Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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lunedì 27 ottobre 2014

Storia di un quadro | #Khalil Gibran - Stencil art, elefante in cammino

Credo che la massima aspirazione di ogni pittore sia dipingere sui muri. Non so quanto possa essere valida per gli altri pittori, ma lo è sicuramente per me che disegnavo sui muri prima di imparare a scrivere.
Da alcuni anni assistiamo sconcertati a forme di espressione quali i graffiti di strada che non hanno altra valenza se non l'atto vandalico in sé. Specie quando si prendono di mira edifici storici o monumenti.
Nonostante ciò, da quando mi sono occupato di pittura ho avuto una costante curiosità per i "segni di strada". Curiosità costantemente delusa, dato che raramente ho trovato qualcosa che valesse la pena guardare. Almeno qui in Italia.
Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con i colleghi delle bombolette, ma troppi aspetti del loro lavoro non mi piacevano. Per esempio il fatto di dover lavorare rapidamente e in condizioni di stress. Per questo se avessi deciso di dedicarmi a questa forma di street art avrei optato per una tecnica più rapida, usando delle maschere: gli stencil.

Nel 1999 ero intenzionato a provare questa tecnica en plein aire, ma non volevo vandalizzare muri, per quanto brutti e anonimi.
La soluzione mi venne al ritorno da una passeggiata al bosco di Capodimonte (sede dell'omonimo museo). C'era un pezzo di tronco d'albero abbattuto del diametro di un metro e mezzo circa. Faceva al mio caso, ma dovevo muovermi perché prima o poi l'avrebbero portato via.
Tornato a casa disegnai un elefante su un cartoncino, l'immagine proveniva da una rivista. Era un po' piccola ma ben fatta. Mi dava le informazioni essenziali sull'anatomia dell'animale. E poi era in cammino. Funzionava.
Volendo decorare il disegno di scritte, adoperai una poesia da un libro di Gibran, Sabbia e schiuma. Scelsi la prima che mi piacque, essendo un autore che non avevo mai letto. Completai lo stencil col mio nome e cognome, l'anno e il tipo di spray adoperato. Avevo una bomboletta blu già adoperata per altri usi più prosaici. Ritagliai le lettere e i segni col trincetto.
Il lavoro era pronto.
Ritornato una sera al bosco, attesi l'orario di chiusura. Volevo lavorare con calma come mia abitudine.
Mentre aspettavo che facesse buio, si era tra fine agosto e i primi di settembre, il cane era con me, notai una ragazza poco lontano da me. Anche lei lì, distesa sull'erba ad attendere.
Che ci faceva una ragazza lì, a quell'ora, con tutti i maniaci che ci sono in circolazione?
Dato che non se ne andava e non pareva avere grandi preoccupazioni, mi domandai se era il caso di rimandare la mia "azione artistica". Essendo troppo pigro per cambiare idea, decisi di andare a verificare di persona. Mi avvicinai e presi a conversare con lei. Scese la notte e la tipa non accennava ad andarsene, neanche, che so, un gesto di nervosismo: avrei giurato che dovesse passare la notte lì. Così le spiegai cosa ero andato a fare quella sera al bosco. La giovincella si dimostrò divertita. Raggiungemmo il tronco che era poco distante da lì e, col suo aiuto, realizzai lo stencil art #Khalil Gibran.


Qualche giorno dopo portai, "casualmente", la mia ragazza nei pressi di quel tronco. Quando lei vide l'opera cominciò a ridere e non la finiva più.

#Khalil Gibran, stencil art 1999 - Gianluca Salvati


ps  la foto sopra è una realizzazione successiva del medesimo stencil su tela (100x70): per tinteggiare il fondo ho impastato ocra rossa in pigmento (ossido di ferro), quella adoperata in edilizia, e acrilico bianco. 
L'elefante è realizzato con uno spray acrilico color tabacco. 
L'immagine rielaborata, è diventata il logo del blog storia di un quadro, che narra le vicende di un pittore che un giorno è andato a lavorare a Caracas

sabato 25 ottobre 2014

Enrico Cajati nel ricordo di Salvatore Vitagliano | Pittura figurativa contemporanea

Moderato al nutrirsi e a ogni altro avere che non fosse la sua parola, che spendeva sempre ovunque e volentieri per onor del vero e amore di giustizia, Enrico si concesse un’unica eccezione: qualche puntatina al lotto. Ma quelli erano esami preliminari, il settimanale confronto col fato: lui, uomo profeta, divinatore e mago, da buon napoletano, spendeva a volte qualche mille lire per verificare l’esattezza delle sue percezioni, e da assistito qual era, ebbe spesso a trarne vantaggio.

Untitled,  olio su tela - Gianluca Salvati 1996

[..] Basso, trasandato, brutto e perspicace, era capace di sorprendere chiunque e a tutti distribuiva fiammeggianti scintille del suo sapere. Gentile con l’onesto, forte coi forti, amico con gli amici, nemico coi nemici dell’arte, alla fine, quasi a consolar se stesso, fu sempre coi perdenti. Dell’animo degli umani nulla gli sfuggiva.  Ai curiosi perdigiorno, agli invadenti, ai troppo sicuri di sé, quando gli chiedevano di poter visitare il suo atelier, dava sempre un altro indirizzo che non era poi tanto distante da quello reale e in questo v’era forse uno scopo ben preciso: come i grandi maestri Zen, per entrare nel suo Tempio (i sottoscala di Santa Teresa), dovevi quantomeno superare delle prove e la prima e più importante era quella di trovare il luogo, e com’era difficile: quante volte in tanti ci hanno girato intorno, molti (i più pazienti) aspettarono anni prima di inoltrarsi in esso, altri, a meno che il destino non li guidasse o fossero dei fortunati, non lo trovarono mai.
Salvatore Vitagliano (artista)

venerdì 8 novembre 2013

Storia di un quadro | Arte e impegno di Carlos Fuentes

Personalmente non credo alla figura dello scrittore “impegnato”, così come credo che nessun artista possa essere obbligato a prendere una posizione.
Ritengo che uno scrittore soddisfi i propri obblighi morali nel momento in cui riesce a mantenere vitale la propria immaginazione e il proprio linguaggio. I primi atti compiuti da Hitler, Stalin e gli altri tiranni sono stati quelli di mettere al bando la scrittura e la libera stampa: non c’è nulla che un dittatore teme maggiormente dell’immaginazione. Uno dei motivi per cui sono particolarmente felice per il premio Nobel attribuito a Günter Grass è l’implicito riconoscimento per lo straordinario lavoro di restauro e di rivitalizzazione che lui ha compiuto attraverso l’immaginazione su una lingua mortificata da un periodo di barbarie. È esattamente questo il fine ultimo che dovrebbe avere uno scrittore in campo politico, e a questo riguardo ci sono esempi illuminanti da parte di autori che hanno preso posizioni in apparenza più distaccate: pensi a Balzac che si dichiarava reazionario e monarchico, ma attraverso la sua scrittura, e il mondo che ha descritto in maniera indimenticabile, ha influenzato milioni di persone che hanno fatto scelte politiche diverse dalle sue, non ultimo Karl Marx.  Non esistono regole fisse sul ruolo dello scrittore, né della letteratura.
[…]  Io sono tra coloro che pensano che il modo migliore per essere realmente universali è rimanere fedeli alle proprie radici.  Questo non significa che bisogna rimanere all’interno degli orizzonti del proprio paese: credo che il mondo moderno inviti chiunque a partecipare della cultura altrui, a condizione di non snaturare la propria.
Carlos Fuentes

Violencellista, olio su tela - 1998

domenica 30 giugno 2013

Storia di un quadro | Saggio di pittura anarchica: "Theresè", acrilici su tavola (Piero Golia c'era...)

Dopo aver sperimentato le tavole dell'accademia come supporto alle mie opere, nel lavoro a pastelli, "Bianca", presi a lavorare con la pittura. Il primo dipinto su tavola lo dedicai ad una compagna di corso, molto brava e divertente, con cui mi confrontavo spesso. Questo lavoro, infatti, lo realizzai tra una battuta e l'altra, dato che Teresa era presente quel giorno: mi ero talmente divertito che in seguito non avrei scommesso sul risultato. 
E invece, mostrandolo in giro, il quadro Theresé ha suscitato spesso pareri favorevoli.
Si era nel 1996, dunque era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso di nudo, anche se in quel periodo aveva ragionevolmente smesso di disegnare la modella e per lo più e ne andava in giro a parlare con qualcuno e a guardarsi intorno. 
Per questo motivo il quadro Theresé, rientra nella serie: "Piero Golia c'era".  

Theresé - Piero Golia c'era - acrilici su tavola 1996 - Gianluca Salvati

sabato 8 giugno 2013

La galleria Dina Carola e Arcangelo Izzo, critico d'arte | Piero Golia c'era

Nella primavera del 1996, il prof del corso di disegno, mi propose di fare una mostra personale. Qualche tempo dopo, un caro amico mi disse che una galleria di via Orazio, Dina Carola, era in cerca di nuovi artisti. I giorni seguenti andai a fare una visita a quella galleria con un blocchetto di foto dei miei quadri. 
Quando arrivai la gallerista non c'era, aveva avuto un impegno. La sostituiva una signora grassoccia e bionda di mezza età. Ampi quadri slavati alle pareti dovevano interpretare dei nudi di donna, bianco su bianco, nel 1996. La sostituta guardò distrattamente le foto dei miei lavori. Mi chiese se c'erano critici che seguivano il mio lavoro. Alla mia risposta negativa, mi indirizzò ad un critico che abitava a Barra, Arcangelo Izzo. 
Nell'arco di dieci giorni andai a fare visita a quel critico, col solito blocchetto di foto.
Non ho parole per commentare quell'incontro e la valutazione che quell'eminente capoccione fece dei miei lavori. Sembrava che dovessi chiedergli il permesso di esistere, ciononostante ero ancora troppo ben educato per mandarlo a cagare. Così, quel fottuto nano gridò per tutto il tempo e mi rovesciò addosso una valanga di critiche, di cui l'89 per cento, a voler essere ottimisti, erano gratuite e pretestuose.
Prima di andare via, mi ero soffermato su un paesaggio simil-astratto che Arcangelo Izzo aveva nel salotto. Ero piuttosto provato, ma solo perché non capivo. Beninteso: ce ne vuole per abbattermi.

Poche settimane dopo tenni la mia prima personale, il cui bilancio fu assolutamente positivo, sia in termini di vendita che di riscontro critico. Avevo venduto più della metà dei pezzi esposti, in un periodo in cui vendere un solo quadro era considerata una fortuna. I visitatori erano stati dei più vari ed eterogenei, dai prof dell'accademia di belle arti, che per la maggior parte non mi conoscevano, agli studenti. Inutile dire che Piero Golia c'era, aveva visto la mostra assieme ai colleghi del Corso di Nudo.
Quando mi vide Franco Chirico, con quella voce monocorde che sembra provenire direttamente dall'oltretomba, mi disse: "Adesso non ti insuperbire..."
Lo devo ammettere: ero decisamente troppo educato a quei tempi...
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile della comunità dei neocatecumeni di S. Antonio alla Pineta è anche il principale editore di quella setta cattolica dei capitanata da Kiko Arguello, che Franco Chirico conosce personalmente.


La gioia 2, olio su tela 

Ripensando al critico, mi veniva da dire che costui aveva aperto bocca e gli aveva dato fiato... Questa la sintesi dell'incontro con Arcangelo Izzo.

Lo sfondo di Uomo che saluta è ripreso da quel paesaggio semi astratto che vidi nello studio di Arcangelo Izzo. 

mercoledì 5 giugno 2013

Storia di un quadro: "Faces" | Ancona: Cammino neocatecumenale | Franco Chirico, editore, amico di Kiko Arguello

ancona ‹an·có·na› s.f.
~ Tavola dipinta da altare, con inquadratura architettonica terminata in alto a centina o ad angolo acuto, anche a vari scomparti. DIM. anconétta.
ETIMO Dal gr. biz. eikónaimmagine
DATA prima metà sec. XIV.
il Devoto-Oli 2009


Faces, olio su cartone 1997 - Gianluca Salvati


Porto San Giorgio, nei pressi di Ancona, ridente cittadina delle Marche, secondo porto dell'adriatico per importanza, è sede del centro del movimento neocatecumenale (non si finisce mai di imparare)
Il quadro di questo post è stata eposto alla collettiva tenutasi nei locali dell'accademia di belle arti di Napoli. Franco Chirico, capozona della comunità neocatecumenale che frequentano (da circa 20 anni) i miei genitori, nonché principale editore di quella setta catto-talebana e amico personale di Kiko Arguello, Franco Chirico ha visitato quella mostra, acquistandone due quadri. 
Piero Golia, ovviamente, c'era, come si può ben vedere nel post successivo Piero Golia interpreta Gianluca Salvati.  
Piero Golia c'era ed esponeva: il capolavoro in questione era frutto della sua riflessione di artista concettuale di primo pelo. Infatti a quell'epoca, Piero Golia aveva oramai capito che era tempo di accantonare matite e pennelli... 

lunedì 3 giugno 2013

Storia di un quadro: "Bianca", pastelli su tavola 1996 | Gli anarchici del Nudo e Piero Golia

La pittura, come la intendo io, è principalmente materia e stratificazione. In tal modo, anche se la pittura si svolge nello spazio, rende bene sia l'idea del tempo, sia della memoria. Così, nel 1996, cominciai ad interessarmi alle tavole che utilizzavamo per i disegni all'accademia. Queste tavole erano in legno, materiale che risponde benissimo alla pittura materica, inoltre avevano superfici decisamente vissute: segnate dai colori e patinate dal tempo. Il primo lavoro che tirai fuori fu Bianca, uno studio a pastelli della modella.

Piero Golia c'era... era infatti il primo anno che Piero Golia si era aggiunto al gruppo "storico" , ovvero a coloro che lavoravano da qualche anno al corso di nudo dell'accademia di belle arti di Napoli. Quel nucleo era noto ai piani alti dell'accademia, come "gli anarchici"
Così si era definiti dagli studenti e dai prof dei corsi ufficiali: pittura, scultura, decorazione e scenografia. Dal 1994, però, il gruppo degli anarchici aveva cominciato a far parlare di sé, infatti quell'aggregato di personalità e percorsi tanto diversi, me compreso, cominciava a dare i suoi frutti...

Tornando alle tavole, dopo quel primo esperimento a pastelli, cominciai a dargli dentro con la pittura, imbrattando buona parte delle tavole disponibili. 
La pacchia durò finché il prof non mi disse di smetterla. Al che risposi: "Obbedisco!"

Bianca, gessetti su tavola 1996  - Gianluca Salvati



venerdì 15 febbraio 2013

"Ciclista" in bianco e nero. The biker man stronger | Piero Golia non c'era

Ho sempre amato la pittura densa e materica, e, da quando ho iniziato a imbrattare tele, ho prediletto le tempere agli acquarelli, la penna alla matita, e l'olio all'acrilico...
Avevo una certa curiosità di usare gli smalti, quelli industriali, così nel 1994, li sperimentai usando della pittura avanzata da lavori di tinteggiatura in casa.
Disegnavo costantemente da almeno 3 anni e avevo da poco cominciato ad abbozzare direttamente senza alcun disegno preliminare. Allo stesso modo in quel periodo cominciavo a costruire le figure senza riferimento iconografico: andavo a memoria.
Il Ciclista venne fuori così, smalti su cartone. 

Ciclista, smalti su cartone 1994 - Gianluca Salvati

Quando portai il quadretto in accademia ebbe un discreto riscontro. In seguito il prof mi disse di farlo incorniciare per esporlo alla mostra di fine corso. Nel 1994 ne tenemmo due, la prima fu allestita in una sede dell'università di medicina. In quella prima esposizione presentai un altro quadro. Dopodiché partii per Lugano: erano gli ultimi giorni della mostra di Emil Nolde, un pittore che adoravo e non volevo assolutamente perdermi. I miei compagni si preoccuparono di allestire i miei lavori alla seconda mostra al bar dell'Epoca in via Costantinopoli. 
Piero Golia non c'era, non ancora.

La mostra di Emil Nolde a Lugano faceva, a dir poco, pena, non perché avessi cambiato idea su quell'artista, ma perché la qualità dei lavori era estremamente bassa e commerciale. Capita, purtroppo che si adoperi un nome di richiamo lavorando sul battage pubblicitario da un lato, per poi presentare gli scarti di produzione di un autore. 
Per fortuna in quel periodo c'era la mostra di un altro pittore che ammiravo, Nicolas de Staël . La prospettiva di Nicolas de Staël si teneva nei pressi di Parma, ed era curata non bene, ma benissimo. La qualità dei lavori era molto alta. Cosicché fu un piacere acquistare il catalogo di quel pittore  così interessante e così attuale. 
In quegli stessi giorni avevo saputo da mio fratello che “...c'era una sorpresa...”. Cos'era successo? 
Un professore del conservatorio aveva visitato la nostra esposizione collettiva a Napoli ed era rimasto positivamente impressionato dal quadro Ciclista. Quel signore si era presentato diverse volte al bar chiedendo informazioni sul quadretto: dire che fosse molto motivato all'acquisto era un eufemismo. Il prof a un certo punto si era fatto scrupolo di far chiamare a casa per avvisare; la cosa era stata presa con nonchalance dai miei e il quadro restò invenduto. Nondimeno fu un bel riscontro per la mia prima uscita, in fin dei conti dipingevo seriamente da appena 2 anni.

lunedì 11 febbraio 2013

"La caduta", olio su tela di Gianluca Salvati | Franco Chirico & Kiko Arguello - Piero Golia

Nel dicembre del 1995 ero convalescente da un intervento chirurgico dovuto a peritonite e avevo ricominciato a dipingere. Il primo quadro cui misi mano fu un lavoro nuovo, la cui novità consisteva nell'utilizzare tre tele di diverso formato dislocate a distanze tali da comprendere l'immagine dinamica a cui facevo riferimento. L'immagine era la solita foto di calciatori presa dal giornale del lunedì, ma quella foto aveva un suo epos... 
Il quadro iniziato in quel dicembre del 1995, dopo l'intervento di peritonite, era La caduta.
Dopo un paio di mesi il quadro era bell'e terminato. Lo portai giù e lo attaccai alla parete dell'ingresso. Mi pareva che funzionasse, aveva un nonsoché...


In quel periodo, i miei genitori tennero un incontro con alcuni fratelli della comunità di neocatecumeni. Franco Chirico era il responsabile di quella comunità di cammino neocatecumenale, ma lì, quella sera, non c'era. In tutto c'erano sei o sette persone, compresi i miei genitori. Quando tornai da fuori incassai i complimenti entusiasti di un loro fratello di comunità. Quel signore si era talmente incantato davanti al quadro La caduta che, stando al racconto dei miei genitori, aveva seguito le letture distrattamente. Dissi a quel signore che, qualora avessi partecipato ad una mostra, gli avrei fatto pervenire l'invito.
Franco Chirico, oltre ad essere il responsabile di quella comunità neocatecumentale è anche il principale editore di quel movimento fondato da Kiko Arguello. Per intenderci, Franco Chirico conosce Kiko Arguello personalmente.

Quando ebbi pronti un po' di lavori, nella primavera del 1996, li fotografai e li portai a vedere in accademia. Era il primo anno che Piero Golia frequentava il corso del Libero Nudo, dunque il lavoro lo mostrai anche a lui e non solo ai colleghi "storici" dell'accedemia. Nel complesso quel quadro La caduta riscontrava un certo favore, in particolare tra le persone del cui giudizio mi fidavo. Eppure, quando si trattò di propormi per una personale, nel giugno 1996, il prof dell'accademia scartò a priori quel quadro dall'esposizione. Senza dare spiegazioni, cosicché non mi capacitai del perché di quella scelta.
Il critico Arcangelo Izzo, quel gran testone, aveva addirittura messo in dubbio l'artisticità di quel mio lavoro: “Che significa?”, mi aveva chiesto. Ma era altrettanto vero che tutte le previsioni del suddetto capoccione si erano dimostrate meno consistenti di una bolla di sapone in una assolata giornata estiva: il riscontro della mia personale del 1996 non lasciava dubbi. Ciononostante il quadro La caduta è l'opera che non ho mai esposto.



sabato 9 febbraio 2013

"Ciclista", di Enrico Cajati | Un testo di Salvatore Vitagliano

[...] Nel ’67 la grande svolta. Enrico Cajati giunse alla determinazione di “mettere tutto sullo stesso piano”; appiattendo quindi quella superficie materica che aveva elaborato con tanti anni di sperimentazione e che lo aveva portato alla Biennale di Venezia (a 28 anni) e tornò a quella fonte originaria dove non più il caso ma la costruzione, la costanza, la tecnica, l’osservanza delle regole saranno principi  a cui cercherà di obbedire per tutto il resto della propria vita.
Ho detto “cercherà” perché un uomo del suo istinto e della sua immediatezza gestuale, musicale, dovette castigarsi notevolmente per raggiungere degli apprezzabili risultati, ma in questo castigo di uomo proiettato nel futuro che voleva raggiungere il passato, sta forse la chiave di tutta la sua grandezza. I suoi piccoli quadri informali divennero bozzetti di un lavoro futuro che ha del pazzesco; egli li cominciò a disegnare su fogli lucidi, poi procedeva allo spolvero e una volta riportato il disegno su tela, iniziava il lavoro di campitura, di chiaroscuro, di velature, e quando il risultato finale non lo soddisfaceva, ecco una tinta nuova ricoprire tutto e di nuovo un nuovo inizio e alla fine un nuovo daccapo, e ancora a ricominciare: un buon dipinto va fatto e rifatto sei volte, diceva, e come il Dio creatore egli lavorava sei volte e non meno di sei giorni all’Opera che era tutto il suo mondo. Ma il suo non era un cancellare, bensì un ricoprir di veli, e solo occhi attenti alla pur minima vibrazione di colore potevano catturarne le infinite sequenze di quelle luci nelle tenebre. 

Ciclista, olio su tela di Enrico Cajati
E in verità non furono molti, benché in tanti ne fossero incuriositi, i veri intenditori furono pochissimi ma tutti di gran qualità. Cajati godeva della fiducia incondizionata di Perez (Augusto, scultore), di Luca (Luigi Castellani, pittore), e di illuminati collezionisti come R. Marrama, R. Criespo, Cafarelli.
Salvatore Vitagliano

martedì 22 gennaio 2013

"Franco Chirico, ritratto a la Jacques Chirac"

Alla mia personale del 1999 portai un quadro su Jacques Chirac. Il lavoro era tratto da una foto del presidente francese presa per strada. Lo scatto era piuttosto insolito, il soggetto era in cammino e procedeva trascinando un braccio, quello sinistro, come per inerzia, mentre il torso era proiettato in avanti. La posa suggeriva che il presidente andava di fretta ma non voleva scontentare il fotografo, o piuttosto, non voleva perdere l'occasione di dispensare una buona immagine di sé. Il gesto del braccio trascinato, a mezz'aria, lo riprendevo in un altro quadro della stessa esposizione, il discobolo. Ma, a parte questo particolare, i due soggetti erano costruiti in maniera completamente diversa. Per il Franco Chirico a la Jacques Chirac, mi ero attenuto alle indicazioni della foto senza troppe novità, con qualche libertà nel trattare la testa. Il discobolo, invece, era inventato fin dal disegno. 



Franco Chirico, ritratto a la Jacques Chirac - 1999


Alla mostra personale avevo invitato l'editore Franco Chirico, responsabile della comunità neocatecumenale presso la parrocchia del quartiere, ma Franco Chirico all'inaugurazione non si era visto. Quando mia madre gli aveva commentato l'esposizione, aveva aggiunto che "c'era anche il suo ritratto...", riferendosi al quadro Franco Chirico ritratto a la Jacques Chirac. L'affermazione non era esatta, ma dovetti ammettere che c'era un fondo di verità: volto e capelli arruffati erano più del Chirico che dello Chirac... Dopo essermi attenuto fedelmente alle informazioni della foto, infatti, avevo perso la pazienza e mi ero dato alla libera interpretazione del volto. A quadro terminato ne risultava il Chirico sul fisico dinoccolato dello Chirac.
Che connessioni c'erano tra il presidente francese (di destra) e il responsabile della comunità dei neo-catecumeni dei miei genitori, Franco Chirico? 
Boh? La questione non mi riguardava più di tanto... A quei tempi non mi ponevo troppe domande, limitandomi a scandagliare gli imperscrutabili disegni della realtà con gli affilati strumenti dell'arte. 
Franco Chirico è anche il principale editore del movimento neocatecumenale. Franco Chirico conosce personalmente Kiko Arguello, leader e santino ante litteram di quella setta cattolica.
Comunque, nonostante il quasi-ritratto a la Chirac, Franco Chirico non si fece vivo, in compenso, vennero a vedere l'esposizione alcuni amici di suo figlio, Fernando Maria Chirico.


"La pittura è soltanto un mezzo che mi permette di portare alla luce un pensiero grazie all'utilizzo di elementi presi al mondo visibile"
René Magritte

venerdì 18 gennaio 2013

Il viaggio a New York di Piero Golia: corso accellerato di aggiornamento sull'arte yankee a stelle e strisce

Nei primi mesi del 1997, Piero Golia si recò a New York per un viaggio di acculturazione sull'arte a stelle e strisce. Quando ritornò in Accademia, disse che aveva visto un quadro simile al mio Sassofonista in una galleria di New York. Mosso da curiosità per la coincidenza, Piero Golia aveva chiesto il prezzo del quadro, perché, aggiunse, "in America anche chi veste come uno straccione, può essere un ricco in incognito..."

Ebbene, Piero Golia disse che quel quadro così simile al mio Sassofonista costava $10.000. Diecimila dollari! Però... 

Sassofonista, quadro simile a quello visto da Piero Golia


domenica 6 gennaio 2013

Storia di un quadro | Piero Golia, artista concettuale - "Nulla dies sine linea". Nudo giallo

Piero Golia ha frequentato il Corso Libero del Nudo all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Alunno poco dotato, benché testardo, Piero Golia non ha mai imparato a disegnare, per non parlare della pittura: non è arte sua... Eppure, questo non gli ha impedito di diventare un artista concettuale ed esporre in luoghi di un certo rilievo.


Evidentemente Piero Golia ha delle doti nascoste...
Nel 1996, gli chiesi un suo disegno: un classico nudo disteso disegnato a matita che pareva fatto col fil di ferro. Era un disegno stranamente comico, Piero Golia fu così gentile da donarmelo.  Tempo dopo gli portai la foto del quadro che avevo realizzato da quel disegno.

" Nudo giallo" da un disegno di Piero Golia, 1996

Avevo lavorato a quel quadro cercando di adattarmi al suo stile, ovvero interpretando in pittura quei primitivi segni a matita. Allo stesso modo, cercai un colore impattante e non elaborato. Quando lo vide, Piero Golia commentò con un laconico: “O' cessss...”, dimostrandosi conscio dei propri limiti e forse credendo che mi stessi prendendo gioco di lui. 
In realtà trovai quell'operazione estremamente divertente.

mercoledì 12 dicembre 2012

Storia di un quadro: "Lotta di cani" | Antonio Nazzaro, Andrea Dorato, Kyong Mazzaro

Nell'agosto del 2008 ritornai in Venezuela per riscuotere il meritato assegno estorto a quei papponi escualidos dell'associazione delinquenziale “Agustin Codazzi”. In quel periodo c'erano a Caracas diversi conoscenti, Piero Armenti, per esempio, che non mi è capitato di rivedere, neanche per sbaglio... In compenso ho potuto rivedere e riabbracciare la sua ex ragazza. Piero Armenti le stava facendo credere che voleva stabilirsi in Venezuela, mentre, proprio in quei giorni avevo avuto conferma del fatto che, di lì a poco, sarebbe andato via dal Venezuela. Definitivamente. 
Delle persone conosciute negli anni 2004-2006 a Caracas, ho incontrato Antonio Nazzaro, ex impiegato al Centro Italiano di Cultura, che in quel momento si barcamenava in alcuni non meglio precisati progetti pseudoculturali. Non sono riuscito a capire di cosa si occupasse Antonio Nazzaro né, principalmente, come. Ma, guardando le sue produzioni video, direi che lo scopo delle sue creazioni non fosse chiaro neanche a lui stesso. 
In compagnia di Nazzaro, c'erano alcune persone brillanti come Andrea Dorato e Kyong Mazzaro.


Andrea Dorato era l'“animatore culturale” dell'esclusivo club per aspiranti artisti “Antonio Nazzaro & company”. Un giorno ho visto Andrea Dorato scansionare alcune pagine da un libro per poi caricarle su un blog, pubblicandole seduta stante. Al momento non ho capito il senso di quell'operazione. Aveva scelto una pagina e via: scansione e pubblicazione. Senza alcun lavoro di rifinitura o di adeguamento ad immagini presenti o ad altri testi. Un'altra volta, in un momento di finto cameratismo, Andrea Dorato mi confessò di essere stato un ex squatter, ovvero quel tipo di giovani, per lo più di sinistra che occupano locali e case sfitte. L'affermazione mi lasciò perplesso: apparteneva a quel genere di confidenze non richieste che stonavano, e non poco, col marchio di fabbrica di chi le pronunciava... Si, perché il colore di Andrea Dorato virava decisamente al nero seppia (quel fascistello).

Lotta di cani (Kyong Mazzaro), olio su tela 1999 - Gianluca Salvati 

La giovane e brillante Kyong Mazzaro, mezza coreana e mezza italiana, restava la più enigmatica, forse per l'aspetto esotico, o più semplicemente, per l'estrazione familiare, ovvero quella sorta di imprinting dovuto all'ambiente di provenienza: costei si muoveva con la fissità e la calma vigile di un rettile. Al momento la Kyong Mazzaro si dava ai blog, almeno questa era la spiegazione che dava alla sua presenza. In realtà di lì a poco si è data alla carriera universitaria, dalla Sapienza di Roma alla Columbia University negli States.

Grazie a Kyong Mazzaro ho capito perché certe categorie di persone godono di privilegi sproporzionati alle loro mansioni, si pensi, ad esempio,  alle baronie accademiche in Italia.
Lì in mezzo, tra quella gente brillante non c'era neanche un microgrammo d'arte. Neanche per sbaglio. 
Era tutto una totale fiction. Tutto un fottuto bluff. Uno specchietto per allodole. Io ero un tordo capitato lì per caso, ma poi neanche tanto per caso: non era un caso che fossi finito lì a Caracas nel 2004, anzi... Col senno di poi, direi che la cosa fosse stata preparata con largo anticipo...

martedì 6 novembre 2012

Storia di un quadro: "Le Pharaon", olio su tela

"No comment!"


Il quadro Le Pharaon è un olio su tela realizzato a Caracas fra il febbraio e il maggio del 2005. Il dipinto si ispira sia a quell'autentico capolavoro che è il Cristo morto di Andrea Mantegna sia alla foto di Che Guevara ammazzato dai fascisti al soldo degli yankee.

Il tema non è casuale, pochi mesi prima di realizzarlo, tra il Natale 2004 e l'epifania 2005, avevo subito un avvelenamento che mi aveva tenuto appeso ad un filo per diversi giorni.
Non solo l'avvelenamento non era un fatto casuale ma era piuttosto eccezionale che per quei tempi, chiamato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, fossi ancora senza contratto di lavoro; di conseguenza, dal 27 ottobre ero diventato clandestino a tutti gli effetti.
Clandestino e moribondo.

Come ho capito in seguito, non era un caso che fossi stato chiamato ad insegnare a Caracas dalla funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco. Questo trattamento anticostituzionale da parte di una dirigente della Pubblica Amministrazione, non ha impedito nel 2008, ad alcuni porci fascisti di quello stesso ministero, detto anche Farnesina, di diffamarmi. 
Ero ritornato a Caracas per riscuotere l'assegno della causa vinta contro il Codazzi e, a causa di costanti attenzioni da parte di certa gentaglia appartenente alla controparte, mi ero rivolto prima alle istituzioni italiane presenti sul territorio e successivamente all'unità di crisi ministero stesso, contattata dai miei familiari. E quale sorpresa vedere che tutte le mie affermazioni venivano costantemente distorte e rivolte contro di me, in sostanza quegli infami patentati mi stavano facendo passare per paranoico, quelle specie di impotenti, cornuti figli di troia che si nascondono dietro l'istituzione del Ministero degli Affari Esteri. 

Non avevo immaginato che potesse esserci un'unica mafia a gestire il tutto da Roma al Venezuela. Ma tant'è: non si finisce mai d'imparare...
Le sorprese non finiscono qui.

Al mio arrivo a Caracas nel 2004, avevo scoperto che un conoscente dei miei genitori, l'editore dei catecumeni Franco Chirico, aveva famiglia proprio nel quartiere dove avevo trovato lavoro e abitazione. 
Franco Chirico, quel sant'uomo, ha sempre minimizzato sulla questione sia coi miei genitori che con i miei familiari.
Di fatto, quando ho conosciuto nel 2008 la nipote di Franco Chirico, la sensazione che quella tipa insignificante fosse un presenza piuttosto familiare, ovvero di aver avuto quella sciacquetta davanti ai coglioni in diverse occasioni, ecco quella sensazione lì è stata molto netta e precisa.
Franco Chirico è il principale editore della setta cattolica dei catecumeni ed è amico di Kiko Arguello.
Kiko Arguello, già ex pittore fallito, è il leader dei catecumeni e loro santino ante litteram

sabato 3 novembre 2012

Storia di un quadro | Ritratto a la Monet - Aeroporto militare di Grazzanise - Terra di Lavoro

Nulla dies sine linea, Aeroporto militare di Grazzanise - Terra di Lavoro, 1988

La foto risale al mese di marzo del 1988, e, per quanto scattata con una macchina fotografica di bassa qualità, rappresenta un momento particolarmente significativo. Durante quel periodo, infatti, ho maturato la decisione di approfondire la nobile arte della pittura. 
Questa foto rappresenta, in un certo senso, l'appunto di un proposito in seguito attuato.

gianluca salvati

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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