Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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lunedì 31 ottobre 2016

Sanitas Venezuela: l'avvelenamento

Il 27 settembre 2004 presi ad insegnare alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas. Il mese seguente percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la. dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da  laggiù...

Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.
Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrisse diversi medicinali e una serie di analisi.

Prescrizione Sanitas - 4 gennaio 2005


Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.


Prescrizione Sanitas, retro - 4 gennaio 2005


Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...


venerdì 16 novembre 2012

Lucia Veronesi e los escualidos del Codazzi | Quell'armata Brancaleone di imbranati - Anna Grazia Greco, Caracas

Cricca Codazzi: due escualidos che litigano per un posto al sole
Come ho già avuto modo di scrivere, il secondo anno (2005/06) al Codazzi proseguì con lo stesso andazzo dell'anno precedente: nessun contratto, nessuna risposta. Con l'aggravante che l'unico contratto propostoci verso ottobre, era in valuta locale, e, per come era concepito, ci avrebbe portato via un terzo dello stipendio. Insomma, quei geni della cricca Codazzi erano proprio una gran massa di teste vuote: non solo non ci avevano avvisato prima della novità della valuta locale, ma pretendevano anche di specularci sopra. Roba da mandarli al diavolo. 
(Di questo ovviamente potevamo anche ringraziare Anna Grazia Greco, la fuorilegge, che manipolava il tutto e poi restava a vedere cosa accadeva...)
La nostra obiezione alla firma di quel contratto-truffa, senza alcun preavviso, fece si che quei cani della Giunta Direttiva del Codazzi lo prendessero a pretesto per non pagarci affatto. Infatti durante il secondo anno non ricevemmo stipendio per ben 4 mesi!

rovine
Quando il livello di schifo misto a disillusione raggiunse il limite, organizzammo una serie di proteste che coinvolgevano anche l'utenza: i genitori degli alunni. Avevamo preparato uno scritto, che un dato giorno avremmo consegnato in classe.
La cosa fu intercettata dalla presidenza, qualcuno aveva fatto una soffiata e i volantini furono sequestrati; chi non li aveva consegnati, fu scoraggiato a farlo. Io, per esempio non avevo avuto neanche lo sfizio di consegnarne uno. Tanto lavoro per nulla. 
Ovviamente la preside, Lucia Veronesi, era in prima linea, completamente contraria alla nostra azione, ma non è che potesse agire diversamente. Non la si poteva paragonare alla Greco o a quelli della Giunta, c'era un abisso fra lei e loro: Lucia Veronesi era fatta di tutt'altra pasta...

Lucia Veronesi, stencil art (Oaxaca - Mexico)

lunedì 28 maggio 2012

Consorterie: i gaglioffi del Codazzi e il Ministero Affari Esteri | Anna Grazia Greco: la truffa della "chiamata diretta"

Quando nel settembre 2004 fui chiamato dalla dirigente Mae (Ministero Affari Esteri) Anna Grazia Greco, dirigente scolastico presso il Consolato Generale di Caracas, per lavorare in nero come insegnante della scuola dell'associazione "Agustin Codazzi" (associazione senza scopo di lucro con conto cifrato su banca svizzera: Credit Suisse, filiale di Lugano), mi fu affidata la classe 2ª dove c'erano i figli delle gemelline dell'intrigo: Minerva Valletta e la señora Baffone. Per dirla in breve quelle due le ho avute costantemente fra i piedi, dal primo momento. 
Che fossero due piantagrane mi è stato chiaro fin da subito. La señora Baffone, per esempio, non ha avuto scrupoli nell'affermare in tribunale, insieme ad altri avvocati lestofanti, che la cricca Codazzi a me non mi conosceva. 
Per fortuna non tutti quelli dell'associazione Agustin Codazzi erano dei lestofanti, ma c'erano persone a posto che a suo tempo hanno saputo da che parte stare, come la preside Lucia Veronesi.


Nulla dies sine linea, motto massonico dell'ass. Agustin Codazzi - Anna Grazia Greco

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

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