Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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domenica 25 gennaio 2015

Armando De Stefano a Spazio Arte

Nella seconda metà di aprile del 1999, Paolo Mamone Capria stava curando il catalogo dell'opera di Armando De Stefano. In quel periodo esponevo la mia "prima personale" da Spazio Arte (la "primissima" personale l'avevo tenuta 3 anni addietro in un bar poco distante). Così, una sera Paolo si presentò col mitico pittore napoletano: quello che con la pittura si era arricchito (a Napoli, per giunta).
C'è da dire che il talento di Armando De Stefano è innegabile già dalla sua prima produzione, dunque il merito al successo è ampiamente riconosciuto. Che poi l'artista ad un certo punto della sua carriera abbia preso a ripetersi, come piace al mercato, resta un dettaglio.
Diverso è il caso di quelli, che in assenza di talento o grazie a non meglio precisati talenti, vanno avanti, per così dire, baciati dal regime...
Il mondo è pieno di gente così. Io stesso ne ho conosciuti.
Tornando ad Armando De Stefano, fu un vero onore annoverarlo tra i notabili della scena artistica napoletana che si erano affacciati alla mia personale. Dal prof dell'accademia Massimo Bignardi, tanto per citarne qualcuno, all'editore Tullio Pironti, che si presentò una mattina parlando con un accompagnatore. Fece un giro nell'ampia sala guardando i quadri uno ad uno, sempre interloquendo col suo conoscente che lo seguiva al fianco. E sempre dialogando se ne uscirono, così com'erano entrati.
Mi pareva la versione riveduta e corretta della scuola peripatetica
E, ancora meglio, mi ricorda un'intervista a Massimo Troisi, dove il comico partenopeo parlava della funzione dell'arte e più in particolare del ruolo dell'attore.
Ebbene: secondo Massimo Troisi, l'attore ideale era americano (statunitense ndr.), perché, qualunque cosa facciano, parlano e parlano.
Portava l'esempio dello statunitense medio che rincasa. Saluta la moglie e comincia a parlare. Si dirige in cucina dialogando: domanda, risponde, racconta. Apre il frigo, cerca qualcosa da bere e continua ad articolare parole e frasi con la consorte che si trova nell'altra stanza.
Questa era, per massimo Troisi, la quintessenza di un attore: un tipo loquace, a prescidere da ciò che fa.

Paolo Mamone Capria è un signore nato. Sapevo che stava curando il catalogo per Armando De Stefano, dato che lui non ha mai fatto mistero delle sue attività. Ma non credevo che portasse l'artista alla mia personale.
Fu una vera sorpresa. 

Era grazie a Paolo se e il gruppo dei "Fab Four", come lo chiamavo scherzosamente io, stava in piedi.
Ma la parte più bella di questa storia è che il maestro Armando De Stefano ritornò alla mia mostra, sempre con Paolo Mamone. Quando mi salutò, disse che lo invitavano spesso vernissage e inaugurazioni di mostre... ma c'era un solo motivo che lo spingeva a ritornare ad un'esposizione: perché i quadri gli erano piaciuti.


Discobolo, olio su tela - Gianluca Salvati 1999


gianluca salvati

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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