Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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martedì 11 ottobre 2016

La moschea Hassan II a Casablanca

Nel settembre del 2003, ero in Marocco, andammo in visita alla moschea Hassan II: un’enorme costruzione che si affaccia sul blu dell’Atlantico. Ero fuori di me per l’emozione, non mi sembrava vero. Alcuni Paesi hanno una storia e una cultura che emana dal singolo, semplice manufatto alla grande opera pubblica. I colori che ho trovato in Marocco o in Messico, non sono riuscito a ritrovarli altrove. Da quelle parti c’è un gusto unico, un perfetto mix di osservazione della natura ed elaborazione culturale.
Ho la sensazione che altrove, per esempio in Italia, queste capacità si siano perdute, basti pensare a tante antiche forme di artigianato soppiantate da oggettistica prestampata ed omologante.
Inoltre c’è l’aspetto della diversità culturale, che non è secondario, e stuzzicava la curiosità degli artisti già nell’ottocento, basti pensare a un Delacroix.
Insomma ero lì in Marocco, visitavo un edificio sacro con alcune colleghe, ed ero decisamente felice. Mentre ammiravo gli abbinamenti cromatici di una decorazione marmorea, mi sembrava di aver trovato la quadratura del cerchio. Ovvero, lavorare e scoprire: forse avrei ripreso a dipingere...
Detto ciò non è che mi siano sfuggite le critiche ad un edificio così imponente, in un periodo tutto sommato di magra, cosicché per realizzarlo è stato necessario spremere a dovere la popolazione con nuove, esose tasse.
Ricordo un gruppo di veneti, per la verità un po’ in avanti con gli anni, che in quella moschea pretendeva di sollevare questa problematica. Dimostrando, in tal modo, tutta la loro grettezza.
É come se i turisti presenti nella basilica di San Pietro rinfacciassero alle guide il sistema adottato per costruire un tale, faraonico tempio della cristianità. 
Ovvero attraverso la vendita delle indulgenze...
A volte basta un po’ di tatto unito a buon senso.

Dopo la visita, ci recammo in una sorta di Mc Donald locale, ma con prodotti locali di qualità decisamente migliori del succitato self-service globale.
Ricordo un pane, tipo sfilatino, con la crosta brunita dai semi di papavero. Dal gusto unico, non c’era proprio partita col noto venditore di hamburger dopati...
Nelle sale, decorate da palloncini come per una festa, c’era un altro gruppo che avrei detto decisamente ortodosso, quanto meno nell'abbigliamento. Mi pare fossero per lo più donne con bambini, forse una decina di persone, forse meno. Le donne erano tutte rigorosamente vestite di abiti tradizionali neri.
Per quanto fosse evidente che quelle persone erano benestanti, tra i due gruppi, diciamo l’occidentale e l’arabo, si creò una certa distanza, per non dire una strana tensione.
Innanzitutto non ci si guardava, se non di sottecchi. Io vedevo delle ombre nere, più o meno immobili. E di là immagino vedessero delle ombre colorate, altrettanto immobili.
Cosa ancora più evidente, anche i bambini che giocavano restavano sulle loro: nel nostro gruppo ce n’erano un paio. La premessa, comprensibile, di questo comportamento, oltre al quotidiano, e spesso insulso, bombardamento dei mass media, è che gli attentati di Casablanca del 16 maggio erano ancora troppo vicini.

A un certo punto uno scoppio ci fece sobbalzare tutti. Era scoppiato un palloncino. Non so neanche da dove provenisse quel rumore improvviso, ma so che ci fece saltare senza esclusione di sorta. In quel momento incrociai lo sguardo di una giovane donna dell'altro gruppo. E vi lessi la mia stessa paura. Allora cominciai a capire...
Dopo quest’episodio, i due gruppi non dico che socializzarono, ma la permanenza nel locale  proseguì con un andamento decisamente più rilassato...


Casablanca, la moschea Hassan II

giovedì 29 ottobre 2015

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli | Le istituzioni umanistico-rinascimentali e la cultura italiana

Accademia: istituzione umanistico-rinascimentale italiana, poi diffusasi in tutta Europa e giunta fino a noi: le accademie furono libere associazioni di dotti (scienziati, artisti, letterati) nate con l'intento di promuovere la cultura e di garantire la comunicazione fra intellettuali. Spesso protette da regnanti e mecenati, esse si dotarono nel corso del Cinquecento, di precisi statuti e di finalità specifiche (teatrali, editoriali, filosofiche, scientifiche, ecc.). Fra le più famose ricordiamo l'Accademia platonica di Firenze, riunita attorno alla personalità di Marsilio Ficino, l'Accademia della Crusca (fondata nel 1583), che a partire dalla fine del Cinquecento esercitò una funzione puristica in ambito linguistico; l'Accademia dei Lincei (1603) e l'Accademia del Cimento (1657-67), nate con finalità scientifiche; l'Accademia d'Arcadia, che dominò il gusto letterario del primo Settecento. Il modello italiano ispirò in Europa altre grandi istituzioni nazionali come l'Académie Francaise, la Royal Society, l'Accademia prussiana delle scienze.
In campo artistico, la prima accademia venne creata nel 1562 a Firenze. Ne fu promotore Giorgio Vasari, che ottenne dal duca Cosimo I il permesso di destinare un luogo al dibattito teorico e all'apprendimento artistico, cui venne dato il nome di Accademia del Disegno.
Nell'intento di Vasari l'Accademia aveva lo scopo di raccogliere le esperienze artistiche disseminate e produrre un'attività pratica e teorica capace di dare nuovo impulso e soprattutto un crescente prestigio alla produzione delle arti. Nelle intenzioni di Cosimo I, invece, l'Accademia aveva lo scopo di esercitare un controllo sull'attività artistica, legandola saldamente agli interessi della dinastia medicea. All'inizio, dunque, l'accademia nacque sulla base di una coincidenza di interessi tra artisti, desiderosi di avere uno spazio di elaborazione culturale, e potere politico, interessato a dare a tale elaborazione una precisa funzione di sostegno al proprio operato e ad evitare ogni eventuale gesto di autonomia o di ribellione da parte degli artisti. Questi interessi, però, col tempo si rivelarono contraddittori, e nelle numerose accademie che si formarono sul modello fiorentino finì col prevalere l'aspetto burocratico-amministrativo ed istituzionale.
Questa evoluzione contribuì a svuotare le accademie del loro iniziale slancio creativo e a trasformarle in corporazione, allineate al gusto ufficiale ed alla politica culturale delle classi dominanti. Ed infatti il termine "accademico" nel XIX secolo finì per assumere un significato deteriore, riferito ai caratteri conformisti e subalterni della produzione artistica.
Un discorso a parte va fatto per la accademie private, fiorite nel XVI secolo sul modello dell'esperienza fiorentina, ma caratterizzate da una maggiore autonomia nei confronti del potere politico. Tra queste, la più famosa fu quella bolognese degli Incamminati, fondata dai Caracci alla fine del Cinquecento.
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli - 1997
 

martedì 8 luglio 2014

Alessandro Papari e Paolo La Motta

Alessandro Papari, io e Paolo La Motta

Di gruppo si parlò, in forma ipotetica, nel 1996, nel periodo della mia primissima collettiva al bar di Port'Alba. L'idea di esporre con altre persone partì da Paolo Mamone Capria che frequentavo da qualche tempo. Alessandro Papari aveva esposto nello stesso bar poco dopo di me, ci si incrociava spesso. Era frequente vedere esposizioni di pittura in quel bar: a fine anno accademico gli allievi di Belle Arti esibivano i loro lavori e durante tutto l'anno c'era sempre qualcuno che esponeva, sia professionisti sia dilettanti.
Paolo Mamone era strabiliato dalla tecnica del Papari. Io preferivo di gran lunga i lavori dei miei colleghi dei piani bassi dell'accademia, quelli del corso di Nudo. Loro producevano quadri meno tecnici ma assai più freschi e vibranti. Purtroppo non si poteva organizzare quasi niente con questi ultimi, a parte la mostra di fine anno sollecitata dal prof. Ed era un vero peccato! Così mi abituai all'idea di esporre col Papari, anche se trovavo i suoi lavori troppo virtuosistici e decisamente troppo tradizionali: mi lasciavano perplesso. Era assai distante dalla mia idea di arte.
L'occasione di cominciare ad esporre insieme ad altri si concretizzò solo nel settembre 1998, con l'apertura dell'associazione culturale Spazio Arte in via Costantinopoli, proprio di fronte all'Accademia di Belle Arti. Ero ancora in vacanza dalle parti di Favignana quando mi telefonarono per chiedermi che quadri avrei voluto esporre: adoro queste cose. Paolo Mamone aveva organizzato la mostra collettiva che auspicava da tempo. Era il momento di rientrare a Napoli. Tornai per il giorno dell'inaugurazione. Alla collettiva c'era il Papari che si era tirato dietro lo scultore Paolo La Motta, un personaggio taciturno che conoscevo di vista da almeno otto anni. 
Paolo La Motta e Alessandro Papari in quel periodo facevano coppia fissa, sembravano due inseparabili. Cosicché il gruppo era diventato di quattro elementi. 
Esponendo insieme e frequentandoci, si aprì un certo margine di discussione e confronto. Almeno per chi fra noi prospettava una reale riflessione sul proprio lavoro, dato che ciascuno era molto radicato sulle proprie posizioni e poco incline a vagliarle. 
Anche in galleria però, potevi incontrare persone interessanti con cui avere proficui scambi di opinioni.
Nel mio caso, quel periodo che per certi versi si è prolungato fino al 2007, è stato molto produttivo. Sia sul piano tecnico, sia su quello poetico, avendo compreso le differenze che mi separavano dagli altri componenti del gruppo.

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

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