Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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lunedì 31 ottobre 2016

Kyong Mazzaro: international aid and violent conflict - Columbia University

Post tutto da scrivere... ma già assai indicativo di quel giorno, il 28 agosto 2008, quando ho finalmente capito con che specie di gentaglia avevo a che fare... a partire dalla giovane, ma alquanto scafata bagascia, Kyong Mazzaro, al relitto umano dalle velleità poetiche Antonio Nazzaro, fino al fascistello Andrea Dorado.
Costoro, come altri ambigui personaggi presenti a Caracas,  erano alle strette dipendenze della Greco (di fatto più burattini che dipendenti) Anna Grazia: una squallida mafiosa al Ministero degli Affari Esteri.
Altro che quote rosa: quote mafiose...


Kyong Mazzaro - Caracas, 28 agosto 2008 

domenica 18 settembre 2016

Religione e religiosità, di Albert Einstein | Franco Chirico massone del Cammino Neocatecumenale

Sui miei blog parlo spesso del "sant'uomo" Franco Chirico, che in realtà rappresenta l'esatto opposto del significato di santità. Il Cammino Neocatecumenale, a cui il "sant'uomo" è strettamente vincolato, è una setta di tipo fascio-massonico, interessata come tale a forme di controllo e manipolazione degli individui.
Dunque, per poter chiamare le cose e i fatti con il loro nome, bisogna innanzitutto comprendere cos'è la religione ed in che modo si configura.

Religiosità: modo personale, soggettivo di vivere il rapporto con Dio, con il sacro o semplicemente con l'universo. Un esempio efficace si può trovare nelle seguenti parole di Einstein: "Voi troverete difficilmente uno spirito profondamente devoto alla scienza che non abbia un suo prorio sentimento religioso. Si tratta però di una religiosità diversa da quella dell'uomo semplice. Per quest'ultimo Dio è un essere di cui si cerca la bontà e si teme il castigo; la sublimazione di un sentimento simile a quello che nutre il bambino verso il padre; un essere col quale si stabilisce, per così dire, un rapporto personale, per quanto rispettoso esso sia. Al contrario, lo scienziato è penetrato dal senso della causalità universale. Il futuro per lui è altrettanto necessario e determinato del passato, e la morale non ha nulla di divino, ma è un fatto puramente umano. Il suo sentimento religioso assume la forma dello stupore estatico di fronte all'armonia delle leggi della natura, rivelandogli una intelligenza talmente superiore che, confrontata ad essa, tutto il pensiero e l'agire degli uomini appare come un riflesso del tutto insignificante. Questo sentimento è il principio che lo guida nella sua vita e nel suo lavoro nella misura in cui egli può elevarsi al di sopra della schiavitù dei suoi egoistici desideri. Un tale sentimento è certamente assai vicino a quello che hanno provato gli spiriti religiosi di tutti i tempi". (Albert Einstein - 1957)
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Pietro e Paolo

mercoledì 27 gennaio 2016

Un’email a Kyong Mazzaro AC4 - Columbia University | La corrispondenza con un’improbabile blogger

Quando ho cominciato a scrivere di Kyong Mazzaro nei miei blog, per dovere di trasparenza (legge 241/90) ho voluto personalmente metterla al corrente, così come ho fatto per altri soggetti di cui ho narrato le gesta.
In quel periodo Kyong Mazzaro aveva già cominciato la sua favolosa carriera accademica alla Columbia University, cosicché non è stato difficile reperire la sua email.
Il bello è che quella capra (mai conosciuta una simile demente) non avendo capito chi ero, mi ha pure risposto, ringraziandomi per il pensiero...

Tempo dopo, quando ha visionato il blog ed ha finalmente capito con chi aveva a che fare, si è messa per un certo periodo “in sonno”, scomparendo di punto in bianco dal web (foto, scritti, documenti etc.)
Il testo che segue è l’email che gli ho inviato:

Da:     Kyong Mazzaro (kmazzaro@ei.columbia.edu) Hai spostato il messaggio nella posizione attuale.
Data invio:    lunedì 26 novembre 2012 15:38:15
A:    Gianluca Salvati (g...@...com)

Ciao Gianluca,

Grazie della tua mail. Era da tanto che non ci sentivamo. Qui va tutto bene, spero sia il caso anche per te.
Daro' un'occhiata al tuo blog.

Tanti saluti,
K
________________________________
From: Gianluca Salvati [g...@...com]
Sent: Saturday, November 24, 2012 2:20 PM
To: Kyong Mazzaro
Subject: ciao Kyong

Ciao Kyong,
come te la passi ?

Vedo che ne stai facendo di strada. Mi fa piacere, ovviamente. Io continuo a dipingere e, da qualche anno ho intrapreso anche la strada della scrittura, come puoi ben vedere:

storiadiunquadro.blogspot.com/


arrivederci, salutami il nostro comune amico
Gianluca

p.s. Dunque, se avete una figlia che non è proprio una cima, non disperate: c’è una brillante carriera accademica per lei alla Columbia University di New York...  oh yeah!



Kyong Mazzaro, ex-blogger - AC4, Columbia University



lunedì 19 novembre 2012

Massoneria | Escuela Agustin Codazzi: "Nulla dies sine linea" | Bruno Teodori - Gli speciali del Corriere | Lucia Veronesi

Il cervello negli Usa, il cuore in Italia

"Nulla dies sine linea" - american staffordshire terrier

[...]  Bruno Teodori é il preside della scuola italiana “Agustin Cudazzi” di Caracas , una delle due piú grandi (l’altra é la “Bolivar y Garibaldi”) della capitale, in cui si studia la nostra lingua. Ma la “Cudazzi” é l’unica scuola italiana legalmente riconosciuta. Un osservatorio privilegiato perciò, quello di Teodori, per capire i giovani italovenezuelani.
«Soprattutto quelli della terza generazione hanno stabilito un legame molto forte con l’Italia», dice. «Ce ne accorgiamo dal numero crescente di iscrizioni. É un legame sentimentale che ha tante e intuibili motivazioni. Il richiamo razionale é esercitato invece dagli Stati Uniti».

Murales, acrilici su parete 2010 - Gianluca Salvati

In che senso? Teodori: «Nel senso che la presenza culturale ed economica gli Stati Uniti qui é altrettanto forte. Cosa vuole, sono al di là del Mare dei Caraibi, diciamo un’ora di volo. Moltissimi giovani, venezuelani toutcourt e italovenezuelani, vanno lì a studiare e inevitabilmente ne tornano influenzati, soprattutto dalle dinamiche economiche, e dai tanti aspetti del business possibile». E allora, preside? «E allora, possiamo dire che i giovani italovenezuelani hanno il cervello negli Stati Uniti e il cuore in Italia. Ma non considero questa circostanza una limitazione, anzi».
Perché? «Perché il pragmatismo statunitense unito alla fantasia, all’inventiva e alla sensibilità italiane possono tornare utili a tutti nel momento in cui questi giovani diventeranno dei manager: al Venezuela, agli Stati Uniti e all’Italia. Nell’epoca in cui sono tramontati i nazionalismi culturali e sono stati abbattuti gli steccati ideologici, dobbiamo pensare a un nuovo soggetto sociale che abbia in sè il meglio del passato e il meglio del futuro. Mi sembra che i giovani italovenezuelani, con il cervello negli States e il cuore in Italia, rappresentino quello che cerchiamo».

Paseo por la calle, olio su tela 1997 - Gianluca Salvati

Nella notte tropicale l’aereo fa un lungo giro prima di imboccare la rotta per l’Australia. Caracas è laggiù, foresta di luci che si allontana. La Svizzera dei Caraibi cerca di uscire dalla stagione dei rimpianti: lo fa scommettendo ancora sugli italiani. Solo che questa volta toccherà ai figli e ai nipoti rincorrere il futuro.

La caduta, olio su tela 1996 -  Gianluca Salvati

venerdì 28 settembre 2012

Los escualidos e i media | Massoneria e manipolazione dell'opinione pubblica | Lucia Veronesi

Los escualidos, opposizione imperialista al governo Chavéz, dispongono di grandi risorse economiche e sono presenti su diversi media del Paese, dalla Tv alla radio, da internet ai quotidiani. Il colonialismo culturale, infatti, rappresenta una fetta importante della politica estera americana. I format televisivi e gli articoli sono ovunque gli stessi. 
Per farsene un'idea basta visionare i media che fanno capo al noto piduista Silvio Berlusconi, l'amerikano.  

Los escualidos infatti hanno tante disponibilità ma poca fantasia: sono ripetitivi fino alla noia. Ora, tra quella gentaglia per cui ho lavorato a Caracas, i rappresentanti della Giunta Direttiva del Codazzi, c'era un'alta concentrazione di escualidos. Squallidi e mariuoli. Per quanto molti di essi ostentassero ammirazione per Hugo Chavéz, erano di fatto legati mani e piedi all'opposizione imperialista. Qualcuno vantava anche una rete televisiva facente capo al network de los escualidos
Un vero e proprio branco di chiaviche!
Questo spiega come mai, nonostante la continua ostentazione di beni materiali: auto, abiti, e l'apparente internazionalismo, quella gentaglia vivesse praticamente reclusa dentro ville-bunker, inaccessibili luoghi di lavoro ed esclusivi club tematici... In sostanza, le loro infami vite all'apparenza così brillanti, si svolgevano tra una cerchia molto striminzita di persone a loro simili: la minoranza infame.
In realtà, queste osservazioni sugli affiliati dell'ACE "Agustin Codazzi" di Caracas sono la calzante metafora di tutti los escualidos del mondo: polli di batteria che si credono albatros.

Vita grama de los escualidos sotto la gestione di Anna Grazia Greco

lunedì 28 maggio 2012

Tabù istituzionali | Los escualidos dell'ass. "Agustin Codazzi" e il conto cifrato su banca svizzera, (Credit Suisse – filiale di Lugano)

Le gemelline dell'intrigo sono le factotum di quelle specie di latrine stagnanti che vanno sotto la sigla di associazione culturale senza scopo di lucro Agustin Codazzi di Caracas, cui va doverosamente aggiunto, con conto cifrato su banca svizzera: Credit Suisse - filiale di Lugano.  
Cosa se ne fanno di un conto cifrato quei quattro imbranati del Codazzi? 
Presumibilmente lo adoperano per ripulire denaro sporco, proveniente da attività illecite, traffico di droga e via dicendo o anche per finanziare attività illecite, ladrocini vari e operazioni sotto copertura... Conto cifrato significa che è impossibile risalire ai movimenti di soldi, al nominativo del conto bancario e finanche al nome della banca presso cui i soldi sono depositati.
Nulla dies sine linea, motto massonico dell'ass. Agustin Codazzi di Caracas

sabato 29 ottobre 2011

"L'incidente" a Regresso - autunno 1981

Ritornava a casa dalla messa, suo fratello più grande gli aveva detto che, se aveva freddo, poteva ritornare in macchina con gli altri, il motorino l'avrebbe guidato lui.

Gli aveva risposto di no: era venuto col motorino e con quello sarebbe tornato. Non era affatto freddo, nonostante fossero le 8 di sera. Certamente cominciava a scendere l'umido...

Risalendo la strada di Capodimonte, fu superato, a destra, da alcune macchine che andavano di fretta. Il rombo dei motori disturbava la placida tranquillità della domenica: una nota stonata dato che non c'era traffico e le poche auto procedevano con calma. Quando fu sorpassato da quelle vetture, avvertì una sensazione di freddo, ora si, come attraversando una nuvola. Tirò via i piedi dai pedali e li poggiò sulla pedanina, pochi centimetri più in alto.

Al Regresso, c'era la coda di macchine in attesa che scattasse il verde. A quei tempi il semaforo era azionato da un vigile che manovrava dall'interno di un casotto, una sorta di chiosco verde stinto coi bordi bombati e vetrate da autobus.

Nonostante la carreggiata fosse molto larga, la fila di macchine era tutta a ridosso della doppia striscia. Le auto erano troppo attaccate l'una dietro l'altra, cosicché, non potendo rientrare a destra, fu costretto a proseguire poco oltre la doppia striscia. La strada nell'altro senso di marcia era ancora più larga, avrebbero potuto procedere tranquillamente 3 auto affiancate. Ciononostante avanzò con cautela, tenendosi a ridosso della doppia striscia. Ma il margine di curva non fu sufficiente ad una macchina che scendeva e fu colpito.

L'aveva visto arrivare, spedito e calibrando la traiettoria sullo sterzo come cercando di investirlo. L'ultima immagine che memorizzò prima di cadere, fu la sterzata dell'uomo al volante, dopo una breve controsterzata.
Tutto avvenne con la rapidità del lampo: il tipo che sterzava all'ultimo, con un ampio gesto, l'impatto, il vuoto.
L'asfalto fermò la sua caduta dopo una parabola di un paio di metri. Atterrò sull'avambraccio sinistro, sulla mano destra e sulle punte dei piedi, contemporaneamente. L'attimo successivo era in mezzo al traffico a sollevare il motorino ripiegato al centro della strada. Non vedeva altro, come se il motorino fosse il suo corpo inanimato e lui la sua anima, ed ora fossero separati perché non era sopravvissuto all'impatto...

Notò che il pedalino destro era completamente schiacciato sul carter che, spaccato in quel punto, perdeva olio nero. Come se il motorino sanguinasse...
Lo appoggiò sul ciglio della strada, a ridosso del marciapiedi.

Gli venne incontro suo padre, di corsa, chiedendogli cos'era successo.
Il ragazzino rispose: “Sono scivolato!”.

Il tipo venne fuori dall'auto energicamente, sfoggiando un'ammirevole agilità per la sua stazza. Era sotto la trentina, aveva scarpe di gomma e i pantaloni della tuta da tennis. Un maglione beige copriva la pancia prominente.

L'auto era ferma al centro della strada: di sbieco, la ruota sinistra anteriore era a terra. La macchina era visibilmente di traverso, non allineata all'andamento di marcia. All'interno c'erano alcune ombre di ragazze, tre o quattro, tra i 20 e i 25 anni.
Nonostante l'auto ferma, il traffico non subì rallentamenti e le auto scorrevano indisturbate.
Si avvicinò suo fratello maggiore e alcuni curiosi, tra cui un tipo biondo e lentigginoso: il biondone.

L'autista e suo padre scambiarono frasi di circostanza. L'autista si discolpò: il ragazzo guidava contromano. Parlamentarono un po'. Ad un certo punto il ragazzino scoppiò in lacrime. Aveva realizzato che se non avesse sollevato i piedi sulla pedanina, non sarebbe sopravvissuto all'impatto. Un fremito ondeggiò sulle ombre delle ragazze nell'auto. Il biondone gli disse in dialetto: “E ora perché piangi: non ti sei fatto niente!”. Era vero, non aveva neanche un graffio, ma avvertendo l'ostilità dell'evidenza spicciola nei suoi confronti, si addossò la colpa dell'incidente.
Il biondone ebbe come un senso di sollievo a quelle affermazioni. Guardò l'autista gonfio di soddisfazione, e, se avesse potuto, quel frocione avrebbe sbottato: “Dio è con noi!”. Ma l'autista rimase serio e impassibile.
Durante il confronto con la controparte (o le controparti), il ragazzino si aspettava di veder sbucare il vigile dalla sua tana. Quest'evento non accadde: il vigile rimase rintanato per tutto il quarto d'ora e passa che andò dall'incidente al congedo degli interessati.
Dopo aver parlamentato, stavano andando via quando suo padre richiamò l'autista, per dirgli che il ragazzino non aveva ancora 14 anni.

Era da più di un anno che frequentava quella chiesa giù a Capodimonte.
In quella chiesa si aveva ricevuto il sacramento della prima comunione, dopo anni di catechismo alla parrocchia del suo quartiere.


1° Comunione - Chiesa del Buon Consiglio - ottobre 1979

Di quegli interminabili e pallosi anni del catechismo dai Rogazionisti preferiva non parlare, ma aveva ben chiaro che in quel periodo qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe stato di gran lunga migliore. E poi non aveva mai capito perché le catechiste non lo avevano mai congedato. 
Non aveva fatto un'assenza ed era stato costretto anch'egli a sorbirsi la stessa minestrina annacquata: le chiacchiere che le due bigotte dispensavano a tutti.
Comunque a distanza di qualche mese dalla comunione, una domenica sera si trovò di punto in bianco, dietro suggerimento di sua madre, a servire la messa in quella chiesa di Capodimonte.
L'esperienza gli piacque così il giorno successivo volle ripeterla. Andò da solo, a piedi fino al tempio. In realtà l'ultimo tratto lo fece di corsa, dalla parte senza marciapiede che va da Regresso (il luogo dove avrà "l'incidente") alla chiesa.
Quando vide il sagrestano gli disse che era intenzionato a servire la messa anche quel giorno. Lui gli chiese se non avesse paura ad andare da solo per quelle strade. In effetti, pur non essendo distante da casa sua, la strada per raggiungere la chiesa era quantomeno desolante: non c'erano punti di ritrovo, locali o negozi, ma solo strade e marciapiedi male illuminati. Eppure disse di no, di cosa doveva aver paura? Il sagrestano gli rispose che potevano sapere chi era suo padre.
A quest'affermazione rimase alquanto perplesso, gli sembrava proprio campata in aria, non aveva fatto tanta strada per sentirsi prendere in giro.
E poi chi era suo padre? Un funzionario del Comune di Napoli, senza troppe chance di carriera nonostante i titoli e l'indiscussa professionalità. Il sagrestano si fece pensieroso, era una persona di qualità, misurava le parole e sapeva scherzare senza essere offensivo. Non tornò più sull'argomento, ma si fece sempre scrupolo di aspettare che arrivasse l'autobus quando il ragazzino tornava a casa.

Il giorno dopo "l'incidente", il ragazzino andò a scuola. Aveva gli stessi abiti della sera prima. A Regresso salì su un autobus affollato che l'avrebbe portato al centro. La solita routine, ma quel giorno notò qualcosa di diverso: lo strano silenzio che regnava all'interno del bus. Non era il rumore tipico dei mezzi affollati che prendeva, questo era silenzioso in modo innaturale nonostante fosse pieno di gente... e il silenzio durò lungo tutto il tragitto: gli parve decisamente insolito. Ebbe la sensazione che fossero tutti al corrente di ciò che gli era capitato il giorno precedente, nonostante l'autobus provenisse dalla periferia e lui non conoscesse nessuno da quelle parti. Com'era possibile?

Quel ragazzino ero io.
Tempo dopo mi dissi che avrei ricordato la data di “quell'incidente”.

Sono passati 30 anni esatti da quella domenica sera al Regresso, quest'anno mi ero messo in testa di ricostruirne la dinamica. Avevo un solo problema: non ricordavo più la data esatta.
Ero assolutamente certo che fosse avvenuto di domenica e altrettanto certo che fosse successo a fine ottobre. 

venerdì 9 settembre 2011

Consorterie: la congrega nera del Codazzi | Piero Armenti, l'apprendista e lo strano caso dell'appartamento di M

Una sera del febbraio 2006, ci ritrovammo a casa di M.
Era con noi un altro collega del Codazzi, G., meglio conosciuto come el hombre negro. Dopo un po' ci raggiunse Piero Armenti con la sua ragazza venezuelana. 

Piero Armenti, l'apprendista
Non che fosse stato invitato, ma lui non ne aveva bisogno, abitava casualmente affianco all'appartamento di M.  In quel periodo capitava che, quando ci si incontrava tra colleghi, prendevamo a discutere sulle mosse da adottare contro quegli accattoni della Giunta direttiva del Codazzi. Quella gente era un ammasso di pezzenti come non ne ho mai conosciuti, malgrado il loro conto cifrato su banca svizzera (Credit Suisse, filiale di Lugano) i rapporti privilegiati con le istituzioni italiane e tutto ciò che ne conseguiva.
Per chi non abbia idea di cosa sia un conto cifrato, quando arrivava il bonifico dello stipendio, l'unica informazione disponibile era: accredito da conto estero, o qualcosa di simile, per dirla in breve: trasparenza zero...
Quando venni in possesso di questa informazione, nell'ottobre del 2004, non gli diedi il peso che meritava, non essendo uno spione e non avendo motivi per lamentarmi di quelle persone che conoscevo appena, me ne dimenticai presto. In seguito, quando cominciai a capire con che specie di feccia avevo a che fare e grazie ai loro puerili tentativi di sviarmi dalla prima versione, capii che questa notizia era molto interessante.
Quando terminai di lavorare presso quei gentiluomini, gli feci causa e infine tornai in Italia, ricordo che spesso l'avvocato venezuelano mi chiedeva chi fossero questi signori che portavo in tribunale: “Chi è questa gente ?”. 
 L'avvocato cominciava a nutrire seri dubbi su quel tipo di gentaglia in completo grigio.

Ma in fin dei conti, chi erano questi personaggi ?
Per lo più italiani, immigrati di seconda generazione; in stretti rapporti con le istituzioni italiane; molto devoti (di facciata), al punto da pretendere la preghiera al mattino... Qualche insegnante li accontentava, magari per quieto vivere, ma con me, su questo punto, avevano trovato proprio la persona giusta: “Non siamo in chiesa”, fu la mia risposta. Questione conclusa. 
 
Tra tanti modi che ci sono per avvicinarsi alle religioni, questo di sicuro è quello errato. Ridurre la preghiera ad un'imposizione vuol dire semplicemente esercitare un potere col pretesto della religione. Non si tratta di indottrinamento, ma di vera e propria coercizione. Esercizio di potere fine a se stesso, caratteristica che spiega le affinità della Chiesa con la mafia, e viceversa.
Oltre ad essere dei pezzenti arricchiti, quegli infami senzadio erano anche dei maledetti bugiardi. Tanto per citarne una, quando si trovarono dinanzi al giudice per la mia causa, ebbero la faccia da culo di dire che loro a me non mi conoscevano ( vedi ).
Sapevo di essere un signor Nessuno, ma non fino a questo punto: secondo la loro versione, ero addirittura l'uomo invisibile...

Quando pubblicizzai la loro posizione presso alcuni genitori di miei ex-alunni, notai la meraviglia più completa. Non si capacitavano che degli adulti, responsabili, tra l'altro, di un'istituzione educativa (senza scopo di lucro ndr.), potessero mentire con tanta facilità e altrettanta idiozia.
Ora, c'è chi colleziona tappeti e chi colleziona lattine di birra, quei dementi della giunta del collegio “Agustin Codazzi” di Caracas, sotto il malgoverno di Anna Grazia Greco la fuorilegge, invece, collezionano figure di merda: il mondo è bello perché è vario... 
Tutto ciò con la benedizione del MAE, Ministero Affari Esteri.

Ovviamente questo era solo l'antipasto delle performance di quei mentecatti.
Da lì la domanda mi tornava spontanea: quale cultura ?
Che fossero massoni, non ci piove, lo hanno controfirmato in diverse occasioni. 
Ma, la massoneria, come associazione laica, di stampo progressista, gli era totalmente ignota: quell'aggregato di chiaviche, come ho potuto osservare, era decisamente impostata sul bigotto andante: dunque pura conservazione di un potere sclerotico ed ammuffito... erano una massoneria all'italiana, come evoluzione borghese delle associazioni di tipo mafioso.
Per l'appunto: figli di zoccola anziché figli della vedova...
 
Tornando alla nostra discussione, avremmo preferito dedicarci ad argomenti più lievi, ma quella gentaglia ce la metteva tutta per complicarci l'esistenza, per questo motivo iniziammo a ragionare, davanti a Piero Armenti e alla sua tipa, che non capiva un'acca d'italiano. Normalmente eravamo molto discreti nel trattare le problematiche relative al lavoro, ma Piero Armenti era considerato una persona di fiducia.
Poco dopo, Piero Armenti si eclissò. Si rintanò nel suo appartamento e chiuse la porta a chiave. Quando la sua tipa provò a raggiungerlo, trovò la porta chiusa. I due appartamenti erano ricavati da un'unica casa cosicché Piero Armenti e M. facevano vita in comune, o quasi, ma quel giorno di febbraio, per qualche inspiegabile ragione, il senso della comune hippy si era infranto. 

Lo scorpione della frode
In seguito, venni a sapere dalla sua ragazza che in quell'occasione Piero Armenti si era molto arrabbiato a causa della discussione, a casa di M., su quei dementi senzapatria del Codazzi.
Da cosa scaturisse quell'arrabbiatura, non era dato saperlo, intanto, quel puerile pretesto denotava un aspetto che doveva restare occulto, almeno per me, per diverso tempo ancora. Nondimeno trovai quella scusa una patetica balla: se aveva la necessità di rintanarsi, poteva farlo per tanti motivi, non era necessario giustificarsi con simili banalità...
Forse Piero Armenti, giovane apprendista folgorato sulla via dell'ispirazione, aveva deciso di mettersi all'opera senza distrazioni, a parte la nostra animata discussione che, volendo, poteva comodamente seguire dal suo appartamento...
Già, l'appartamento... a risentire la storia di come M. l'aveva trovato, ci sarebbe da ridere...
Quando M. venne in Venezuela, un anno prima, sapeva di doverlo ad una sua amica che chiamerò C.
C. era stata a Caracas nel 2004 ed aveva lavorato, tramite stage, al Consolato Generale italiano di Caracas (reame di Anna Grazia Greco Greco). Aveva conosciuto Piero Armenti, che lavorava al giornale, La Voce d'Italia, ma era di casa al consolato.
M, aveva fatto domanda al consolato italiano su indicazione di C. ed era stata chiamata a lavorare alla scuola Codazzi poco tempo dopo. Detto ciò, M. non poteva prevedere che in una capitale come Caracas, andasse ad abitare proprio a lato dell'unico contatto italiano che aveva.
In effetti aveva le stesse probabilità di chi, acquistando un biglietto del super-enalotto, vinca al primo tentativo: una possibilità su 3 milioni, o giù di lì. 
Con la differenza che M. non aveva vinto niente, ma si trovò ad abitare vicino a Piero Armenti, e non è certo che questo le abbia portato fortuna.
Di fatto, in quei giorni, (marzo 2005), la meraviglia di M. durò a lungo: non se ne capacitava in nessun modo. A scuola ripeteva: "com'è piccolo il mondo...", e cose simili, ma stentava a crederci lei stessa. 
 Appena pochi giorni prima, invece, quando ancora cercava un'abitazione, ricordo che si lamentava della poca serietà dei proprietari di casa: quando trovava un appartamento, prima le dicevano che lei andava bene come inquilina, poi, alla volta successiva, cambiavano idea senza un motivo. 
In tal modo, le probabilità di abitare vicino a Piero Armenti, l'apprendista, aumentavano in maniera esponenziale... 
Gianluca Salvati 

giovedì 27 gennaio 2011

Regime massonico e propaganda: droga e burundanga | Lonely Planet: una guida riveduta e corretta - La fidanzata di Carlo Fermi

Droga
La presenza di cocaina colombiana in Venezuela è in aumento. Non solo, il paese è uno dei punti di transito della droga diretta in Europa e negli Stati Uniti. Il numero degli abitanti locali coinvolti nel traffico di stupefacenti è in crescita, così come la corruzione e gli altri crimini connessi a questi affari illeciti. Fortunatamente, non è ancora giunta notizia di turisti ai quali sia stata messa addosso della droga per estorcere loro denaro.
[...] Recentemente si sono verificati casi isolati di turisti drogati con la burundanga, una sostanza stupefacente diffusa e prodotta in Colombia. La burundanga è utilizzata dai ladri per privare le loro vittime di qualsiasi capacità di reazione e ripulirle senza incontrare alcuna resistenza. Essendo inodore e insapore, può essere aggiunta praticamente a ogni sostanza (dolci, sigarette, gomma da masticare, alcolici, birra) e pertanto è estremamente facile da somministrare. In caso di situazioni sospette, pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una bibita da una persona appena conosciuta.
tratto da Lonely Planet Venezuela (ed. italiana - settembre 2001)

Burundanga
Il burundanga è un'altra sostanza che è bene conoscere. Si tratta di una droga ottenuta da un albero molto diffuso in Colombia e usata dai ladri per inibire la capacità di reazione delle proprie vittime. Non avendo un odore o un sapore particolari, può essere aggiunta a caramelle, sigarette, chewing gum, liquori, birra - praticamente a tutti i cibi e le bevande.
L'effetto principale di una dose è quello di azzerare la volontà pur lasciando il soggetto del tutto cosciente. A quel punto il ladro può farsi consegnare qualsiasi oggetto di valore dalla vittima, che obbedirà senza opporre resistenza. Sono agli atti numerosi casi di stupro avvenuti dopo la somministrazione del burundanga. Altri effetti sono perdita di memoria e sonnolenza, che possono durare da alcune ore a qualche giorno. Un'overdose può risultare letale.
Il burundanga non viene usato soltanto a danno dei turisti stranieri: ne sono vittime anche molti colombiani, ai quali in questo modo viene sottratta l'automobile o svaligiata la casa.
Pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una birra da un nuovo 'amico'.
tratto da Lonely Planet Colombia (ed. italiana - marzo 2003)

Minerva Valletta, factotum dell'ass. Agustin Codazzi

Una mia conoscente, una psicologa colombiana, mi aveva parlato della burundanga nel 2006 (a Caracas). La psicologa in questione era la fidanzata di un conoscente, Carlo Fermi, un milanese laureato alla Bocconi che lavorava a contratto presso l'ambasciata italiana a Caracas. Secondo la fidanzata colombiana di Carlo Fermi, l'utilizzo di questa sostanza era in aumento esponenziale: come terapeuta, si trovava ad affrontare diversi casi di persone che ne erano state vittime, specialmente in merito agli stupri. Mi disse, tra l'altro, che la burundanga non lascia tracce e spesso veniva utilizzata soffiandola verso la vittima.
Di questo utilizzo della burundanga, somministrata per inalazione, ho avuto conferma nel 2008 da persone del luogo, quando sono ritornato a Caracas. 
Le zone in cui questa sostanza viene utilizzata più spesso, sono soprattutto i centri telefonici con cabine.
Gianluca Salvati

p.s.  neanche un accenno a questa sostanza nell'attuale edizione italiana della guida Lonely Planet Venezuela; si parla degli inconvenienti molto generici e comuni alle grandi città: il traffico, lo smog, questi si che sono pericoli da evitare !! 

mercoledì 1 dicembre 2010

Poco più di un megafono - Anna Grazia Greco & Minerva Valletta

La mia collega al Codazzi, M, era una vera donna di mondo: viveva a casa lo stretto necessario, passando il resto del tempo in giro.

Fin dal suo arrivo a Caracas, nel febbraio 2005, era stata presa in consegna dalla dirigente, Anna Grazia Greco, di cui sembrava essere la dama di compagnia e da Minerva Valletta che nel primo mese di permanenza a Caracas mise a disposizione di M la casa dei propri genitori (o dei suoceri, non ricordo), senza chiedere neanche un minimo di affitto (il tempo per far trovare un appartamento a Piero Armenti, che al Consolato Generale di Caracas, regno di Anna Grazia Greco, la fuorilegge, era di casa: a costui serviva un appartamento da condividere con M, come si vedrà in seguito). 
Ovviamente M era una persona con la coscienza a posto, integra e leale; talmente socievole che parlava e frequentava tutti, dal delinquente di quartiere al diplomatico d'ambasciata. Era, come avrebbe detto Kipling, capace di parlare con il ladro e con il re. Per questo motivo rappresentava, a sua insaputa, un formidabile megafono per chi avesse voluto attingere ad un certo tipo di informazioni. A volte la prendevo in giro per le sue frequentazioni, per lo più gente che non mi andava a genio. Non mettevo in dubbio la sua buona fede, ma avevo il sentore che la sua mondanità potesse essere sfruttata per carpirle informazioni, per esempio sulle mosse che prendemmo durante il secondo anno scolastico (2005/2006) per contrastare le infami decisioni di quei pezzenti della Giunta del Codazzi. Così a volte mi informavo per verificare se qualcuno approfittasse di lei... 
Una volta, era presente una nostra conoscente, Daniela Corrieri, avevo chiesto a M se Minerva Valletta, della giunta del Codazzi (moglie del signor Bagordo, autista all'Ambasciata italiana di Caracas) una che con lei faceva l'amica, avesse fatto domande su di me. 
M rispose che se anche ne avesse fatte, lei avrebbe saputo come dribblarle. In quel momento si intromise Daniela, dicendo che se volevano farla parlare, l'avrebbero fatto, suo malgrado. La risposta spiazzò M, e, devo dire, anche me, ma la trovai più sensata di quanto le fosse consentito. Daniela Corrieri sapeva quel che diceva perché, nonostante fosse poco affidabile, aveva esperienza di queste cose. 
Era stata la compagna di uno che, a quei tempi (2006), faceva parte della scorta personale di Silvio Berlusconi. 

Minerva Valletta

Quando, tempo dopo, mi sono occupato ad apprendere i metodi utilizzati da infami di professione o, solo infami e basta, per estorcere informazioni ad una persona, ho scoperto che in Venezuela viene adoperata una sostanza, la burundanga. Questa droga proveniente dalla Colombia, viene usata, tra l'altro, come siero della verità. Per farla agire è sufficiente aggiungerla, ad esempio, ad una bibita. Anche in Venezuela il suo utilizzo è illegale, ciononostante è risaputo che viene utilizzata. Ne segnala l'utilizzo la guida Lonely Planet, sia quella del Venezuela, sia quella della Colombia. E non è escluso che la si usi anche in Italia, dato che dalla Colombia e dal Venezuela arrivano più note sostanze. Però, va detto: finora nessuna droga ha dimostrato potenzialità ipnotico-anestetiche e maggiore potere di istupidimento della televisione, in particolare quella commerciale...


A questo punto, vorrei spezzare una lancia a favore del Messico. Si parla spesso dei narcos messicani, e finché si fa riferimento al mercato di coca statunitense, il discorso ha un senso. Ma quando si parla dei carichi per il vecchio continente, non si capisce perché la coca debba fare tanti chilometri in più, andando su e giù per l'america centrale (con quello che costano oggi i carburanti, per giunta). Non si fa mai menzione al Venezuela, come se il Paese scomparisse dalle rotte della geografia criminale o da quelle dell'Interpol. E non è chiaro perché: si sa che la coca viene coltivata in Colombia, Hollywood ci ha bombardato di film sull'argomento, ma ci si dimentica di dire che il paese a forte presenza italiana nell'area è il Venezuela (950.000 persone) e che la frontiera di questo paese con la Colombia è estremamente permeabile causa la decennale guerriglia. Logica vuole che la coca europea, gestita dalla 'ndrangheta, parta proprio dal Venezuela, per garantire una logistica appropriata a dei carichi tanto preziosi quanto consistenti, dato il volume d'affari. 

Cricca Codazzi: Minerva Valletta & Anna Grazia Greco

Questo spiegherebbe la necessità di un conto cifrato su una banca svizzera, la Credit Suisse, da parte dell'onorata associazione senza scopo di lucro "Agustin Codazzi", associazione il cui motto è Nulla dies sine linea (da buona tradizione massonica). Tanto per ricordare che le logge infami, come la P2, vanno per la maggiore qui da noi...
Gianluca Salvati

mercoledì 28 aprile 2010

Le vie dell'arte: pittura e massoneria | Il San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci

Alcuni mesi fa ho avuto il piacere di ammirare, per la prima volta, il San Giovanni battista di Leonardo da Vinci. Il quadro era esposto a Milano ed era visibile gratuitamente grazie allo sponsor dell'iniziativa, la multinazionale Eni
Al termine della visita ho posto qualche domanda a una delle guide. Volevo sapere se quel dipinto avesse un particolare significato per i massoni. L'addetta non ha saputo rispondermi, ma si è prontamente inserito un suo collega per contraddirmi, come se la mia curiosità fosse un pretesto per creare fastidi. La mia domanda non era gratuita: la fondazione della massoneria risale al giorno di San Giovanni battista, per questo, sul momento, ho trovato delle attinenze con il quadro di Leonardo da Vinci. Di fatto, sia le guide che alcuni visitatori si sono premurati di affermare che quel quadro di Leonardo è un quadro religioso: “c'è anche la croce...”, ha aggiunto una signora.
Evidentemente devo avere la testa dura, perché non mi tornavano i conti. Ma la versione bigotta di Leonardo, malgrado il parere di preti e politici, mi sembrava una vera e propria minchiata. Un artista del suo calibro, genio universale, non poteva essere così naif da credere a tali favolette. Uno che ha sperimentato in prima persona l'ambiente insidioso della corte papale, dove lo si accusava di stregoneria, doveva aver ben chiara la differenza che c'è tra il fare e il predicare. A Roma, Leonardo non solo non ha avuto la possibilità di lavorare, ma poco ci mancava che lo nominassero buffone di corte. Per questo motivo, accettò l'invito del re di Francia a lavorare presso di lui. La fuga di cervelli dall'Italia è cominciata proprio con Leonardo da Vinci. Un genio che il mondo intero ci invidia, in fuga da un potere retrogrado e bigotto.


San Giovanni Battista, part. olio su tela - Leonardo da Vinci

Pochi giorni dopo, il dubbio mi si è risolto, complice un fascicolo allegato alla rivista Art e dossier sul disegno di Leonardo (autore Carlo Pedretti), al cui interno c'è un disegno molto eloquente, poco dissimile dal San Giovanni battista visto a Milano. La differenza consiste nella simbologia: anziché la croce e i simboli dell'eremita, il protagonista, nudo, mostra un'erezione. Dunque: Leonardo da Vinci ha tenuto con sé per tutta la vita il quadro di un suo amante. Un'immagine paganeggiante, benché travestita di simboli cristiani.

A quel punto i conti mi sono ritornati. Ho capito che certa gente non perderà mai il vizio di mistificare la realtà e manipolare le masse: sarà per questo che sono molto orgoglioso del mio relativismo.
Gianluca Salvati

Non credo in niente, non ho paura di niente: sono libero.
Nikos Katantzakis


San Giovanni Battista è stato utilizzato entro una certa linea d'interpretazione della storia della Massoneria come una prova della sua stretta affinità con società esoteriche attive molto prima del 1700 e del suo accesso ai relativi segreti. Il Santo infatti godeva di particolare venerazione da parte dei Templari (in questa linea interpretativa sopravvissuti alla loro soppressione ufficiale) e dei Rosa-Croce.

La Massoneria – Il vincolo fraterno che gioca con la storia. Edizioni Giunti
 

 

gianluca salvati

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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