Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
Visualizzazione post con etichetta Anna Grazia Greco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Anna Grazia Greco. Mostra tutti i post

lunedì 31 ottobre 2016

Sanitas Venezuela: l'avvelenamento

Il 27 settembre 2004 presi ad insegnare alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Il mese seguente percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la. dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da  laggiù...

Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.
Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrisse diversi medicinali e una serie di analisi.

Prescrizione Sanitas - 4 gennaio 2005


Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.


Prescrizione Sanitas, retro - 4 gennaio 2005


Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...


Caribe e vitamina C...


Caribe e vitamina C... | Nei primi tempi di permanenza a Caracas, nell’autunno del 2004, cominciai a lamentare una diffusa debolezza. Essendo uno che non fa mistero delle proprie vicissitudini, ne parlavo con le colleghe. A un certo punto mi avvicinò la vecchia cariatide, quella baldracca, per dirmi che, a noi europei, il clima caraibico poteva giocare questi scherzi... In tal caso, aggiunse l’ex dipendente del Consolato Generale di Caracas, bisognava integrare la dieta con un maggiore apporto di vitamina C...
Vero che si era al Tropico, ma Caracas ha un clima formidabile, nulla a che vedere con tanti altri luoghi dove ho vissuto. Inoltre dalle parti del Codazzi si viveva praticamente immersi nel verde.
Ad ogni modo,  nei giorni seguenti acquistai della vitamina C in compresse masticabili e cominciai ad assumerne una o due al giorno. Quando il puttanòn mi rivide, riprese a domandare della mia salute, che effettivamente era migliorata e glielo confermai. Cosicché il vecchio truiùn se ne andò soddisfatto.

Ora, a distanza di tempo, sono certo che il mio peggioramento dipendesse da non meglio specificati additivi, aggiunti, a mia insaputa, ai pasti che consumavo. Da una parte il coinquilino, dall’altra la scuola, che aveva un servizio mensa e bar, e neanche lì scherzavano...
Oggi ho la plastica certezza che le cose siano andate proprio in questo modo. 
Il bagasciùn aveva il ruolo di sincerarsi che la “cosa” non sfuggisse di mano...
Di certo avevo fatto bene a lamentarmi del mio stato di salute, quando tornai dopo le vacanze di Natale, reduce dall’avvelenamento, la maggioranza delle persone decenti che c’erano a scuola, avevano già capito di cosa si trattava, altro che vitamina C...

https://plus.google.com/107300685509941252849/posts/8mF35D5hs8z

Il lavoro allegato in basso, una stampa e tecnica mista su carta,  spiega bene come mi sentivo in quei giorni; la sua realizzazione risale a pochi giorni prima dell'avvelenamento.

Tra l’altro, quando venne il rappresentante di Sanitas Venezuela per farmi firmare il contratto (ottobre 2004) con la sua assicurazione sanitaria, ricordo che mi fece una serie di domande sui miei acciacchi vicini e lontani. Ebbene per la prima volta ebbi la netta sensazione che dare notizie del genere a quel personaggio lì era una cosa sbagliata. Per quanto quel tipino fosse vestito in maniera impeccabile, intuivo che quelle informazioni così personali andavano nelle mani sbagliate.
Invece col puttanòn questo allarme non mi scattava, perché il truiùn sapeva controllarsi decisamente meglio: aveva passato una vita a simulare praticando uno dei mestieri più antichi al mondo e a quei tempi aveva maturato una discreta esperienza. Oltre ad una meritata pensione del Consolato Generale di Caracas, ovviamente.

https://plus.google.com/107300685509941252849/posts/KEdhk6H8tHS


What about the fucking human rights? dic. 04

Kyong Mazzaro: international aid and violent conflict - Columbia University

Post tutto da scrivere... ma già assai indicativo di quel giorno, il 28 agosto 2008, quando ho finalmente capito con che specie di gentaglia avevo a che fare... a partire dalla giovane, ma alquanto scafata bagascia, Kyong Mazzaro, al relitto umano dalle velleità poetiche Antonio Nazzaro, fino al fascistello Andrea Dorado.
Costoro, come altri ambigui personaggi presenti a Caracas,  erano alle strette dipendenze della Greco (di fatto più burattini che dipendenti) Anna Grazia: una squallida mafiosa al Ministero degli Affari Esteri.
Altro che quote rosa: quote mafiose...


Kyong Mazzaro - Caracas, 28 agosto 2008 

sabato 15 ottobre 2016

Daniele Marconcini - PD regione Lombardia

O anima cortese mantovana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto il mondo lontana,
l'amico mio, e non della ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volt'è per paura;
e temo che non sia già sì smarrito.
   La Divina Commedia, Inferno: Canto II - Dante Alighieri


Daniele Marconcini - PD regione Lombardia - ex dipendente Eni

sabato 8 ottobre 2016

Il figlio di Bin Laden e i siti porno

Come ho già scritto, nel periodo dopo l'avvento della Commissione interministeriale capitanata dal guitto di regime, Paolo Scartozzoni, cominciai a sentirmi piuttosto incomodo. Ero stato l'unico a muovere delle critiche nei confronti di quegli stura-cessi nati della cricca Codazzi, agli ordini della Greco. Il mio finto amico, il collega che aveva sostenuto le stesse rimostranze, era rientrato in Italia, senza alcun particolare motivo. Ed io mi sentivo sempre molto "osservato". Ovunque andassi nella scuola, vedevo teste che si giravano, neanche fossi stato il figlio di Bin Laden, che a quei tempi era piuttosto popolare.

Mi dicevo che me la stavano facendo pagare per via delle mie osservazioni alla commissione interministeriale e avevo ragione soltanto a metà.

Avevo rimosso troppo rapidamente quanto mi era accaduto nel dicembre del 2004 quando, una volta in piedi, avevo voluto credere alla patetica storiella che mi avevano propinato alla Clinica Sanitas di Plaza Altamira. Una storia che faceva acqua da tutte le parti e appena ho provato a verificarla si è disciolta come neve al sole: avevo avuto un dengue emorragico. Non c'era una sola affermazione valida in quelle chiacchiere.

Anche la pagliacciata della commissione ministeriale - da attribuirsi principalmente al pagliaccio di Stato, Paolo Scartozzoni, perché le altre persone rimasero al loro posto - era l’ennesimo tentativo di intorbidire ulteriormente le acque.

Fortunatamente la proverbiale stupidità della gente per cui lavoravo, universalmente riconosciuta anche fuori dai confini nazionali, mi risollevò da quella penosa situazione. Dopo un paio di mesi di "trattamento", accadde un fatto talmente eclatante che smisi automaticamente di essere il centro dell'attenzione.

Era venuto in mio aiuto, si fa per dire, il fidanzato della Greco (Anna Grazia, fuorilegge per passione), il prof di informatica che teneva corsi per tutte le classi. Il tipo, tale Fabrizio, era l'unico prof  proveniente dall'Italia a vantare un contratto. E che contratto, prevedeva alloggio in hotel di lusso e viaggi aerei spesati mensilmente! Neanche fosse stato un nababbo arabo! Noialtri, invece, si lavorava in nero, malgrado avessimo fatto presente l'irregolarità contrattuale alla commissione ministeriale guidata dal pagliaccio di regime, Paolo Scartozzoni, nel marzo del 2005.

Tornando al Fabrizio, l'amichetto della Greco, quello dal mega-contratto, accadde che, durante le sue ore, un bambino di 4ª elementare aveva preso  navigare su siti porno. Per questo motivo si era  organizzato portandosi un'intera lista di siti da visitare, come riportato dalla collega.

Il sig. Fabrizio era uso, quando lavorava, starsene seduto ad un computer pensando agli affari propri, ma non dopo aver distribuito giochini per tutti.

Dunque, se notò qualcosa, non lo diede a vedere. Né si sentì in dovere di intervenire quando una bambina gli disse del compagno che guardava siti vietati. Il prof le rispose senza scomporsi: "Se vuol mettersi quelle cose in testa...", come se la cosa non lo riguardasse.
E in effetti, il sig. Fabrizio da privilegiato qual era, si preoccupava unicamente di salvaguardare i propri interessi, impegnandosi meno del necessario.

Il giorno dopo ci fu una sollevazione di genitori. Lo scontento durò qualche giorno dopodiché fu messo tutto a tacere.

Da quel giorno però, magicamente, smisi di essere il figlio di Bin Laden per ridiventare un semplice cittadino. Quando passavo io, le teste non si giravano più: evidentemente c'erano problemi più seri a cui pensare...


Das Bin Laden Sohn, 2013 - penna su carta

Mafia Connection | Un’indiscrezione da Caracas

Il nostro uomo ha colpito ancora, grazie a lui, oggi sappiamo perché nell’anno scolastico 2005/06, noi insegnanti alla scuola “A. Codazzi” non siamo stati pagati per ben 4 mesi. La dirigente, Anna Grazia Greco, aveva effettivamente dirottato l’intera cifra del finanziamento ministeriale (140.000 euro) su un’altra scuola, la “Bolivar y Garibaldi”.
Il motivo di tale comportamento è semplice: verso maggio 2005 il fidanzatino della Greco aveva lasciato che alcuni alunni di 4^ della scuola primaria visionassero siti pornografici durante la sua lezione di informatica.
Per questo motivo c’era stata una sollevazione dei genitori di quella classe, protesta legittima, ma prontamente soffocata in base a non meglio specificati principi pedagogici...
In seguito però, i corsi del fidanzatino della Greco erano stati rifiutati dalla Giunta Direttiva della scuola (settembre 2005) dato il suo comportamento per nulla professionale.
Di lì prende piede la ripicca “istituzionale”, di stampo fascio-massonico, della Greco.
Ora, trovo assai curioso che una persona come Anna Grazia Greco, con un filo diretto con il governo, perché solo questo spiega la nonchalance con cui costei poteva movimentare il danaro pubblico, non trovasse alcun modo per regolarizzarci. Ho passato 2 anni lavorando presso quella scuola, con una tale dirigente, senza vedere lo stralcio di un contratto. La vicenda in sé mi ricorda più “Mafia Connection” (oppure ‘ndrangheta connection), anziché un paese democratico.
Ora capisco perché la denuncia da me presentata al Tribunale di Caracas contro quella gentaglia ha creato tanto scalpore scatenando una valanga di omertà e insabbiamento: significa che gli è andata direttamente a “quel servizio”... 


Istituzioni che beneficiano del finanziamento ministeriale - Caracas

martedì 27 settembre 2016

Marisa Bafile - La vecchia cariatide e la cricca Codazzi

L'articolo che segue, a firma Marisa Bafile, risponde ad una sottile "provocazione intellettuale" della vecchia cariatide, ex dipendente del Consolato Generale di Caracas. Quel vecchio puttanon, infatti, alla data dell'articolo, aveva decisamente rimosso lo scandalo e gli sprechi derivanti dalla pessima gestione della scuola da parte della dirigente Anna Grazia Greco, nonostante risalissero a pochi mesi prima. 

Quando si parla a sproposito di privilegi...

I cavalieri inesistenti” della Scuola Codazzi

Sono loro quelli che ogni mattina ricevono nelle aule centinaia e centinaia di ragazzi, sono loro quelli che hanno il compito di trasmettere la cultura e la lingua italiana, sono loro quelli che hanno l’enorme responsabilità di seguire i nostri figli nel difficile cammino della crescita. Eppure i professori della scuola Agostino Codazzi, assunti in loco contano tanto poco per l’Italia che con un’ironia amara sono stati paragonati al “cavaliere inesistente” di Italo Calvino.

E la remunerazione che ricevono per le ore che trascorrono nelle nostre aule avvicina il loro lavoro ad un’opera di volontariato. Gli unici contributi che arrivano dal governo sono finalizzati al pagamento di lauti stipendi per pochissimi professori che vengono dall’Italia mentre tutti gli altri, quelli che davvero hanno a cuore la scuola, quelli che hanno preparato generazioni di studenti e sono per tutti noi amati punti di riferimento, ecco, quelli hanno diritto a guadagni tre o quattro volte inferiori.

In numerose occasioni è stato posto il problema alle autorità competenti. Inutilmente. Un silenzio che ha il sapore amaro dell’indifferenza è stata la risposta alle varie proposte presentate con la speranza di trovare una strada per restituire giusta dignità all’operato del corpo docente locale.

La scuola puó accedere ad ulteriori finanziamenti solo per progetti specifici. Nella pratica questo si traduce nel pagamento della persona inviata ad hoc dall’Italia. Per i professori locali non é previsto nessun apporto. Eppure dovrebbe essere piú importante offrire condizioni di lavoro degne ai docenti piuttosto che avviare specifici progetti che, seppur importanti, non sono essenziali per la formazione degli studenti.

Ma ciò che fa ancora più male è che questi professori vengono snobbati come se fossero docenti di serie B, come se non sapessero parlare l’italiano, come se non avessero le carte in regola per l’insegnamento. Ed invece sono tutti laureati, hanno l’abilitazione, sono italiani, anzi, alcuni hanno esclusivamente il passaporto italiano e, soprattutto, possono vantare anni di esperienza. Se consideriamo che insegnare dovrebbe essere qualcosa di più del semplice atto di inserire qualche dato nella memoria dei ragazzi, possiamo facilmente capire che un “nostro” insegnante può seguire molto meglio i figli degli italo-venezuelani perchè conosce la cultura sia dell’Italia che del Venezuela, perchè ama sia l’Italia che il Venezuela, perchè a sua volta é genitore di ragazzi che studiano e crescono in questa città. Compito meno facile per chi arriva dall’Italia senza conoscere nè la cultura nè la lingua del paese e il più delle volte senza esperienza di insegnamento.

  Sarebbe tutto più semplice se i funzionari che hanno il compito di aiutare a crescere la scuola Codazzi cercassero davvero di capirla, amarla e valorizzarla. Sarebbe piú facile se decidessero lavorare insieme al corpo docente, se si preoccupassero di conoscerne capacitá e potenzialitá. In quel caso, ne siamo certi, si riuscirebbe tutti insieme a trovare qualche soluzione. Purtroppo invece la Codazzi, pur essendo l’unica scuola realmente italiana, l’unica che fa capo ad un’associazione civile senza fini di lucro, l’unica riconosciuta dall’Italia che ne ha riconfermato la parità l’anno scorso dopo una ennesima ispezione del Ministero, é penalizzata rispetto ad altre scuole che invece sono venezuelane, sono private e si limitano a impartire corsi di italiano.

Ma se é vero che la Codazzi é una delle piú importanti istituzioni della collettivitá, che gli insegnanti locali sono un patrimonio di tutti perché é a loro che affidiamo, con fiducia, la preparazione e formazione dei nostri figli, allora non possiamo aspettare che gli aiuti ci piovano dal cielo. Tocca a noi assumerne le difese.  
Marifa Bafile e la Cricca Codazzi - La Voce d'Italia

lunedì 27 giugno 2016

Enrico De Simone: Cricca Codazzi, la protesta dei professori | La Voce d'Italia

CARACAS – I sei docenti reclutati in Italia dall’istituto scolastico Agustin Codazzi sono in agitazione per il ritardo con cui vengono loro corrisposti gli stipendi. Con due missive indirizzate una al consiglio direttivo della scuola, l’altra al consolato italiano di Caracas, i professori italiani hanno comunicato che se entro il 15 gennaio non gli verrà corrisposto quanto dovuto, entreranno in sciopero. Abbiamo parlato della questione col professor Francesco Pellegrino, membro del consiglio direttivo della scuola Codazzi. Pellegrino riconosce senza riserve le ragioni dei sei docenti italiani; il ritardo nei pagamenti, spiega, è dovuto alle difficoltà sorte con l’introduzione, in Venezuela, del blocco del cambio e al fatto che il contributo che lo Stato italiano versa alla Codazzi è stato incassato da poco. Però la soluzione del problema, assicura, è vicinissima; tempo qualche settimana, garantisce, e verranno versati ai docenti non solo gli arretrati, ma anche un congruo anticipo sulle restanti mensilità da qui alla fine dell’anno.
Pubblicato il 12 gennaio 2006 da Enrico De Simone - La Voce d'Italia (13/1/06)


giovedì 16 giugno 2016

La brillante carriera universitaria di Kyong Mazzaro

Quando l'ho conosciuta, nella seconda metà di agosto del 2008 a Caracas, Kyong Mazzaro svolgeva una non meglio specificata attività di blogger. Assieme a lei, sempre in qualità di blogger, operava un tipo assai squallido e ambiguo, tale Andrea Dorato. (Non mi meraviglierei di apprendere che costui lavori per i servizi segreti). 
La "strana coppia" di blogger si incontrava presso il domicilio di Antonio Nazzaro, "poeta" ed altro ancora. Tale "poeta" mi era stato presentato nel maggio del 2006 al Centro Culturale Italiano di Caracas, dove lavorava.
Nel mese di settembre 2008, la Kyong Mazzaro si trova in italia, all'università La Sapienza di Roma. L'ateneo La Sapienza è venuto alla ribalta di recente per un suo impiegato che, alla fine degli anni novanta, aveva sparato ad una studentessa, uccidendola. 
Il fatto era avvenuto all'interno dell'università secondo modalità, a dir poco, improbabili. Ebbene, quell'impiegato-sceriffo è ricomparso come professore di scuola superiore. Fortunatamente, il clamore suscitato dalle polemiche è stato tale da indurre il neo prof a ritirarsi.
Ritornando a Kyong Mazzaro, alcuni mesi dopo è approdata in un tempio della cultura yankee: la Columbia University di New York. Ovviamente, neanche le istituzioni statunitensi sono questi baluardi di indipendenza del pensiero, immuni cioè dalle lusinghe del potere, altrimenti una come Kyong Mazzaro, dalle chiare origini massoniche, non avrebbe trovato posto neanche come addetta alla raccolta dei rifiuti.
Ma come fa ad operare Kyong Mazzaro in una istituzione universitaria che, malgrado i suoi compromessi col regime, resta pur sempre una fucina di alta conoscenza? 

In maniera molto semplice, ed anche abbastanza scontato per la realtà italiana: 
  • il capo di Kyong Mazzaro fa finta di non accorgersi della sua pochezza intellettiva, oltre che umana; 
  • la maggior parte del lavoro viene svolto da assistenti professionalmente preparati e flessibili, cioè sottopagati e non riconosciuti. I moderni schiavi...
In tal modo la giovane Kyong Mazzaro, devota di Anna Grazia Greco (altra notoria capra), può ostentare un curriculum accademico di tutto rispetto. Solo sulla carta, però...

Kyong Mazzaro - AC4 Columbia University, New York

giovedì 24 marzo 2016

M come megafono: burundanga

La mia collega al Codazzi, M, era una vera donna di mondo: viveva a casa lo stretto necessario, passando il resto del tempo in giro.
Fin dal suo arrivo a Caracas, nel febbraio 2005, era stata presa in consegna dalla dirigente, Anna Grazia Greco, di cui sembrava essere la dama di compagnia e da Minerva Valletta che nel primo mese di permanenza a Caracas mise a disposizione di M la casa dei propri genitori (o dei suoceri, non ricordo), senza chiedere neanche un minimo di affitto (il tempo per far trovare un appartamento a Piero Armenti, ovvero un appartamento da condividere con M, come si vedrà in seguito). 
Ovviamente M era una persona con la coscienza a posto, integra e leale; talmente socievole che parlava e frequentava tutti, dal delinquente di quartiere al diplomatico d'ambasciata. Era, come avrebbe detto Kipling, capace di parlare con il ladro e con il re. Per questo motivo rappresentava, a sua insaputa, un formidabile megafono per chi avesse voluto attingere ad un certo tipo di informazioni. A volte la prendevo in giro per le sue frequentazioni, per lo più gente che non mi andava a genio. Non mettevo in dubbio la sua buona fede, ma avevo il sentore che la sua mondanità potesse essere sfruttata per carpirle informazioni, per esempio sulle mosse che prendemmo durante il secondo anno scolastico (2005/2006) per contrastare le infami decisioni di quei pezzenti della Giunta del Codazzi. Così a volte mi informavo per verificare se qualcuno approfittasse di lei... 
Una volta, era presente una nostra conoscente, Daniela, avevo chiesto a M se Minerva Valletta, della giunta del Codazzi (moglie del signor Bagordo, autista all'Ambasciata italiana di Caracas) una che con lei faceva l'amica, avesse fatto domande su di me. M. rispose che se anche ne avesse fatte, lei avrebbe saputo come dribblarle. In quel momento si intromise Daniela, dicendo che se volevano farla parlare, l'avrebbero fatto, suo malgrado. La risposta spiazzò M, e, devo dire, anche me, ma la trovai più sensata di quanto le fosse consentito. Daniela sapeva quel che diceva perché, nonostante fosse poco affidabile, aveva esperienza di queste cose. Era stata la compagna di uno che, a quei tempi (2006), faceva parte della scorta personale di Silvio Berlusconi

Minerva Valletta

Quando, tempo dopo, mi sono occupato dei i metodi utilizzati da infami di professione o, solo infami e basta, per estorcere informazioni ad una persona, ho scoperto che in Venezuela viene adoperata una sostanza, la burundanga. Questa droga proveniente dalla Colombia, viene usata, tra l'altro, come siero della verità. Per farla agire è sufficiente aggiungerla, ad esempio, ad una bibita. Anche in Venezuela il suo utilizzo è illegale, ciononostante è risaputo che viene utilizzata. Ne segnala l'utilizzo la guida Lonely Planet, sia quella del Venezuela, sia quella della Colombia. E non è escluso che la si usi anche in Italia, dato che dalla Colombia e dal Venezuela arrivano più note sostanze. Però, va detto: finora nessuna droga ha dimostrato potenzialità ipnotico-anestetiche e maggiore potere di istupidimento della televisione, in particolare quella commerciale...
A questo punto, vorrei spezzare una lancia a favore del Messico. Si parla spesso dei narcos messicani, e finché si fa riferimento al mercato di coca statunitense, il discorso ha un senso. Ma quando si parla dei carichi per il vecchio continente, non si capisce perché la coca debba fare tanti chilometri in più, andando su e giù per l'america centrale (con quello che costano oggi i carburanti, per giunta). Non si fa mai menzione al Venezuela, come se il Paese scomparisse dalle rotte della geografia criminale o da quelle dell'Interpol. E non è chiaro perché: si sa che la coca viene coltivata in Colombia, Hollywood ci ha bombardato di film sull'argomento, ma ci si dimentica di dire che il paese a forte presenza italiana nell'area è il Venezuela (950.000 persone) e che la frontiera di questo paese con la Colombia è estremamente permeabile causa la decennale guerriglia. Logica vuole che la coca europea, gestita dalla 'ndrangheta, parta proprio dal Venezuela, per garantire una logistica appropriata a dei carichi tanto preziosi quanto consistenti, dato il volume d'affari.
Questo spiegherebbe la necessità di un conto cifrato su una banca svizzera, la Credit Suisse, da parte dell'onorata associazione senza scopo di lucro "Agustin Codazzi", associazione di accattoni dediti al riciclaggio, il cui motto è Nulla dies sine linea (da buona tradizione massonica). Tanto per ricordare che le logge infami, come la P2, vanno per la maggiore qui da noi...

lunedì 21 marzo 2016

La ragazza di Piero Armenti e la casa del duende | Figli di MM

Henri Charriere (Papillon), a Sabana Grande - Caracas

Henri Charriere descrive, nel suo libro Papillon, il popolo venezolano come "affascinante e superstizioso". La tipa di Piero non faceva eccezione, anche lei aveva le sue credenze magiche e superstiziose. Una di queste credenze riguardava uno spirito selvatico, una sorta di elfo, chiamato duende.
Con i suoi "hermanitos" si recava regolarmente in una casa abbandonata sul monte Avila, la casa del duende, restandovi alcuni giorni. Da quello che mi diceva, il suo era un modo per ricaricarsi: è risaputo che il contatto con la natura ha effetti benefici sull'organismo, anche se la gente che frequentava aveva lo sballo come massima aspirazione.
La prima volta che la ragazza di Piero mi parlò della casa del duende, e della necessità di staccare da Caracas, ci stavamo frequentando da poco. Ci saremmo separati per qualche giorno perché per lei quello spazio era importante. Mi aveva anche  tranquillizzato: gli "hermanitos" la rispettavano; ma la situazione nel complesso non mi piaceva. E non per me, ma per lei.
Col tempo ho capito che quei personaggi poco credibili certamente la rispettavano, quando era sobria e cosciente. Ma non c'è dubbio che quelle riunioni in luoghi appartati avessero una finalità puramente manipolatoria nei suoi confronti. Quando la gorda ritornò a Caracas notai che aveva una cicatrice su un gluteo. La mia esperienza mi diceva che quella ferita se l'era procurata cadendo sull'estremità di un ramo. Dal tipo di taglio capivo che la tipa di Piero non aveva i pantaloni quando se l'era procurata. Alla domanda su cosa le fosse accaduto mi rispose che non se lo ricordava.

Non molto tempo dopo, venni a conoscenza del fatto che alcuni "hermanitos" erano figli casuali di militari italiani (della Marina Militare, se ben ricordo), di padri che non avevano mai conosciuto. Altri hermanitos avevano origine europea (Spagna).  In effetti avrei potuto anche arrivarci da solo: costoro esibivano fisionomie piuttosto familiari, il fatto che fossero dei figli di puttana lo avevo già capito, restava solo da stabilire fino a che punto...

venerdì 18 marzo 2016

Illegalità nella Pubblica Amministrazione

Nell'estate del 2008, prima di partire per Caracas, tornai a Napoli per sbrigare un paio di faccende. Dovevo recuperare dei documenti e parlare con Franco Chirico.

Tra i documenti da portare c'erano i due attestati conseguiti all'estero, dato che il punteggio di quel periodo di insegnamento non mi era stato ancora riconosciuto. Inoltre presi la mia radiografia panoramica dei denti. Per non dimenticare nessuno di questi documenti, ebbi l'accortezza di metterli via quasi subito: furono le prime cose che sistemai in borsa.

Quando giunsi a Como, il 14 agosto, lasciai queste carte nelle loro buste sulla libreria dove rimasero del tempo. Quanto tempo siano rimaste lì, non mi è dato saperlo. Credo pochi giorni, forse una decina. Infatti, nel gennaio del 2009 e solo allora, ho scoperto che alcuni di quei documenti, la radiografia e l'attestato di lavoro rilasciato dal Consolato generale di Caracas e firmato dalla Greco (Anna Grazia, la fuorilegge ndr), non c'erano più.



Il 18 agosto partivo per Caracas, rientrando a Como solo il 24 settembre. E dato che mi aspettavano altre novità, non ebbi tempo, né voglia di mettere mano a quelle carte.

In sostanza mi trovai misteriosamente escluso dalle graduatorie, e dunque senza lavoro, di punto in bianco, e senza un perché.

A scuola non ne sapevano niente, o almeno questa era la loro versione.

Al Provveditorato di Como, la solerte impiegata mi disse che neanche lei ne sapeva niente, ovvero che il motivo della mia esclusione dalla graduatoria era dovuto all'aggiornamento manuale fatto dai colleghi inseriti con riserva. La zelante dipendente della Pubblica Amministrazione mi disse che era "...successo anche ad altri...", e la colpa era dovuta ad un errore "del computer..."  E come si agitava per convincermi...

La sede del provveditorato di Como


Ora, non sono proprio uno sprovveduto. Ho lavorato per circa un anno a fianco di ingegneri ed informatici e una certa idea di come funzioni un archivio me la sono fatta. Inoltre ho vissuto e lavorato all'estero per più di tre anni, anche lì senza grandi sforzi una certa esperienza l'ho maturata. Eppure, una cazzata più grossa di quella sparata quel giorno dalla irreprensibile impiegata del Provveditorato di Como, non l'ho mai sentita. Né a Napoli, né altrove nel mondo.

Una cosa proprio fuori da ogni umana immaginazione.

Eppure, ho voluto verificare lo stesso, sono una persona ragionevole e che sa ascoltare. Ebbene quello che ne è venuto fuori è che un fatto simile, l'esclusione dalle graduatorie, poteva essere solamente DOLOSO. 
Dunque l'impiegata modello, quel fulgido esempio di trasparenza, stava parando il culo a qualche figlio di puttana (curnùt e impotente) che si era preso la briga di andarmi a cancellare dalla graduatoria.



Dunque mi trovavo senza lavoro: una situazione davvero spiacevole, specie quando avviene con queste modalità così, come dire, truffaldine. In totale spregio delle più elementari norme.

Come se non bastasse ero anche senza copertura della disoccupazione. Infatti, benché fossi andato regolarmente a presentare domanda nei tempi presso la sede Inps di Como, l'impiegata cui feci richiesta, una donna corpulenta e bionda di mezza età, mi rispose che non mi spettava: non avevo maturato i due anni dal primo stipendio. E invece, l'anno successivo vengo a sapere che ne avevo diritto già da almeno 5 anni! Infatti i miei primi contributi risalgono al 2002.

La sede dell'Inps di Como
 
Non lavoravo, non avevo sussidi e dovevo pagare l'affitto. 

In un certo senso si era avverata la previsione di quel venditore ambulante di calzini alla stazione di Napoli il 24 settembre 2008. 
Il tipo era salito salito sul treno per propormi la sua merce. Gli avevo risposto che non avevo soldi e lui aveva detto che glieli avrei pagati entro 15 giorni, quando sarei ritornato... Ha continuato ad insistere su questo tono finché non ho alzato le braccia, come a dire che mi aveva rotto i cosiddetti... a quel gesto il bellimbusto, nonostante i tatuaggi e il look da pregiudicato, non è rimasto un attimo più sul treno scomparendo letteralmente alla mia vista. 
Come tutti gli spacconi, al momento della verità si era dimostrato un coniglio...

A ripensarci quel frocetto era troppo tirato e palestrato per essere un semplice ambulante di calzini. E allora chi era quel ricchioncello
Uno sbirro in borghese in vena di spiritosaggini? Un finanziere in incognito al soldo delle 'ndrine? Non mi raccapezzo mai abbastanza dell'elevato livello di corruzione raggiunto in Italia: i rappresentanti istituzionali non ne sono affatto immuni...

Con quel poco invidiabile bagaglio, sono ritornato a Napoli a sbrigare il ricorso per quei disonesti contapalle del Provveditorato di Como.

Di lì ho ripreso a lavorare a metà dicembre. Poi ci sono state le vacanze di natale ed eccomi, la prima settimana del gennaio 2009, a rimettere le mani su quei documenti.

Ero ancora a Napoli il 19 settembre quando mio fratello aveva provato a chiamarmi dalla Spagna, dove viveva, sul cellulare.

Il mio cellulare squillava, ma io l'avevo lasciato a Como più di un mese prima, alla partenza per Caracas. Quando tornai, trovando tutto apparentemente in ordine non ci diedi importanza. Poi,  resomi conto che mancavano i documenti mi ricordai... 
Anche se, nel complesso, mi sembra poco sensato che i documenti siano spariti in quella data, quando cioè ero già in Italia e relativamente al sicuro. Penso in particolare alla radiografia, che senso aveva farla sparire il 19 settembre? Ero rientrato da Caracas da più di 15 giorni, dove effettivamente qualche rischio lo avevo corso.

In effetti tutto quello che potevano fare quei miserabli merdaioli della cricca di Anna Grazia Greco, l'hanno fatto. E anche a Caracas hanno fallito definitivamente. Il massimo che sono riusciti a ottenere è farmi un megapompino...

Nel complesso mi ritengo abbastanza soddisfatto del trattamento, ma confido che col tempo costoro possano ancora migliorare la tecnica... 

sabato 12 marzo 2016

Disegno a linea continua: la ragazza di Piero Armenti e l'artista di strada







 Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio.

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti
Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.

C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


Io e la ragazza di Piero Armenti - disegno a linea continua


Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo...

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.
Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine.
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu.
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio".
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...

mercoledì 3 febbraio 2016

Il volo Alitalia e la dipendente di Anna Grazia Greco

Il 18 agosto 2008 mi imbarcai sul volo Alitalia (AZ 0686) destinazione Caracas. Il mio vicino di poltrona era un ragazzo che andava a lavorare in una zona sperduta del Venezuela, El Tigre. 
Il tipo aveva detto di chiamarsi Alessandro e lavorava per l'Eni. 
Il fatto strano è che di ritorno dall'Italia, aveva già un barbone di un paio di mesi, come chi provenga da un posto dimenticato da Dio... 
Molto casualmente, invece, seduta sulla poltrona davanti alla mia, c'era una signora siciliana di mezza età che lavorava al Codazzi. Proprio così: costei era alle direttte dipendenze della Greco, Anna Grazia Greco: dirigente emerita del Codazzi, fuorilegge per vocazione.

Questa insegnante dal passaporto diplomatico, partiva con quasi 2 settimane di anticipo dall'inizio della scuola: una vera stakanovista... Anche se alcune indiscrezioni raccolte a Caracas, affermavano che quest'insegnante non avesse i titoli per insegnare al Codazzi... 
In realtà quella befana era destinata all'università di Merida in qualità di lettrice.

Anna Grazia Greco

martedì 17 novembre 2015

Verso una soluzione dell’empasse Codazzi? - La Voce d'Italia | Anna Grazia Greco e Minerva Valletta

CARACAS- L’odissea della Codazzi continua. Venerdì 5 settembre i genitori e la giunta direttiva si sono incontrati nelle installazioni della scuola. Una riunione infuocata, cui ha preso parte anche la direttrice didattica dell’ambasciata, Anna Greco. Il nuovo responsabile amministrativo, Eleonora Vaccaro, ha presentato su lamine power point  lo stato finanziario della più antica delle scuole italiane in Venezuela. Con numeri e grafici ha mostrato come la Codazzi è in difficoltà economiche, ma chiedere soccorso allo Stato italiano è inutile. Il contributo che arriva è vincolato agli stipendi dei professori italiani, non dovrebbero comunque arrivare più di cinque giovani insegnanti. Che la Codazzi debba fare da sé, lo ha confermato anche Anna Greco. Ha ribadito come questa sia una scuola paritaria ma non statale, quindi rilascia titoli validi in Europa, ma economicamente deve sostenersi da sola.

Si è cercato di ricucire lo strappo tra la giunta direttiva guidata da Giovenco (oramai a fine mandato) e i genitori “ribelli”, guidati da Minerva Valletta. Sono stati quest’ultimi l’anno scorso a decidere di non pagare le rette, dopo che vennero raddoppiate nel giro di un anno, a distanza di tre mesi: settembre poi dicembre.

Quattro, cinque famiglie hanno poi impuntato i piedi, si sono rivolti al ministero dell’Educazione venezolano per ottenere il blocco dell’aumento.La retta da pagare adesso è circa 770 BsF, non potrà essere modificata durante l’anno. Nel caso ce ne fosse bisogno, verranno concordati contributi aggiuntivi con i genitori.

I problemi principali da affrontare ora sono due. Le spese legali per fare ricorso contro il ministero dell’Educazione, circa 200.000 BsF. Soldi che purtroppo graveranno sulle spalle dei genitori. Bisogna poi verificare caso per caso chi ha saldato i debiti dell’anno passato, si procederà poi all’iscrizione. Intanto riapre  regolarmente la scuola, a partire da martedì 8 settembre.
Pubblicato il 07 settembre 2008 da Piero Armenti - 7/9/08

Nulla dies sine linea, penna su carta - Gianluca Salvati
 

domenica 15 novembre 2015

Collettività - Riunione alla Codazzi, Giunta direttiva nel mirino

Pubblicato il 21 novembre 2012 da redazione
CARACAS – Prendete un nutrito gruppo di genitori infuriati, un Console dai mille propositi, una giunta direttiva apparentemente acefala e un rappresentante dell’Ambasciata forse eccessivamente discreto. Aggiungete un Comites che finalmente decide di fare il suo lavoro e l’entrata in scena improvvisa del governo venezuelano nelle vesti di due funzionari del ‘Ministero de Educación’. Condite tutto con denunce, lamentele, attacchi e tentennanti difese, ed eccovi servita la “riunione informativa” che ieri avrebbe dovuto risolvere i tanti problemi della scuola privata italiana A. Codazzi di Caracas ma che, nei fatti, non ha portato a nulla. Tutto è stato rinviato ad un nuovo incontro il 29 novembre.

Scoppia il ‘caso Codazzi’
Nonostante le polemiche e le lunghe discussioni, la situazione non ha ancora i contorni ben definiti e i punti interrogativi sono tuttora molti. Quel che è certo è che, dopo una traiettoria di più di mezzo secolo ed anni di contributi governativi (dai 140 mila euro del 2007 ai 17 mila dell’anno scorso), la storica istituzione scolastica della capitale si dice al limite della bancarotta e minaccia di chiudere i battenti.
La crisi, che si trascinava da tempo, scoppia a settembre, quando a due settimane dall’inizio dell’anno scolastico la giunta direttiva convoca le famiglie degli alunni per comunicare un aumento delle tariffe scolastiche improvviso quanto esagerato: le rette mensili passano da 1.830 bolivares a 3.500, le quote d’iscrizione per i nuovi arrivati da 3.500 a famiglia a 5.000 ad alunno e quelle per i già immatricolati da 1830 a famiglia a 3.500 ad allievo. Secondo la scuola, solo un rincaro di tali proporzioni avrebbe permesso di coprire sia i buchi causati dalle famiglie morose sia l’aumento del salario del personale scolastico. L’aumento, però, è illegale, in quanto la legge venezuelana permette di alzare le quote ad un massimo del 10% l’anno e con previo consenso unanime dell’assemblea dei genitori.
Le famiglie dei ‘codazzini’ non accettano il rincaro e neppure l’atteggiamento dell’attuale giunta direttiva che preferisce imporsi con decisioni già prese che dialogare con i diretti interessati. “Siamo qui per informare, non per discutere o negoziare” avrebbe detto la seconda vicepresidente della giunta, Gladys Burgazzi, ai genitori che chiedevano spiegazioni (giustificando ieri le sue parole con un risibile “non avevamo il microfono”). Le famiglie in protesta presentano quindi denuncia presso l’Indepabis (Istituto per la Difesa delle Persone nell’Accesso ai Beni e Servizi) e annunciano la costituzione di una ‘Società di Genitori e Rappresentanti’ che possa ricevere donazioni da destinare alla scuola, realizzare le riparazioni necessarie, chiedere un rendiconto finanziario e la presentazione di fatture. Non è solo una questione di soldi: i genitori si dicono disposti a pagare, ma solo se, in cambio, viene offerta ai loro figli un’educazione di qualità in una struttura di qualità. È ufficialmente scoppiato il ‘caso Codazzi’.

Una proposta ignorata
Tra settembre ed ottobre si susseguono gli incontri incrociati tra le parti: l’ufficio del Console Davoli si apre e si chiude ad ogni battito di ciglia, il Comites è invitato a cena da esponenti della Collettività per cercare soluzioni, le famiglie discutono tra loro e si organizzano ed entra in ballo anche l’Ambasciata. L’esito delle discussioni è la riunione di ieri e la proposta avanzata dal Console, presentata come unica soluzione all’empasse della scuola: pagamento delle morosità, rette mensili a quota 2.900 bolivares e borse di studio da parte del governo italiano per chi non può pagare più di 1.830 bolivares.
I genitori, però, anche questa volta reagiscono mettendosi sul piede di guerra e per tutta la durata della riunione scagliano contro la giunta direttiva una serie di attacchi e critiche, ignorando di fatto la proposta del Console (definita “fenomenale” dal presidente del Comites, Michele Buscemi) che in pochi minuti finisce purtroppo nel dimenticatoio.
La ragione di tanta aggressività è in primo luogo la assoluta mancanza di fiducia delle famiglie nei confronti di una Giunta direttiva considerata illegittima, inefficiente e, per alcuni, furbetta per quanto riguarda l’amministrazione del denaro. Quando un genitore da voce a questo malcontento senza troppi giri di parole, scoppia un fragoroso e lungo applauso che ammutolisce tutto il palco: il preside Gianfranco Incerpi, il vicepresidente della Giunta Giudo Brigli, la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi, il Console generale Giovanni Davoli, il membro del Comites Michele Buscemi, il primo Consigliere d’Ambasciata Paolo Mari. Non il Presidente della Giunta direttiva della Codazzi, Adriano Giovenco, che ha stupito tutti non presentandosi all’incontro.

Cricca Codazzi nel mirino, collage e tecnica mista 2004-2016


Illegittima, inefficace, furbetta
Illegittima, si diceva. Lo statuto dell’associazione civile senza fini di lucro che regge la Codazzi stabilisce che la Giunta debba essere rinnovata ogni biennio ma l’attuale direzione non mette a disposizione le sue poltrone da più di otto anni. Ai genitori che chiedono le ragioni di questo sistema antidemocratico, la Giunta risponde con un sonoro silenzio. L’unico passo avanti è stato l’impegno del Vicepresidente a convocare un’assemblea dei soci per il mese di febbraio.
Per quanto riguarda l’inefficienza, stando a quanto denunciato dai genitori da qualche anno a questa parte le strutture sono in degrado, la manutenzione scarsa, le infiltrazioni costanti. Manca la carta igienica, i bagni non funzionano, l’auditorium e il ‘salón maternal’ sono chiusi, il laboratorio di fisica è inattivo, il bar è sprovvisto di tutto ciò che non abbia la forma di una ‘empanada’ fritta. Secondo una mamma, “non vale la pena pagare un solo bolivar per un’educazione che non risponde neppure ad un minimo livello di salubrità”. Per un’altra, invece, è legittimo iniziare a pretendere un contratto scritto che impegni la scuola in investimenti mirati nel miglioramento dell’Istituto per ogni nuovo apporto delle famiglie. “Nessuno paghi un solo bolivar se non ci dicono dove finiscono questi soldi”.
Alla qualità delle strutture si affianca quella dell’insegnamento. Un tema delicato che si è toccato quando una mamma del Comitato genitori ha chiesto come il Console, nelle vesti di Procuratore agli Studi, avesse potuto firmare e quindi certificare la pagella di sua figlia contenente i voti di inglese e musica, materie che questa non aveva frequentato per quasi tutto l’anno a causa dell’assenza di professori. La donna ha parlato di “falsificazione di documenti pubblici”.
Si è chiamata in causa la questione del ‘corpo docenti’. “Io non voglio elemosina – ha dichiarato una mamma riferendosi alle borse di studio proposte dal Console -. Io pago se ho la garanzia di non vedere un professore diverso ogni due settimane”.
Perché tanti problemi con i professori? Una delle cause pare sia la contrattazione in nero.  Esemplare il caso di Gianluca Salvati, professore alla Codazzi dal 2004 al 2006: chiamato a prestare servizio dalla Dirigente scolastica Anna Greco in persona, dopo aver lasciato il suo posto di lavoro Salvati è arrivato a porgere denuncia in Tribunale al fine di ottenere dalla scuola la legittima liquidazione che questa voleva negargli. La Codazzi, come si legge negli atti del processo, per non dover sborsare quattrini ha addirittura negato in aula “l’esistenza di una relazione lavorativa tra le parti” e quindi qualsiasi obbligazione economica nei confronti del professore (cose che succedono, quando non si ha dalla propria parte un contratto). Fortunatamente, e in tempi brevi, la giustizia venezuelana ha dato ragione al giovane insegnante ed ha obbligato la scuola a pagare l’importo dovuto. Sul suo blog, Salvati ha pubblicato gli atti del processo e l’assegno relativo al pagamento della sua liquidazione, oltre ad una copia della sua carta d’identità venezuelana (numero E.82.360.383), precisando che è un documento falso, comprato, “ottenuto illegalmente, dopo più di un mese di clandestinità, tramite corruzione di Pubblico Ufficiale e in assenza di registrazione alla Camera del Lavoro”. Parla poi delle “difficoltà affrontate in Italia per ottenere il riconoscimento del punteggio maturato e  dell’affannosa quanto inutile ricerca dei legittimi contributi maturati in quegli anni di lavoro al limite dello sfruttamento”.
La denuncia avanzata da Salvati non è un caso isolato, sono infatti numerosi i docenti che si sono rivolti alla legge venezuelana per vedere rispettati i loro diritti di lavoratori. Questo spiegherebbe un dato presentato da una mamma ed estratto dai bilanci della scuola: 250 mila bolivares a Simone Giovenco, avvocato della scuola ma soprattutto moglie del presidente della Giunta. Una cifra che crea sospetti, così come crea perplessità l’esistenza di un conto corrente aperto anni fa dalla scuola in Svizzera. Un conto da anni inutilizzato dove finiscono i finanziamenti del governo italiano ed in cui, si è difesa la Giunta, è accumulato il denaro per i tfr degli insegnanti.
Il Console, avanzati dai genitori i primi dubbi sulla giusta amministrazione economica della scuola, si è affrettato ad assicurare l’esattezza dei bilanci presentati dalla giunta, comprovata da una revisione effettuata in modo incrociato con l’Ambasciata d’Italia. Le analisi confermerebbero l’esistenza di una “situazione di difficoltà” e “nessuna prova di illeciti”. Ma il Comitato genitori, dal canto suo, non è convinto: sostiene che i conti non sono trasparenti e che i numeri presentati dalla scuola – numero di alunni, morosità, stipendi, spese – sono falsi. A questo proposito ha costruito un contro-bilancio dal quale si evince l’inesistenza di una situazione di passivo economico ed ha chiesto di partecipare alla stesura dei rendiconti anche con i genitori che non fanno parte del Comitato. Il documento è stato chiesto dal Console per una valutazione ufficiale.
I genitori hanno accusato la Giunta direttiva di una serie di manipolazioni della documentazione ma anche di una serie di irregolarità nei confronti della legge venezuelana. “Sono andato al Ministero dell’Educazione e mi hanno detto che c’erano due carrelli pieni di fascicoli sulla Codazzi” denuncia un genitore. Una testimonianza corroborata dall’intervento di Euridice Álvarez, Coordinatrice dei plessi privati del Distretto Capitale, secondo cui l’Istituto Codazzi “si trova illegale all’interno del Ministero dell’Educazione”, “non compie con i 27 requisiti delle istituzioni scolastiche” ed è gestito da una “giunta irresponsabile”. Giunta che, dal canto suo, non nega qualche ‘problemino’: “Chi non ha mai avuto problemi con il ‘seguro social’” si è difeso Brigli.
Il governo venezuelano, comunque, sembra appoggiare i genitori nella loro lotta per il proseguimento e il buon funzionamento della scuola. Noel Diaz, Capo del controllo e della valutazione studi del Ministero dell’Educazione, ha ribadito che “siamo in Venezuela e qui non si chiuderà né la parte italiana né la parte venezuelana” della Codazzi. Una promessa che, visti i precedenti, sembrerebbe veritiera. Infatti in passato è stato il Ministero venezuelano ad impedire la chiusura delle sezioni venezuelane e della scuola materna italiana dell’Istituto. Ed ora, per dare un’ulteriore spinta sulla buona strada, Diaz ha consigliato di convocare alla prossima riunione anche i rappresentanti della ‘Defensoria del Pueblo’, della Procura e della ‘Defensoria de Niños, Niñas y Adolescentes’, ribadendo però che si tratterà solo di un accompagnamento. “Senza pregiudicare nessuno, il Venezuela vi ha sempre rispettati” ha dichiarato.
Ad alcuni sembra che da parte della Giunta direttiva manchi la volontà di far funzionare la Codazzi. E’ stata denunciata l’esistenza di un documento al Ministero de Educación secondo cui la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi “continua ad attendere la chiusura della scuola”; ci sarebbero 37 bambini cui sarebbe stata impedita l’iscrizione all’Istituto (lo stesso Istituto secondo cui una delle principali cause dei problemi economici attraversati è la mancanza di nuove immatricolazioni); aiuti e donazioni rifiutati (come quello dell’Eni, che si sarebbe offerto a riparare l’auditorio ed a pitturare l’intera struttura). Ci sarebbe poi una Giunta che negherebbe ai genitori la possibilità di incontrarsi nella sala riunioni obbligandoli a discutere e manifestare in strada; ci sarebbe la brutta esperienza dell’Istituto Bolivar y Garibaldi non ancora dimenticata che crea incertezze e corrode la fiducia nelle istituzioni italiane; ci sarebbe… E ci sono i bambini.


http://voce.com.ve/2012/11/21/50314/riunione-alla-codazzi-giunta-direttiva-nel-mirino/

"Agustin Codazzi" Giunta direttiva nel mirino
 

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

Lettori fissi