com. conigliòtto. ACCR. coniglióne. PEGG. conigliàccio nel sign. 2.
ETIMO Lat. cunicŭlum
DATA sec. XII.
 il Devoto-Oli 2009

Il colpo di genio di Piero Golia si manifestò nell'applicazione di due altoparlanti vicino alla gabbietta del coniglio.

altoparlante ‹al·to·par·làn·te› s.m. ~ Apparecchio che amplifica i suoni trasformando l’energia di correnti elettriche modulate a frequenza acustica in energia meccanica di vibrazione. • DIM. altoparlantìno.
ETIMO Comp. di alto e parlante
DATA 1927.
 il Devoto-Oli 2009

Dagli altoparlanti scaturiva la voce registrata di Piero Golia, il quale, parlando al posto del coniglio bianco, chiedeva in tono concitato di farlo uscire da lì. Il coniglio, in compenso, non faceva una grinza e se ne stava lì dentro tranquillo nonostante il viavai di gente e il gracchiare degli amplificatori. La spiegazione colta di questo eccellente lavoro di Piero Golia era che il neo-artista concettuale viveva una condizione esistenziale simile a quella della sua creazione. Piero Golia si identificava totalmente in quel coniglio (e in tutto il resto), dimostrando con la sua opera prima una compiuta visione wagneriana. L'opera d'arte totale.

Franco Chirico, altro eminente personaggio, già editore della setta catto-talebana dei catecumeni e amico personale di Kiko Arguello (leader e santino ante litteram della suddetta setta), Franco Chirico ha visitato quella collettiva ed ha, verosimilmente rimirato le pirotecniche invenzioni di Piero Golia. Un uomo, un artista concettuale. 

lunedì 11 febbraio 2013

"La caduta", olio su tela di Gianluca Salvati | Franco Chirico & Kiko Arguello - Piero Golia

Nel dicembre del 1995 ero convalescente da un intervento chirurgico dovuto a peritonite e avevo ricominciato a dipingere. Il primo quadro cui misi mano fu un lavoro nuovo, la cui novità consisteva nell'utilizzare tre tele di diverso formato dislocate a distanze tali da comprendere l'immagine dinamica a cui facevo riferimento. L'immagine era la solita foto di calciatori presa dal giornale del lunedì, ma quella foto aveva un suo epos... 
Il quadro iniziato in quel dicembre del 1995, dopo l'intervento di peritonite, era La caduta.
Dopo un paio di mesi il quadro era bell'e terminato. Lo portai giù e lo attaccai alla parete dell'ingresso. Mi pareva che funzionasse, aveva un nonsoché...


In quel periodo, i miei genitori tennero un incontro con alcuni fratelli della comunità di neocatecumeni. Franco Chirico era il responsabile di quella comunità di cammino neocatecumenale, ma lì, quella sera, non c'era. In tutto c'erano sei o sette persone, compresi i miei genitori. Quando tornai da fuori incassai i complimenti entusiasti di un loro fratello di comunità. Quel signore si era talmente incantato davanti al quadro La caduta che, stando al racconto dei miei genitori, aveva seguito le letture distrattamente. Dissi a quel signore che, qualora avessi partecipato ad una mostra, gli avrei fatto pervenire l'invito.
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile di quella comunità neocatecumentale è anche il principale editore di quel movimento fondato da Kiko Arguello. Per intenderci, Franco Chirico conosce Kiko Arguello personalmente.

Quando ebbi pronti un po' di lavori, nella primavera del 1996, li fotografai e li portai a vedere in accademia. Era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso del Libero Nudo, dunque il lavoro lo mostrai anche a lui e non solo ai colleghi "storici" dell'accedemia. Nel complesso quel quadro La caduta riscontrava un certo favore, in particolare tra le persone del cui giudizio mi fidavo. Eppure, quando si trattò di propormi per una personale, nel giugno 1996, il prof dell'accademia scartò a priori quel quadro dall'esposizione. Senza dare spiegazioni, cosicché non mi capacitai del perché di quella scelta.
Il critico Arcangelo Izzo, quel gran testone, aveva addirittura messo in dubbio l'artisticità di quel mio lavoro: “Che significa?”, mi aveva chiesto. Ma era altrettanto vero che tutte le previsioni del suddetto capoccione si erano dimostrate meno consistenti di una bolla di sapone in una assolata giornata estiva: il riscontro della mia personale del 1996 non lasciava dubbi. Ciononostante il quadro La caduta è l'opera che non ho mai esposto.



martedì 22 gennaio 2013

"Franco Chirico, ritratto a la Jacques Chirac"

Alla mia personale del 1999 portai un quadro su Jacques Chirac. Il lavoro era tratto da una foto del presidente francese presa per strada. Lo scatto era piuttosto insolito, il soggetto era in cammino e procedeva trascinando un braccio, quello sinistro, come per inerzia, mentre il torso era proiettato in avanti. La posa suggeriva che il presidente andava di fretta ma non voleva scontentare il fotografo, o piuttosto, non voleva perdere l'occasione di dispensare una buona immagine di sé. Il gesto del braccio trascinato, a mezz'aria, lo riprendevo in un altro quadro della stessa esposizione, il discobolo. Ma, a parte questo particolare, i due soggetti erano costruiti in maniera completamente diversa. Per il Franco Chirico a la Jacques Chirac, mi ero attenuto alle indicazioni della foto senza troppe novità, con qualche libertà nel trattare la testa. Il discobolo, invece, era inventato fin dal disegno. 



Franco Chirico, ritratto a la Jacques Chirac - 1999


Alla mostra personale avevo invitato l'editore Franco Chirico, responsabile della comunità neocatecumenale presso la parrocchia del quartiere, ma Franco Chirico all'inaugurazione non si era visto. Quando mia madre gli aveva commentato l'esposizione, aveva aggiunto che "c'era anche il suo ritratto...", riferendosi al quadro Franco Chirico ritratto a la Jacques Chirac. L'affermazione non era esatta, ma dovetti ammettere che c'era un fondo di verità: volto e capelli arruffati erano più del Chirico che dello Chirac... Dopo essermi attenuto fedelmente alle informazioni della foto, infatti, avevo perso la pazienza e mi ero dato alla libera interpretazione del volto. A quadro terminato ne risultava il Chirico sul fisico dinoccolato dello Chirac.
Che connessioni c'erano tra il presidente francese (di destra) e il responsabile della comunità dei neo-catecumeni dei miei genitori, Franco Chirico? 
Boh? La questione non mi riguardava più di tanto... A quei tempi non mi ponevo troppe domande, limitandomi a scandagliare gli imperscrutabili disegni della realtà con gli affilati strumenti dell'arte. 
Franco Chirico è anche il principale editore del movimento neocatecumenale. Franco Chirico conosce personalmente Kiko Arguello, leader e santino ante litteram di quella setta cattolica.
Comunque, nonostante il quasi-ritratto a la Chirac, Franco Chirico non si fece vivo, in compenso, vennero a vedere l'esposizione alcuni amici di suo figlio, Fernando Maria Chirico.


"La pittura è soltanto un mezzo che mi permette di portare alla luce un pensiero grazie all'utilizzo di elementi presi al mondo visibile"
René Magritte

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

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