Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
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martedì 28 maggio 2013

Politica e mafia | Enrico De Nicola & don Gennaro Aliberti | Mail art: "Cativo! Cativo!"

Gennaro Aliberti era un uomo politico campano, originario di Pontecagnano nel salernitano, operava agli inizi del novecento nel napoletano.
L'onorevole Gennaro Aliberti, tra i suoi interessi, vantava amicizie con noti personaggi della camorra locale (criminalità organizzata napoletana). Inoltre aveva molteplici interessi imprenditoriali: era il referente occulto, ma nemmeno tanto, del gioco del lotto clandestino. 
Don Gennarino, insomma, è stato un precursore, un pioniere di quella nuova tassa sulla povertà rappresentata dal gioco d'azzardo in tutte le sue forme: dal gratta e perdi ai videopoker... Dicevo che 'on Gennaro è stato l'avanguardia, la punta di diamante di questo nuovo furto legalizzato che oggi è promosso direttamente dallo Stato (le mafie ringraziano). Eppure, ai suoi tempi, c'era chi parlava male di Gennaro Aliberti; certamente si trattava di persone ignoranti, mosse unicamente da invidia per cotanto brillante spirito imprenditoriale e riconoscimento sociale. Gente che non comprendeva la portata storica di un nuovo modo (molto antico nella sostanza) di intendere l'impegno politico. 
Quel Gennaro Aliberti era un uomo che sapeva fare politica con la p maiuscola...  C'erano persone che osavano scrivere cose indicibili (ma vere) sul conto di Gennarino Aliberti... Fortunatamente, il giovane avvocato Enrico De Nicola, uomo integro e tutto d'un pezzo, si rifiutò di difendere colui che aveva scritto delle infamità (provate) su Gennaro Aliberti. 
In seguito è stato scritto che Gennaro Aliberti era una "fogna che va murata": quanta inutile cattiveria nei suoi confronti. Lo Stato oggi dovrebbe rimediare a questa ingiustizia nei confronti di 'on Gennarino Aliberti, dovrebbe fargli un monumento, a quella merda.

Cativo! Cativo!  mail art - Gianluca Salvati

sabato 25 maggio 2013

Il tabù | Una lettera dell'avv. Enrico De Nicola - Primo Presidente della Repubblica

L’egregio avvocato De Nicola, ribadisce, con la lettera che pubblichiamo, una notizia data due numeri fa, riguardante un noto galeotto assoldato dalle gentildonne e dai gentiluomini colpiti dall’inchiesta e da d. Tommasò dell’Immobiliare.
Napoli, 29 gennaio del 1902

Spettabile Redazione della “Propaganda”
Il Vostro giornale ha fedelmente riportato ciò che, per confusione nei ricordi o nella narrazione, gli era stato riferito relativamente ad un invito da me ricevuto per assumere la difesa del direttore di un foglio ebdomadario contro il quale sono state sporte varie querele per diffamazione.
Ciò nei rapporti della Propaganda.
Per quanto riguarda la mia persona posso affermare con precisione irrecusabile che parecchi giorni or sono un mio carissimo amico mi annunziò di aver ricevuto una visita di quel signore, il quale gli aveva manifestato l’idea di rivolgersi a me o ad un valoroso collega, di cui fece anche il nome, per il patrocinio delle sue ragioni.  All’amico che mi dava simile preavviso con l’aggiunta di aver consigliato il mio fra i due nomi indicati, risposi meravigliandomi altamente che potesse venire a casa mia il direttore di quel foglio per invitarmi ad assumere la sua difesa.
Infatti, egli è stato querelato per una campagna, che io – giudice sereno perché lontano dalle lotte partigiane della mia città – reputo perfino inverosimile nella sua enormità, iniziata o contro amici carissimi come Pietro Pansini, Carlo Altobelli, Roberto Marvasi, Alfredo Sandulli, Arturo Labriola, cui mi avvincono non soltanto sentimenti di stima sincera, ma nodi indissolubili di affetto fraterno – o contro altri come il Lucci, il Leone ecc., che non conosco ma che, giovane anche io, altamente ammiro per lo spirito pugnace e l’ideale che li agita. E tale risposta avrei dato al direttore di quel giornale se fosse venuto a casa mia, come aveva preannunziato.
Esposto così l’incidente nei più esatti particolari, dichiaro chiusa, per conto mio, ogni ulteriore polemica, porgendo a voi, onorevole redazione, i sensi della mia osservanza.
Avv. Enrico De Nicola
 
Abbiamo pubblicato con piacere questa lettera del De Nicola, noi che già fedelmente pubblicammo quanto egli ebbe a dire a un nostro amico.
E ci gode l’animo di aggiungere a titolo di lode del giovane avvocato, che egli, in pubblico tribunale, ha a tal proposito aggiunto: “Un avvocato che si rispetta non accetta certe cause!”. Ma se lo dicevamo noi! Colui sarà difeso da un ruffiano!

lunedì 9 maggio 2011

C'era una volta... Gennaro Aliberti - Enrico De Nicola - Luigi Sturzo | Il partito popolare e la lista fascista





C'era una volta un politico impegnato in attività poco onorevoli. Costui intratteneva rapporti con la criminalità organizzata ed era l'organizzatore occulto del lotto clandestino. Con i soldi che guadagnava in modo illecito, corrompeva i giornali e la giustizia, garantendosi l'impunità e creandosi un falso consenso. Dato che non tutti erano in vendita (le persone non sono tutte uguali, per fortuna), un giornalista cominciò a denunciare apertamente le sue connivenze con la camorra e la sua opera di corruzione.
Dato che questa storia si svolge in un paese fascistoide, servito da leggi proto-fasciste, quel delinquente di politico (quell'autentica merda), denunciò il giornalista per diffamazione.
Così il giornalista finì in carcere per aver detto la verità, dove morì (molto casualmente) poco tempo dopo, all'età di 42 anni.



L. S.


Anni dopo, un prete (come ce ne sono pochi), leader di un partito politico, vietò a quel rifiuto umano di Gennaro Aliberti di riciclarsi nella propria lista.
Perciò, quella merda ambulante andò ad ingrassare con la propria presenza, i soldi sporchi e la rete delinquenziale di affiliati, un'altra poco onorevole fazione politica.


venerdì 12 novembre 2010

Massoneria, il caso Codazzi: associazione culturale senza fini di lucro | Piero Armenti & il signor Bagordo - Premio Italia (Caracas 2005)

Nel mese di giugno si inaugurò la mostra collettiva dei vincitori del "Premio Italia". Il premio era bandito dall'ambasciata italiana di Caracas con il nobile intento di divulgare l'ingegno italiano nel mondo, ecc. ecc...
Avevo inviato un lavoro per partecipare alle selezioni. La tela era Le Pharaon, autoritratto da moribondo. 
Oggi so che non potevo fare scelta migliore...

Storia di un quadro

Dopo il natale del 2004, causa un avvelenamento, stavo per tirare le cuoia proprio lì, a Caracas. Il quadro l'avevo dipinto qualche mese dopo, in piena convalescenza.

Le Pharaon, olio su tela 2005

Il mio lavoro era stato scartato e non sarebbe stato esposto alla collettiva. 
La decisione della giuria era insindacabile ed io avevo abbastanza esperienza per comprendere i significati occulti di un'iniziativa a nome di un Paese notoriamente anti-meritorio come l'Italia. 
Ma, anche se non c'erano motivi che mi portassero a credere a una prospettiva diversa lì a Caracas, mi recai all'inaugurazione sgomberando la mente da pregiudizi: magari mi apprestavo a scoprire dei veri talenti dell'arte...

Autorizzazione dell'Istituto Italiano di Cultura

All'evento c'era tutta la gente che contava, parlo dei connazionali, tutta un'Italia da esportazione. Anna Grazia Greco faceva gli onori di casa essendo la principale burattinaia di quel concorso... 
Non a caso, la selezione degli artisti del premio era piuttosto deprimente: una vomitevole pastetta. Quella esposizione diceva tanto sia sul livello culturale, sia sugli intrallazzi di chi selezionava. Eppure non mi sarei sognato di spendere una sola parola sul modo in cui certa gente sperpera il denaro pubblico: non sono affari miei. Ho una regola molto semplice, ma efficace: vivi e lascia vivere. Per questo stesso motivo divento intrattabile quando mi si pestano i piedi.



Storia di un quadro: autorizzazione

Il primo premio andò a un tipo che avrei definito un tappezziere pop. Costui si atteggiava a divo, pavoneggiandosi nel soprabito di pelle alla Matrix (lì, ai tropici...). 
I suoi lavori non erano dissimili da come egli stesso si presentava: una sorta di cuscini in similpelle con disegni manga. Cose trite e ritrite, ma il personaggio gongolava nel suo ruolo e si godeva i suoi 5 minuti di notorietà.
Allora non lo sapevo, ma nella smorfia della mia famiglia, il tappezziere ha un posto di rilievo. Richiama la vicenda del giornalista-tappezziere Eduardo Giacchetti finito in carcere per aver denunciato le malefatte di un noto politico-delinquente, l'onorevole Gennaro Aliberti.

Poco prima della presentazione dell'evento, il console e l'ambasciatore comunicavano fra loro piuttosto preoccupati, sembrava si stessero confessando... Non passò molto tempo che mi si oscurò la luce: un bestione di buttafuori locale mi si parò davanti. Mi parve un evento surreale...

Tempo addietro avevo criticato sia la delegazione ministeriale italiana giunta a Caracas, sia il console, nell'auditorium del Codazzi, la scuola dove insegnavo. In quell'occasione avevo mosso delle precise accuse e molta della rabbia mi derivava dall'accidente che mi stava stroncando pochi mesi prima. Non c'è dubbio che fu la voce della verità a parlare per me. Sono certo che allora nessuno di loro lo ignorasse. Intendo dire nessuno della maggioranza dei rappresentanti istituzionali. 
Quando ritornai a scuola nel gennaio 2005, ero bianco come un lenzuolo (parole di chi mi vide), avevo avuto la maggior parte dei valori ematici vicini allo zero. O giù di lì, comunque sfasati. La scuola era un autentico formicaio, con quattro ordini di studio, dalla materna alle superiori: centinaia di persone poterono constatare le mie condizioni di salute durante l'usuale alzabandiera del mattino. 
Eppure, quando mossi le mie critiche a quei signori, non tirai in ballo l'avvelenamento, pensando che fosse stato un incidente privato ed ignoto agli altri. Ma quel trattamento, tra l'insolente e lo strafottente, da parte della gente per cui lavoravo, non lo riuscivo a digerire in nessun modo. Mentre la commissione si compiaceva di compartire la stessa visione del mondo di quell'onorata associazione del Codazzi: quattro delinquenti patentati. Per questo motivo gli dissi un po' di cose. Senza trascendere, dato che sono un signore. 
Ad ogni modo, all'inaugurazione del premio Italia, quella questione era per me bella e chiusa da tempo.
Ero lì come semplice visitatore e la presenza intimidatoria di quel buttafuori era completamente fuori luogo... Di fatto qualcuno mi stava comunicando di avere la coda di paglia... 
Le soluzioni sbirresche sono spesso dei boomerang, specialmente quando sono così sproporzionate e sfacciatamente immotivate. Tante persone per bene stavano assistendo ad un pessimo spettacolo di abuso di potere, senza un casus che potesse giustificarlo. 
Anche la politica più bieca e infame deve fare i conti con questa realtà, specialmente quando cerca di darsi una patina di rispettabilità. Il bestione dovette ragionare in fretta e, dopo un rapido sguardo a me, si rivolse ad un barbone che si trovava in compagnia di una ragazza, poco distante da me, quasi alle mie spalle. 

Cosicché, tra tante barbe finte, ecco spuntare una barba vera. Una barba incolta memore di un certo tipo di intellettuale di sinistra degli anni '70. Ma il tipo, a parte la barba, aveva il resto del look assolutamente destrorso. Il bisonte gli ringhiò qualcosa e lui gli rispose con un ringhio simile. Non mi preoccupai di sapere cosa si stessero comunicando, in fin dei conti parlavano la stessa lingua. Dopo questo scambio, il bestione si andò a parcheggiare altrove e la serata continuò con lo stesso senso di inutilità con cui era cominciata, ma senza ulteriori intermezzi.
Prima di andar via incontrai il marito di Minerva Valletta, rappresentante di classe e madre di un mio alunno
Il signor Bagordo non era lì per caso: era l'autista dell'Ambasciata italiana di Caracas. 
Mi fermai a parlare un poco con lui, notando che i modi untuosi del signor Bagordo fosse più servili del solito...

La sera successiva una collega con cui avevamo appuntamento al Vic's di Plaza Altamira, si tirava dietro quel barbone e ce lo presentò. Costui era Piero Armenti, un aspirante giornalista che si trovava in Venezuela da circa un anno per fare pratica. La nostra collega, M., era venuta in Venezuela nel mese di febbraio del 2005, quando la dirigente, a metà anno scolastico, casualmente, si era resa conto che la scuola aveva bisogno di un'altra insegnante. Per pura coincidenza (aveva una possibilità su 3 milioni), M. si trovò ad abitare proprio vicino a questo giornalista. M. aveva avuto difficoltà a trovare casa: tutti i locatari da lei contattati, al momento di formalizzare i contratti, svanivano con delle scuse banali. Un bel mistero. 
A proposito del Vic's, dove ho avuto appuntamenti da diversi italiani del Codazzi, si trova appunto vicino a Plaza Altamira, dove ha abitato (o abita tuttora) il noto faccendiere Aldo Miccichè, ex-DC, referente della 'ndrangheta e di Marcello Dell'Utri. 

Piero Armenti, periodista

Piero Armenti aveva conosciuto un' amica italiana di M. che aveva lavorato tempo addietro per il consolato e poi era rientrata in Italia. Fu questa amica a spingere M. a fare domanda, tramite il consolato, alla scuola "Agustin Codazzi" di Caracas... Insomma, mi trovavo nel paese delle coincidenze misteriose: cominciavo a capire perché il realismo magico andasse per la maggiore in america latina.
Piero Armenti mi spiegò cos'era successo la sera prima col bestione. Mi disse che gli era stato mandato perché aveva criticato l'ambasciatore durante il discorso di presentazione del premio. Strano, non ricordavo di aver sentito qualcuno lamentarsi di qualcosa, né tanto meno lui. E poi, prima di parlare con lui, il bisonte si era fermato davanti a me. Ma, non avendo motivo per non credergli, accettai la sua versione dei fatti. 
Certo, se l'Armenti avesse avuto la decenza di aggiungere che era l'autore di quell'articolo, diciamo così, piuttosto adulatorio, nei confronti della commissione ministeriale, capitanata dal guitto di regime Paolo Scartozzoni, commissione che avevo contestato a marzo. Se avessi saputo che lui era l'autore di quell'articolo, credo che avrei valutato diversamente le sue affermazioni.


Nell'articolo in questione non si diceva che i professori provenienti dall'Italia erano senza contratto e che questa fu l'unica osservazione sensata fatta dalla platea alle fantasmagorie decantate dalla relatrice ministeriale: una cosa è la fantapolitica, altro sono i fatti. A volte le persone tendono a fare confusione tra le chiacchiere e i fatti, ovvero a prendere per vera non la realtà, bensì la sua rappresentazione. L'esempio classico è quello della televisione, dai tg alle telenovelas, di cui non si dirà mai a sufficienza che è meglio tenerla spenta.
Tornando al giovane giornalista, Piero Armenti, egli era liberissimo di scrivere e prendere le parti di chi voleva, ma nessuno lo autorizzava a spacciarsi per novello Che Guevara....
Gianluca Salvati




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Gianluca Salvati - Lotta di cani

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