Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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sabato 23 novembre 2013

Licio Gelli e i servizi segreti delle fiamme gialle | I servizi italiani

[...] E in politica? L'informatore scriveva testualmente: «Gelli fino al '56 era di orientamento comunista e faceva parte del comitato comunista dal quale fu radiato in quell'anno. Successivamente manifestò orientamento DC. Pur mantenendosi nel quadro DC è più destrorso che di centro ... »
Buona parte di queste informazioni apparivano tutt'al­tro che sconvolgenti, specialmente a chi le apprendeva nel 1982. I particolari nuovi e di un qualche interesse erano solo due: l'accenno a presunti interessi finanziari di An­dreotti in una fabbrica di materassi a molle e la rottura, nel 1956, tra Licio Gelli e i comunisti pistoiesi. Ma questi cinque fogli in apparenza così poveri di particolari erano legati a vicende che come al solito risultavano piuttosto interessanti.
Questa volta l'informatore aveva un nome e un volto: si chiamava Luciano Rossi, tenente colonnello delle fiam­me gialle, e anche prima di occuparsi del Venerabile ave­va portato a termine missioni importanti e delicate. Pro­prio in questa occasione, leggendo i giornali, ero venuto a sapere che anche la guardia di finanza ha un suo servizio segreto, staccato da quelli che lavorano per le altre forze armate e per il ministero degli Interni. Si chiama servizio informazioni o servizio I; vi lavorano una quarantina di ufficiali, selezionati con cura. Luciano Rossi, appunto dal 1970 al 1975, l'anno successivo alla stesura della informa­tiva, aveva lavorato per «il servizio I», anzi aveva diretto il «centro occulto» di Roma, una specie di ufficio segreto all'interno del servizio segreto. Il colonnello Salvatore Florio, capo dell'intero settore informativo, gli aveva ap­punto affidato, come direttore del «centro occulto», l'in­dagine sul Venerabile. Rossi era partito per Arezzo, che del resto era la sua città natale, aveva parlato con parenti e amici, e qualche settimana dopo aveva consegnato al su­periore due copie dei suoi sei capitoletti.
Ancora una volta sarebbero accaduti episodi strani. La macchina di Salvatore Florio aveva sbandato in autostra­da e il colonnello insieme all'autista era morto sul colpo. Questo incidente era inconsueto, perché la vettura proce­deva a velocità moderata e l'autista non aveva neppure tentato di frenare. Lo stesso Rossi, confidandosi con un amico, aveva pensato a un sabotaggio. Probabilmente i sospetti erano in questo caso eccessivi, o comunque il mi­sterioso episodio non andava attribuito alla conoscenza di quei sei capitoletti. Il Florio infatti era morto nel 1978, quattro anni dopo esserne venuto in possesso.
Invece le vicende altrettanto tristi del Rossi erano sicu­ramente collegate in qualche modo alle sue indagini su Licio Gelli. Nel 1975 il tenente colonnello aveva dovuto lasciare il «centro occulto» e trasferirsi a Napoli. Pochi mesi dopo si era iscritto alla massoneria. Da allora la sua vita professionale era tornata abbastanza tranquilla. Ma il 26 maggio del 1981 il povero colonnello aveva ricevuto un annuncio, o meglio ancora una convocazione, che lo aveva sconvolto.
Il sostituto procuratore della repubblica di Milano, Pier Luigi Dell'Osso, lo aveva invitato nel suo ufficio e gli ave­va presentato la minuta della informativa che lo stesso Rossi aveva redatto sul conto di Licio Gelli nel marzo del 1974. Quei cinque fogli, invece di stare nel cassetto del co­lonnello, erano stati trovati nel valigione del Venerabile sequestrato due mesi prima alla GIOLE. Che cosa ne pensa­va il colonnello?
Rossi, in una «memoria» scritta, aveva mandato a dire al giudice di aver «probabilmente» lasciato la minuta del­la informativa nel suo cassetto. Prima di trasferirsi a Na­poli lui stesso aveva vuotato la scrivania, ma senza curarsi troppo di ciò che conteneva. Tanti anni dopo non era in grado di ricordare se fra quelle carte la minuta della in­formativa ci fosse ancora.
La giustificazione era ingegnosa, ma non del tutto con­vincente. Del resto il giudice aveva buoni motivi per dubi­tare anche dell'esattezza di un altro particolare. Rossi gli aveva mandato a dire: «Non ho conosciuto né conosco né ho avuto rapporti con Licio Gelli». Ma proprio un intimo amico del colonnello avrebbe riferito in seguito che il Venerabile, proprio nel 1974, aveva avvicinato ad Arezzo Rossi e gli aveva domandato, in termini non certo ami­chevoli, come mai stesse indagando su di lui.
Questo episodio mi serviva a collocare al posto giusto altri dettagli. Potevo ragionevolmente supporre che Rossi, una volta avvicinato e allarmato dal Gelli, fosse entrato in massoneria per ottenere protezione. Potevo persino ipotiz­zare che il Venerabile, con argomenti persuasivi, si fosse fatto dare dal povero colonnello la minuta di quegli appunti che aveva consegnato a Florio.
Ipotesi quest'ultima quanto mai probabile, alla luce dei successivi avvenimenti. Poche settimane dopo l'incontro col giudice Dell'Osso, e due giorni dopo avergli spedito la sua giustificazione, Rossi fu trovato morto nel suo ufficio con una rivoltella in mano e una pallottola nella tempia.
Come al solito molti colleghi dubitarono del suicidio ma io rifuggo per istinto dalle supposizioni troppo roman­zesche. Tanto più che in questo caso non occorreva far ga­loppare la fantasia: bastava scorrere il rapporto che il co­mando generale della finanza aveva redatto su questo do­loroso episodio per il ministro Formica, e che Formica aveva fatto pervenire al parlamento. Vi si leggeva: «La causa scatenante della determinazione suicida del Rossi può ricercarsi nell'interrogatorio subito a Milano, messo in rapporto con la circostanza secondo cui avrebbe an­ch'egli aderito a una loggia massonica. E verosimile che la consapevolezza di essere stato autore di due antitetici comportamenti (l'aver acquisito in un certo momento del­la sua carriera notizie informative del Gelli Licio e l'esser­si poi, se è vero, indotto a far parte di un organismo del genere) abbia accelerato il progressivo, parossistico dete­rioramento dell'equilibrio psichico del Rossi.»

[...] L'Italia è il paese dove i servizi segreti sono stati più spesso rinnovati o "riformati". Abbiamo avuto il SIM dal 1925 al 1949, il SIFAR dal 1949 al 1966, il SID dal 1966 al 1977. Attualmente abbiamo il SISMI e il SISDE (oggi Aise, ndr) nel corso di questa narrazione i servizi segreti saranno ricordati, ogni volta, con il nome che avevano in quel momento.
Gelli - La carriera di un eroe di questa Italia, Gianfranco Piazzesi (ed. Garzanti)

Pinocchio, elaborazione digitale - Gianluca Salvati - 2008

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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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