Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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venerdì 15 febbraio 2013

"Ciclista" in bianco e nero. The biker man stronger | Piero Golia non c'era

Ho sempre amato la pittura densa e materica, e, da quando ho iniziato a imbrattare tele, ho prediletto le tempere agli acquarelli, la penna alla matita, e l'olio all'acrilico...
Avevo una certa curiosità di usare gli smalti, quelli industriali, così nel 1994, li sperimentai usando della pittura avanzata da lavori di tinteggiatura in casa.
Disegnavo costantemente da almeno 3 anni e avevo da poco cominciato ad abbozzare direttamente senza alcun disegno preliminare. Allo stesso modo in quel periodo cominciavo a costruire le figure senza riferimento iconografico: andavo a memoria.
Il Ciclista venne fuori così, smalti su cartone. 

Ciclista, smalti su cartone 1994 - Gianluca Salvati

Quando portai il quadretto in accademia ebbe un discreto riscontro. In seguito il prof mi disse di farlo incorniciare per esporlo alla mostra di fine corso. Nel 1994 ne tenemmo due, la prima fu allestita in una sede dell'università di medicina. In quella prima esposizione presentai un altro quadro. Dopodiché partii per Lugano: erano gli ultimi giorni della mostra di Emil Nolde, un pittore che adoravo e non volevo assolutamente perdermi. I miei compagni si preoccuparono di allestire i miei lavori alla seconda mostra al bar dell'Epoca in via Costantinopoli. 
Piero Golia non c'era, non ancora.

La mostra di Emil Nolde a Lugano faceva, a dir poco, pena, non perché avessi cambiato idea su quell'artista, ma perché la qualità dei lavori era estremamente bassa e commerciale. Capita, purtroppo che si adoperi un nome di richiamo lavorando sul battage pubblicitario da un lato, per poi presentare gli scarti di produzione di un autore. 
Per fortuna in quel periodo c'era la mostra di un altro pittore che ammiravo, Nicolas de Staël . La prospettiva di Nicolas de Staël si teneva nei pressi di Parma, ed era curata non bene, ma benissimo. La qualità dei lavori era molto alta. Cosicché fu un piacere acquistare il catalogo di quel pittore  così interessante e così attuale. 
In quegli stessi giorni avevo saputo da mio fratello che “...c'era una sorpresa...”. Cos'era successo? 
Un professore del conservatorio aveva visitato la nostra esposizione collettiva a Napoli ed era rimasto positivamente impressionato dal quadro Ciclista. Quel signore si era presentato diverse volte al bar chiedendo informazioni sul quadretto: dire che fosse molto motivato all'acquisto era un eufemismo. Il prof a un certo punto si era fatto scrupolo di far chiamare a casa per avvisare; la cosa era stata presa con nonchalance dai miei e il quadro restò invenduto. Nondimeno fu un bel riscontro per la mia prima uscita, in fin dei conti dipingevo seriamente da appena 2 anni.

sabato 9 febbraio 2013

"Ciclista", di Enrico Cajati | Un testo di Salvatore Vitagliano

[...] Nel ’67 la grande svolta. Enrico Cajati giunse alla determinazione di “mettere tutto sullo stesso piano”; appiattendo quindi quella superficie materica che aveva elaborato con tanti anni di sperimentazione e che lo aveva portato alla Biennale di Venezia (a 28 anni) e tornò a quella fonte originaria dove non più il caso ma la costruzione, la costanza, la tecnica, l’osservanza delle regole saranno principi  a cui cercherà di obbedire per tutto il resto della propria vita.
Ho detto “cercherà” perché un uomo del suo istinto e della sua immediatezza gestuale, musicale, dovette castigarsi notevolmente per raggiungere degli apprezzabili risultati, ma in questo castigo di uomo proiettato nel futuro che voleva raggiungere il passato, sta forse la chiave di tutta la sua grandezza. I suoi piccoli quadri informali divennero bozzetti di un lavoro futuro che ha del pazzesco; egli li cominciò a disegnare su fogli lucidi, poi procedeva allo spolvero e una volta riportato il disegno su tela, iniziava il lavoro di campitura, di chiaroscuro, di velature, e quando il risultato finale non lo soddisfaceva, ecco una tinta nuova ricoprire tutto e di nuovo un nuovo inizio e alla fine un nuovo daccapo, e ancora a ricominciare: un buon dipinto va fatto e rifatto sei volte, diceva, e come il Dio creatore egli lavorava sei volte e non meno di sei giorni all’Opera che era tutto il suo mondo. Ma il suo non era un cancellare, bensì un ricoprir di veli, e solo occhi attenti alla pur minima vibrazione di colore potevano catturarne le infinite sequenze di quelle luci nelle tenebre. 

Ciclista, olio su tela di Enrico Cajati
E in verità non furono molti, benché in tanti ne fossero incuriositi, i veri intenditori furono pochissimi ma tutti di gran qualità. Cajati godeva della fiducia incondizionata di Perez (Augusto, scultore), di Luca (Luigi Castellani, pittore), e di illuminati collezionisti come R. Marrama, R. Criespo, Cafarelli.
Salvatore Vitagliano

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

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