Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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domenica 11 ottobre 2015

Diritti umani e fascismo: il caso di Human Rights Watch

Cercando sul web gli articoli di un giornalista italiano conosciuto a Caracas, Enrico De Simone, mi sono imbattuto in questo che ho trovato molto interessante:

19 Settembre 2008
Nella serata di giovedì 18 settembre, il governo venezuelano ha decretato l’espulsione dal paese di José Miguel Vivanco, l’avvocato cileno direttore della sezione America latina di Human Rights Watch.
La sua colpa: avere tenuto, nel pomeriggio di quello stesso giorno, una conferenza stampa in cui denunciava come, dal fallito golpe del 2002 ad oggi, la situazione dei diritti umani in Venezuela sia andata deteriorandosi.
Poche ore dopo – come ha raccontato lo stesso ministro degli Esteri venezuelano, Nicolas Maduro – Vivanco e il collaboratore che lo accompagnava venivano accompagnati all’aeroporto, messi su un aereo e espulsi dal paese, con la proibizione di tornarci in futuro. Vivanco – recita un comunicato governativo firmato da Maduro e dal suo collega degli Interni, Tarek El Aissami – “ha violentato la Costituzione e le leggi della Repubblica Bolivariana del Venezuela, aggredendo le istituzioni della democrazia venezuelana e immischiandosi illegalmente negli interessi del paese”. Maduro ha poi dichiarato che il direttore di HRW (Human Rights Watch) ha contravvenuto alle norme che regolano il transito attraverso il Venezuela di cittadini stranieri in condizione di turista, presentando “in maniera abusiva e volgare” una conferenza stampa “dove ha vilipeso le istituzioni della democrazia venezuelana, dove ha ferito la dignità delle nostre istituzioni, del nostro popolo, della nostra democrazia”. L'“aggressione” di HRW “risponde – continua la nota – a interessi vincolati e finanziati dal governo degli Stati Uniti d’America, che dietro la maschera di difensori dei diritti umani dispiegano una strategia di aggressione inaccettabile per il nostro popolo”. Per rendere ancor più chiaro quest’ultimo concetto, Maduro ha dichiarato: “Sono sicuro che dietro questa imboscata mediatica ci sono quelli di sempre, i padroni dei mezzi di comunicazione legati agli interessi dell’impero e quei gruppetti che, proclamandosi difensori dei diritti umani, ricevono soldi da Washington”.
Enrico De Simone, L'Occidentale
Enrico De Simone La Voce d'Italia (Caracas) - L'Occidentale, Roma
L'articolo è molto più lungo e argomentativo, ma la vicenda in sé ha molti spunti di riflessione.
Dal mio modesto osservatorio, di chi ha vissuto per quasi 2 anni a Caracas e si è trovato spesso a lottare per i propri diritti, l'occasione non poteva essere più ghiotta. Ho letto il rapporto di José Miguel Vivanco, direttore della sezione per l'America latina di HRW, sgradito al regime di Hugo Chavéz
Questa denuncia è un'accozzaglia di luoghi comuni e di falsità in linea col metodo fascista adoperato dal Vivanco per declamare le sue “verità”. Per non parlare dell'effetto focalizzazione magicamente creato da una (finta) pluralità di mezzi di comunicazione (il cosiddetto soft power), radio, tv e giornali.
Qualche mese prima che Enrico De Simone giungesse a Caracas, avevo domandato ad una rappresentante del Ministero degli Esteri (italiano): “il diritto non è cultura ?” (Auditorium della scuola “Agustin Codazzi” - 10/03/2005). La funzionaria che aveva appena esposto le linee guida del suo ministero, mi aveva candidamente risposto: “No, il diritto non è cultura.” 

Fax Art - Caracas, marzo 2006 - Gianluca Salvati
La platea accolse silenziosamente l'asserzione.
La mia domanda era necessariamente provocatoria, ma la risposta era da medio evo, se non peggio, da età della pietra
Chissà cosa avrebbe risposto il signor Vivanco a quell'affermazione. Come se non bastasse, i rappresentanti istituzionali si proclamarono impotenti rispetto a quei delinquenti in grisaglia della giunta del Codazzi, nonostante il ministero elargisse un lauto assegno ogni anno al Codazzi.
Come ho già scritto eravamo senza contratto (a tempo determinato). Io avevo rischiato la pelle per un avvelenamento, che a quei tempi (ero ancora ingenuo) pensavo fosse stato un accidente. 

Eppure, non potevamo accampare diritti, mentre quei signori venuti da Roma, dovevano dirci cosa fare in classe dato che avevano regalato la paritarietà a quella scuola.
Il giorno dopo mi assentai, avevo una reazione di schifo verso quella gente.
Che strumenti avevo per far valere i miei diritti?
Qualcuno nel mondo ha inventato le associazioni per i diritti umani, tipo questa di Human Rights Watch, non so esattamente cosa siano né come operino, ma verrebbe automatico rivolgersi a loro. Mi pare di aver capito che, rispetto alle questioni, si pongano in questo modo: “dato che noi siamo più civili (e di certo migliori) di voi, queste sono le giuste ricette per elevarvi dal vostro stato di abiezione al nostro di onniscienza...”
Alla tv si parla spesso di loro, specie se di matrice yankee e non governativa, che oggi fa tanto figo... Immagino che costoro abbiano avuto un bel da fare in America latina, con tutti quei dittatori...
Come alternativa colta alle associazioni per i diritti umani, c'è la possibilità di rivolgersi ai tribunali di giustizia. Già, i tribunali del Venezuela, il rapporto di Human Rights Watch li descrive come asserviti alla politica. Sarà per questo che non ho mai sentito Chavéz scagliarsi contro i giudici e le loro sentenze ?

Hugo Chavez, el comandante
Ero assetato di vendetta, decisi per la seconda opzione. Feci causa a quegli idioti infami dell'onorata associazione delinquenziale “A. Codazzi” di Caracas e, nel giro di un paio di anni ho avuto giustizia, quella stessa giustizia che, a detta degli eminenti funzionari della Farnesina, nota istituzione ex-prestigiosa del mio democratico paese, avrei dovuto attendere in un'altra vita...


Tornando alla causa civile contro quei venduti del Codazzi (degni figli di infami taglia-gole), mi ha sconvolto la brevità dei tempi: appena due anni. In Italia, nella progredita Italia, quei tempi ce li sogniamo. Ma anche questo non è casuale. La colpa di ciò è da ascriversi unicamente alla cattiva politica troppo spesso parente stretta dell'illegalità diffusa e del crimine organizzato.
La verità e che qui si predilige l'impunità a scapito della legalità.
Per tutti questi motivi quel rapporto HRW mi è parso particolarmente falso e pretestuoso: una vera merdata.
Qualcuno potrebbe obiettare che la mia è un'esperienza unica. Errato. 
Negli anni 2006-2007, quei gaglioffi dell'associazione senza scopo di lucro con conto cifrato su banca svizzera (Credìt Suisse – sede di Lugano), hanno collezionato ben 4 cause da parte di insegnanti italiani, tutte puntualmente perse dal Codazzi. 

  Cause che, con un po' di buona volontà avrebbero potuto essere molte di più...
Gianluca Salvati


Per chi voglia chiarirsi le idee sulle violazioni dei diritti umani in America latina e sulle effettive responsabilità, rimando alla raccolta di articoli di R. Kapuscinski, Cristo con il fucile in spalla (ed. Feltrinelli).

Enrico Cajati,  olio su tela

sabato 28 febbraio 2015

Conferenza di Vittorio Sgarbi all'hotel Vesuvio

Un mese prima della visita a Perugia organizzata dal prof Massimo Bignardi, c'era stata una conferenza di Vittorio Sgarbi all'hotel Vesuvio. Ero venuto a conoscenza dell'evento da una signora, piuttosto esaltata a dire la verità, che frequentava la chiesa dove, da ragazzino, avevo fatto il chierichetto (ero ancora giovane e incosciente). 
Quella signora viveva la religione in maniera totalizzante e, fondamentalmente distorta. Tanto per fare un esempio, una volta eravamo appena giunti in macchina sotto al suo palazzo, il tempo di uscire e qualcuno lanciò una busta d'acqua sull'auto. L'impatto improvviso del sacchetto sulla carrozzeria ci fece saltare. La signora colse l'occasione per dire che era stato il diavolo a lanciare quel sacchetto poiché aveva ascoltato i nostri (i suoi) discorsi. L'argomento di quei discorsi, ovviamente, era monotematico. Dio, religione, preti, conventi, ecc. 
Ad ogni modo ci disse di fare il pernacchietto al diavolo, indicando verso la busta bianca sul tettuccio della macchina. Mio fratello subito l'accontentò. 
Io non solo non seguii il consiglio, ma ne approfittati per tirare le somme su quella bigotta: doveva aver perso diverse rotelle per la via...
La signora abitava poco distante da casa mia ed era sposata ad un pittore di quadri tradizionali (per lo più paesaggi) e il loro figlio si era dato alla politica, come seguace della lista di Vittorio Sgarbi; a sentire la bigotta, suo figlio andava con Sgarbi... 
Il noto storico dell'arte, già personaggio televisivo (da Canale 5 del gruppo Mediaset) lanciato dal giornalista Maurizio Costanzo (Tessera di adesione alla P2 n.° 626), a quei tempi era anche onorevole e si proponeva come fondatore di un nuovo movimento politico. 
Durante la conferenza spiegò perché non aderiva al movimento politico di Forza Italia, guidato da Silvio Berlusconi (Tessera di adesione alla P2 n.° 625), in quanto il solo nome, Forza Italia, gli ricordava la pubblicità dell'olio per i motori. 
Il sommo critico prese a parlare di arte e di mezzogiorno, affermando che le mostre che si facevano a Napoli, per esempio sui caravaggeschi, erano di alto tenore, cosa che al nord si sognavano...
Prese a interrogare il pubblico, qualcuno voleva intervenire? Silenzio in sala.
Io sapevo che quelle affermazioni erano quantomeno azzardate, infatti mi spostavo già da due anni per andare a vedere mostre di arte contemporanea (non di sola arte antica si vive...) che a Napoli erano rare e riguardavano solitamente artisti locali. Ma non mi interessavo di politica, né mi interessava contraddirlo: non sia mai, se Sgarbi si inalberava poi chi lo fermava più...
Prima dell'intervento di Sgarbi aveva parlato un politico napoletano, uno piuttosto giovane e segaligno, costui aveva fatto una tirata assai infuocata sul partito comunista italiano, che spesso citava come partito comunista bulgaro italiano. La causa di tutti i mali. 
Come ho già detto, la politica non mi interessava, ero lì con un blocchetto di foto dei miei quadri che volevo consegnare a Sgarbi, e l'avrei fatto, anche a costo di sorbirmi cazzate simili.
L'amico che mi aveva accompagnato era stato perentorio: "...quelle foto devi dargliele..."

Avevo già letto Sciascia, e quello che lo scrittore riportava su Pasolini nel libro L'affaire Moro. Secondo PPP il fascismo in Italia non aveva mai lasciato il potere, proseguendo di fatto nella Democrazia Cristiana. Ma, questa citazione storica, ai tempi l'avevo anche dimenticata. 
Oggi so che Pasolini si sbagliava, per difetto, il fascismo esisteva anche prima del ventennio, solo che aveva un altro nome. Più o meno come uno che cambi abito. 
Per questo motivo le parole di quel politico erano ancora più fuori luogo.

Vicino a me c'era un signore dell'età di mio padre con gli occhiali e dei pantaloni assai sgargianti, sembrava una vecchia checca se non fosse che era accompagnato da un ragazzo e una ragazza che parevano i suoi figli. Ad un certo punto Sgarbi aveva avuto uno scambio con lui parlando di una terza persona non presente lì.
Quando la conferenza finalmente ebbe termine, mi avvicinai all'oratore. C'era una certa ressa, alcuni gli chiedevano gli autografi. Dovetti lottare per almeno cinque minuti per avvicinarmi a Sgarbi, che visto in televisione sembra più alto di 15 centimetri buoni (è proprio vero che la tv ingigantisce tutto...). 
Gli detti il blocchetto di foto e lui lo buttò sopra i suoi libri, quasi seccato. Me ne andai soddisfatto.
Buttando un'ultima occhiata alla sala notai una cosa: quei ragazzi che prima non mi facevano passare erano ancora lì, solo che ora non facevano ressa. Che strano.

E poi, dov'era il figlio dell'esaltata, quello che... andava con Sgarbi
Una volta l'avevo intravisto alla galleria dove esponeva suo padre, ma quel giorno non c'era nessuno che gli somigliasse.
Col mio amico facemmo una passeggiata sul lungomare di Mergellina (era un sabato mattina alquanto grigio) favoleggiando su quell'incontro del destino.
Si era ancora troppo giovani e inesperti per capire come va il mondo.

A casa i miei volevano sapere come era andata la conferenza. Non gli dissi niente. 
La moglie del pittore e madre del politico che andava con Sgarbi, il giorno prima aveva telefonato almeno due volte per fare pubblicità all'evento. 
Al telefono aveva detto che suo figlio ci avrebbe presentato Sgarbi. Ad ogni telefonata, l'esaltata aveva insistito affinché portassimo nostro padre. Mio fratello che aveva risposto ad una telefonata e non gli aveva dato alcuna importanza. Per me, che avevo intercettato l'ultima chiamata, mi pareva una chance da non perdere, così avevo chiesto a mio padre di accompagnarmi. 
Ma mio padre non era voluto venire: non è uno che si faccia tirare per la giacca da chiunque e devo dire, col senno di poi, che fece benissimo.


Il pernacchietto, olio su tela - Gianluca Salvati fecit 1995

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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