Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.

giovedì 24 marzo 2016

La ragazza di Piero Armenti e gli alcolici

La prima volta che la ragazza di Piero Armenti venne a casa mia, mi fece fuori tutti gli alcolici. Non che avessi grandi scorte, un liquorino e una bottiglia di vino, ma quel poco lo fece fuori in un attimo. Una vera spugna. Mi ricordo a malincuore della bottiglietta di liquore comprata in Messico, prodotto locale estratto dalla stessa pianta della tequila. Aveva all'interno un baco che galleggiava ed un sapore molto particolare. Ne prendevo un goccetto ogni tanto dato che quel liquore era abbastanza forte, di quel passo mi sarebbe durato un secolo. E invece venne la tipa e addio liquorino...
A un certo punto della serata mi chiese se avevo dell'alcol per medicazioni. Ebbene, si fece fuori anche quello. A differenza dell'Italia, infatti, l'alcol per uso sanitario in Venezuela non era denaturato, cosicché, in caso di emergenza, si poteva anche bere...
Sapevo che quei fighetti del Codazzi facevano allegro consumo di coacina:  anche in Venezuela è la droga dei ricchi. O aspiranti tali...
Il Venezuela, per ovvi motivi geopolitici, è un crocevia del traffico di cocaina. Non a caso, il noto faccendiere della 'ndrangheta, già eccellenza DC Aldo Micciché, viveva proprio a Caracas, a Plaza Altamira.
Ma la tipa non era interessata alle droghe, aveva citato solo per scherzo la marjuana, la sua religione era l'alcol. Mi spiegò il codice di condivisione della cana (gli alcolici) fra hermanitos. Una lista degna di un manuale di consegne militari: per essere degli sballati, quegli hermanitos erano alquanto normativi.
Nonostante le notevoli dosi etiliche, la ragazza di Piero Armenti restava lucida e non si produceva in quelle strane performance come quando beveva con los hermanitos. Allora non ci facevo tanto caso, ma oggi sono piuttosto convinto che con los hermanitos e con quelle troiette delle sue amiche i drink della tipa divenivano diversamente alcolici.

La ragazza di Piero Armenti


lunedì 21 marzo 2016

La ragazza di Piero Armenti e la casa del duende | Figli di MM

Henri Charriere (Papillon), a Sabana Grande - Caracas

Henri Charriere descrive, nel suo libro Papillon, il popolo venezolano come "affascinante e superstizioso". La tipa di Piero non faceva eccezione, anche lei aveva le sue credenze magiche e superstiziose. Una di queste credenze riguardava uno spirito selvatico, una sorta di elfo, chiamato duende.
Con i suoi "hermanitos" si recava regolarmente in una casa abbandonata sul monte Avila, la casa del duende, restandovi alcuni giorni. Da quello che mi diceva, il suo era un modo per ricaricarsi: è risaputo che il contatto con la natura ha effetti benefici sull'organismo, anche se la gente che frequentava aveva lo sballo come massima aspirazione.
La prima volta che la ragazza di Piero mi parlò della casa del duende, e della necessità di staccare da Caracas, ci stavamo frequentando da poco. Ci saremmo separati per qualche giorno perché per lei quello spazio era importante. Mi aveva anche  tranquillizzato: gli "hermanitos" la rispettavano; ma la situazione nel complesso non mi piaceva. E non per me, ma per lei.
Col tempo ho capito che quei personaggi poco credibili certamente la rispettavano, quando era sobria e cosciente. Ma non c'è dubbio che quelle riunioni in luoghi appartati avessero una finalità puramente manipolatoria nei suoi confronti. Quando la gorda ritornò a Caracas notai che aveva una cicatrice su un gluteo. La mia esperienza mi diceva che quella ferita se l'era procurata cadendo sull'estremità di un ramo. Dal tipo di taglio capivo che la tipa di Piero non aveva i pantaloni quando se l'era procurata. Alla domanda su cosa le fosse accaduto mi rispose che non se lo ricordava.

Non molto tempo dopo, venni a conoscenza del fatto che alcuni "hermanitos" erano figli casuali di militari italiani (della Marina Militare, se ben ricordo), di padri che non avevano mai conosciuto. Altri hermanitos avevano origine europea (Spagna).  In effetti avrei potuto anche arrivarci da solo: costoro esibivano fisionomie piuttosto familiari, il fatto che fossero dei figli di puttana lo avevo già capito, restava solo da stabilire fino a che punto...

sabato 19 marzo 2016

Conformismo, imperativo categorico | Franco Chirico massone

Conformismo: atteggiamento di chi è pronto a "conformarsi", ad adeguarsi al modo di pensare o di comportarsi dei più. Si tratta di un fenomeno diffusissimo nella società contemporanea, determinato sia da motivazioni psicologiche, sia da condizionamenti sociali.
La spinta psicologica proviene dalla paura, talvolta inconscia, di trovarsi isolati, e indifesi, di fronte al gran numero di persone che agiscono e pensano in un determinato modo. "Se io sono uguale agli altri - scrive Fromm - sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine [...] La maggior parte della gente non si rende nemmeno conto del proprio bisogno di conformismo. Vivono nell'illusione di seguire le proprie idee ed inclinazioni, di essere individualisti, di aver raggiunto da sé le proprie convinzioni; e si dà il fatto che le sue idee siano le stesse della maggioranza. Il consenso generale serve come riprova della correttezza delle proprie idee". (Fromm, 1963)
Per dare un'idea dei principali condizionamenti esercitati dalla società facciamo qualche esempio. L'educazione a controllare i propri impulsi, che dovrebbe aiutare il bambino a divenire padrone di sé, finisce troppo spesso per eliminare la spontaneità e la genuinità dei pensieri e dei comportamenti; il tono allarmistico con cui viene trattata in genere la sessualità da una percentuale ancora molto alta di genitori ed educatori finisce spesso per indurre inibizioni sessuali e, di riflesso, mancanza di sicurezza; il disinteresse di troppi insegnanti per il pensiero "originale" degli alunni (giudizi, impressioni, argomentazioni, che darebbero la misura delle loro capacità, farebbero comprendere le loro inclinazioni e metterebbero realmente in comunicazione l'insegnante e l'allievo) e la richiesta di un apprendimento nozionistico scoraggiano ogni aperta manifestazione della personalità e inducono ad una umiliante rassegnazione. D'altra parte, tutti conoscono l'efficacia dei messaggi provenienti dai mezzi di comunicazione di massa nel suggerire gusti, mode, comportamenti in grado di... garantire successo e felicità!


Franco Chirico massone, Cammino Neocatecumenale

venerdì 18 marzo 2016

Illegalità nella Pubblica Amministrazione

Nell'estate del 2008, prima di partire per Caracas, tornai a Napoli per sbrigare un paio di faccende. Dovevo recuperare dei documenti e parlare con Franco Chirico.

Tra i documenti da portare c'erano i due attestati conseguiti all'estero, dato che il punteggio di quel periodo di insegnamento non mi era stato ancora riconosciuto. Inoltre presi la mia radiografia panoramica dei denti. Per non dimenticare nessuno di questi documenti, ebbi l'accortezza di metterli via quasi subito: furono le prime cose che sistemai in borsa.

Quando giunsi a Como, il 14 agosto, lasciai queste carte nelle loro buste sulla libreria dove rimasero del tempo. Quanto tempo siano rimaste lì, non mi è dato saperlo. Credo pochi giorni, forse una decina. Infatti, nel gennaio del 2009 e solo allora, ho scoperto che alcuni di quei documenti, la radiografia e l'attestato di lavoro rilasciato dal Consolato generale di Caracas e firmato dalla Greco (Anna Grazia, la fuorilegge ndr), non c'erano più.



Il 18 agosto partivo per Caracas, rientrando a Como solo il 24 settembre. E dato che mi aspettavano altre novità, non ebbi tempo, né voglia di mettere mano a quelle carte.

In sostanza mi trovai misteriosamente escluso dalle graduatorie, e dunque senza lavoro, di punto in bianco, e senza un perché.

A scuola non ne sapevano niente, o almeno questa era la loro versione.

Al Provveditorato di Como, la solerte impiegata mi disse che neanche lei ne sapeva niente, ovvero che il motivo della mia esclusione dalla graduatoria era dovuto all'aggiornamento manuale fatto dai colleghi inseriti con riserva. La zelante dipendente della Pubblica Amministrazione mi disse che era "...successo anche ad altri...", e la colpa era dovuta ad un errore "del computer..."  E come si agitava per convincermi...

La sede del provveditorato di Como


Ora, non sono proprio uno sprovveduto. Ho lavorato per circa un anno a fianco di ingegneri ed informatici e una certa idea di come funzioni un archivio me la sono fatta. Inoltre ho vissuto e lavorato all'estero per più di tre anni, anche lì senza grandi sforzi una certa esperienza l'ho maturata. Eppure, una cazzata più grossa di quella sparata quel giorno dalla irreprensibile impiegata del Provveditorato di Como, non l'ho mai sentita. Né a Napoli, né altrove nel mondo.

Una cosa proprio fuori da ogni umana immaginazione.

Eppure, ho voluto verificare lo stesso, sono una persona ragionevole e che sa ascoltare. Ebbene quello che ne è venuto fuori è che un fatto simile, l'esclusione dalle graduatorie, poteva essere solamente DOLOSO. 
Dunque l'impiegata modello, quel fulgido esempio di trasparenza, stava parando il culo a qualche figlio di puttana (curnùt e impotente) che si era preso la briga di andarmi a cancellare dalla graduatoria.



Dunque mi trovavo senza lavoro: una situazione davvero spiacevole, specie quando avviene con queste modalità così, come dire, truffaldine. In totale spregio delle più elementari norme.

Come se non bastasse ero anche senza copertura della disoccupazione. Infatti, benché fossi andato regolarmente a presentare domanda nei tempi presso la sede Inps di Como, l'impiegata cui feci richiesta, una donna corpulenta e bionda di mezza età, mi rispose che non mi spettava: non avevo maturato i due anni dal primo stipendio. E invece, l'anno successivo vengo a sapere che ne avevo diritto già da almeno 5 anni! Infatti i miei primi contributi risalgono al 2002.

La sede dell'Inps di Como
 
Non lavoravo, non avevo sussidi e dovevo pagare l'affitto. 

In un certo senso si era avverata la previsione di quel venditore ambulante di calzini alla stazione di Napoli il 24 settembre 2008. 
Il tipo era salito salito sul treno per propormi la sua merce. Gli avevo risposto che non avevo soldi e lui aveva detto che glieli avrei pagati entro 15 giorni, quando sarei ritornato... Ha continuato ad insistere su questo tono finché non ho alzato le braccia, come a dire che mi aveva rotto i cosiddetti... a quel gesto il bellimbusto, nonostante i tatuaggi e il look da pregiudicato, non è rimasto un attimo più sul treno scomparendo letteralmente alla mia vista. 
Come tutti gli spacconi, al momento della verità si era dimostrato un coniglio...

A ripensarci quel frocetto era troppo tirato e palestrato per essere un semplice ambulante di calzini. E allora chi era quel ricchioncello
Uno sbirro in borghese in vena di spiritosaggini? Un finanziere in incognito al soldo delle 'ndrine? Non mi raccapezzo mai abbastanza dell'elevato livello di corruzione raggiunto in Italia: i rappresentanti istituzionali non ne sono affatto immuni...

Con quel poco invidiabile bagaglio, sono ritornato a Napoli a sbrigare il ricorso per quei disonesti contapalle del Provveditorato di Como.

Di lì ho ripreso a lavorare a metà dicembre. Poi ci sono state le vacanze di natale ed eccomi, la prima settimana del gennaio 2009, a rimettere le mani su quei documenti.

Ero ancora a Napoli il 19 settembre quando mio fratello aveva provato a chiamarmi dalla Spagna, dove viveva, sul cellulare.

Il mio cellulare squillava, ma io l'avevo lasciato a Como più di un mese prima, alla partenza per Caracas. Quando tornai, trovando tutto apparentemente in ordine non ci diedi importanza. Poi,  resomi conto che mancavano i documenti mi ricordai... 
Anche se, nel complesso, mi sembra poco sensato che i documenti siano spariti in quella data, quando cioè ero già in Italia e relativamente al sicuro. Penso in particolare alla radiografia, che senso aveva farla sparire il 19 settembre? Ero rientrato da Caracas da più di 15 giorni, dove effettivamente qualche rischio lo avevo corso.

In effetti tutto quello che potevano fare quei miserabli merdaioli della cricca di Anna Grazia Greco, l'hanno fatto. E anche a Caracas hanno fallito definitivamente. Il massimo che sono riusciti a ottenere è farmi un megapompino...

Nel complesso mi ritengo abbastanza soddisfatto del trattamento, ma confido che col tempo costoro possano ancora migliorare la tecnica... 

sabato 12 marzo 2016

Piero Golia e il corso del Libero Nudo all'Accademia di Belle Arti di Napoli

Dal momento che Piero Golia non ha mai fatto menzione del suo periodo di apprendistato all'Accademia di Belle Arti di Napoli (1995-1997), comincio a domandarmi perché il Nostro abbia rimosso un'esperienza così ricca ed esclusiva. Specialmente considerando l'assiduità della sua presenza con il gruppo degli anarchici. Trattandosi di un evidente caso di rimozione, vediamo se può essere di aiuto la psicoanalisi...

Rimozione: termine della psicanalisi che indica l'"espulsione ed esclusione dalla coscienza" di pensieri, immagini, ricordi, sentiti come pericolosi dall'Io, che perciò se ne difende relegandoli nell'inconscio. La rimozione è il principale meccanismo inconscio di difesa dell'Io. Così Freud la descrive "L'Io percepisce una richiesta istintuale proveniente dall'Es alla quale vorrebbe resistere poiché sospetta che il suo appagamento potrebbe essergli pericoloso, in quanto capace di provocare una situazione traumatica, una collisione con il mondo esterno a cui non saprebbe tener testa dal momento che gliene mancano ancora le forze. L'Io si comporta quindi con il pericolo derivante dall'istinto come se si trattasse d'un pericolo esterno: intraprendendo un tentativo di fuga, ritirandosi da questa porzione dell'Es e abbandonandola al proprio destino dopo averle negato tutto l'aiuto che solitamente fornisce ai moti istintuali [...] Con l'aiuto della rimozione l'Io segue il principio del piacere, che altrimenti è solito correggere, ma ne deve subire le conseguenze; queste consistono nel fatto che l'Io vede ormai definitivamente ridotta la propria sfera d'influenza. Il moto istintuale rimosso sarà d'ora in avanti isolato, abbandonato a se stesso, inaccessibile, ma anche non influenzabile. Esso procederà per la propria strada".
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Lory, corso del Libero Nudo frequentato da Piero Golia

Disegno a linea continua: la ragazza di Piero Armenti e l'artista di strada







 Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio.

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti
Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.

C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


Io e la ragazza di Piero Armenti - disegno a linea continua


Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo...

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.
Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine.
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu.
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio".
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...

mercoledì 3 febbraio 2016

Uomo che saluta, olio su tela - 1997

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicché, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.


Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

Leonardo da Vinci, il disegno

Leonardo comincia dal di dentro, dallo spazio mentale, e non dalle linee di un contorno ben aggiustato, per finire (quando rifinisce e non lascia invece i suoi dipinti incompiuti) effondendo la sostanza del colore come un soffio che investe la concezione dell'immagine corporea propriamente detta, assolutamente indescrivibile. I dipinti di Raffaello si adagiano in 'piani' dove si compartiscono  i gruppi armoniosi, e uno sfondo limita l'insieme con molta misura. Leonardo non conosce che lo spazio unico, vasto, eterno, in cui – per così dire – si vedono le figure planare. Il primo offre nell'ambito dell'immagine una somma di oggetti individuali e contigui; il secondo una porzione d'infinito.
 O. Spengler, Der Untergang des Abendlandes, 1917


Leonardo da Vinci, disegno


Il volo Alitalia e la dipendente di Anna Grazia Greco

Il 18 agosto 2008 mi imbarcai sul volo Alitalia (AZ 0686) destinazione Caracas. Il mio vicino di poltrona era un ragazzo che andava a lavorare in una zona sperduta del Venezuela, El Tigre. 
Il tipo aveva detto di chiamarsi Alessandro e lavorava per l'Eni. 
Il fatto strano è che di ritorno dall'Italia, aveva già un barbone di un paio di mesi, come chi provenga da un posto dimenticato da Dio... 
Molto casualmente, invece, seduta sulla poltrona davanti alla mia, c'era una signora siciliana di mezza età che lavorava al Codazzi. Proprio così: costei era alle direttte dipendenze della Greco, Anna Grazia Greco: dirigente emerita del Codazzi, fuorilegge per vocazione.

Questa insegnante dal passaporto diplomatico, partiva con quasi 2 settimane di anticipo dall'inizio della scuola: una vera stakanovista... Anche se alcune indiscrezioni raccolte a Caracas, affermavano che quest'insegnante non avesse i titoli per insegnare al Codazzi... 
In realtà quella befana era destinata all'università di Merida in qualità di lettrice.

Anna Grazia Greco

mercoledì 27 gennaio 2016

Un’email a Kyong Mazzaro AC4 - Columbia University | La corrispondenza con un’improbabile blogger

Quando ho cominciato a scrivere di Kyong Mazzaro nei miei blog, per dovere di trasparenza (legge 241/90) ho voluto personalmente metterla al corrente, così come ho fatto per altri soggetti di cui ho narrato le gesta.
In quel periodo Kyong Mazzaro aveva già cominciato la sua favolosa carriera accademica alla Columbia University, cosicché non è stato difficile reperire la sua email.
Il bello è che quella capra (mai conosciuta una simile demente) non avendo capito chi ero, mi ha pure risposto, ringraziandomi per il pensiero...

Tempo dopo, quando ha visionato il blog ed ha finalmente capito con chi aveva a che fare, si è messa per un certo periodo “in sonno”, scomparendo di punto in bianco dal web (foto, scritti, documenti etc.)
Il testo che segue è l’email che gli ho inviato:

Da:     Kyong Mazzaro (kmazzaro@ei.columbia.edu) Hai spostato il messaggio nella posizione attuale.
Data invio:    lunedì 26 novembre 2012 15:38:15
A:    Gianluca Salvati (g...@...com)

Ciao Gianluca,

Grazie della tua mail. Era da tanto che non ci sentivamo. Qui va tutto bene, spero sia il caso anche per te.
Daro' un'occhiata al tuo blog.

Tanti saluti,
K
________________________________
From: Gianluca Salvati [g...@...com]
Sent: Saturday, November 24, 2012 2:20 PM
To: Kyong Mazzaro
Subject: ciao Kyong

Ciao Kyong,
come te la passi ?

Vedo che ne stai facendo di strada. Mi fa piacere, ovviamente. Io continuo a dipingere e, da qualche anno ho intrapreso anche la strada della scrittura, come puoi ben vedere:

storiadiunquadro.blogspot.com/


arrivederci, salutami il nostro comune amico
Gianluca

p.s. Dunque, se avete una figlia che non è proprio una cima, non disperate: c’è una brillante carriera accademica per lei alla Columbia University di New York...  oh yeah!



Kyong Mazzaro, ex-blogger - AC4, Columbia University



martedì 17 novembre 2015

Verso una soluzione dell’empasse Codazzi? - La Voce d'Italia | Anna Grazia Greco e Minerva Valletta

CARACAS- L’odissea della Codazzi continua. Venerdì 5 settembre i genitori e la giunta direttiva si sono incontrati nelle installazioni della scuola. Una riunione infuocata, cui ha preso parte anche la direttrice didattica dell’ambasciata, Anna Greco. Il nuovo responsabile amministrativo, Eleonora Vaccaro, ha presentato su lamine power point  lo stato finanziario della più antica delle scuole italiane in Venezuela. Con numeri e grafici ha mostrato come la Codazzi è in difficoltà economiche, ma chiedere soccorso allo Stato italiano è inutile. Il contributo che arriva è vincolato agli stipendi dei professori italiani, non dovrebbero comunque arrivare più di cinque giovani insegnanti. Che la Codazzi debba fare da sé, lo ha confermato anche Anna Greco. Ha ribadito come questa sia una scuola paritaria ma non statale, quindi rilascia titoli validi in Europa, ma economicamente deve sostenersi da sola.

Si è cercato di ricucire lo strappo tra la giunta direttiva guidata da Giovenco (oramai a fine mandato) e i genitori “ribelli”, guidati da Minerva Valletta. Sono stati quest’ultimi l’anno scorso a decidere di non pagare le rette, dopo che vennero raddoppiate nel giro di un anno, a distanza di tre mesi: settembre poi dicembre.

Quattro, cinque famiglie hanno poi impuntato i piedi, si sono rivolti al ministero dell’Educazione venezolano per ottenere il blocco dell’aumento.La retta da pagare adesso è circa 770 BsF, non potrà essere modificata durante l’anno. Nel caso ce ne fosse bisogno, verranno concordati contributi aggiuntivi con i genitori.

I problemi principali da affrontare ora sono due. Le spese legali per fare ricorso contro il ministero dell’Educazione, circa 200.000 BsF. Soldi che purtroppo graveranno sulle spalle dei genitori. Bisogna poi verificare caso per caso chi ha saldato i debiti dell’anno passato, si procederà poi all’iscrizione. Intanto riapre  regolarmente la scuola, a partire da martedì 8 settembre.
Pubblicato il 07 settembre 2008 da Piero Armenti - 7/9/08

Nulla dies sine linea, penna su carta - Gianluca Salvati
 

domenica 15 novembre 2015

Collettività - Riunione alla Codazzi, Giunta direttiva nel mirino

Pubblicato il 21 novembre 2012 da redazione
CARACAS – Prendete un nutrito gruppo di genitori infuriati, un Console dai mille propositi, una giunta direttiva apparentemente acefala e un rappresentante dell’Ambasciata forse eccessivamente discreto. Aggiungete un Comites che finalmente decide di fare il suo lavoro e l’entrata in scena improvvisa del governo venezuelano nelle vesti di due funzionari del ‘Ministero de Educación’. Condite tutto con denunce, lamentele, attacchi e tentennanti difese, ed eccovi servita la “riunione informativa” che ieri avrebbe dovuto risolvere i tanti problemi della scuola privata italiana A. Codazzi di Caracas ma che, nei fatti, non ha portato a nulla. Tutto è stato rinviato ad un nuovo incontro il 29 novembre.

Scoppia il ‘caso Codazzi’
Nonostante le polemiche e le lunghe discussioni, la situazione non ha ancora i contorni ben definiti e i punti interrogativi sono tuttora molti. Quel che è certo è che, dopo una traiettoria di più di mezzo secolo ed anni di contributi governativi (dai 140 mila euro del 2007 ai 17 mila dell’anno scorso), la storica istituzione scolastica della capitale si dice al limite della bancarotta e minaccia di chiudere i battenti.
La crisi, che si trascinava da tempo, scoppia a settembre, quando a due settimane dall’inizio dell’anno scolastico la giunta direttiva convoca le famiglie degli alunni per comunicare un aumento delle tariffe scolastiche improvviso quanto esagerato: le rette mensili passano da 1.830 bolivares a 3.500, le quote d’iscrizione per i nuovi arrivati da 3.500 a famiglia a 5.000 ad alunno e quelle per i già immatricolati da 1830 a famiglia a 3.500 ad allievo. Secondo la scuola, solo un rincaro di tali proporzioni avrebbe permesso di coprire sia i buchi causati dalle famiglie morose sia l’aumento del salario del personale scolastico. L’aumento, però, è illegale, in quanto la legge venezuelana permette di alzare le quote ad un massimo del 10% l’anno e con previo consenso unanime dell’assemblea dei genitori.
Le famiglie dei ‘codazzini’ non accettano il rincaro e neppure l’atteggiamento dell’attuale giunta direttiva che preferisce imporsi con decisioni già prese che dialogare con i diretti interessati. “Siamo qui per informare, non per discutere o negoziare” avrebbe detto la seconda vicepresidente della giunta, Gladys Burgazzi, ai genitori che chiedevano spiegazioni (giustificando ieri le sue parole con un risibile “non avevamo il microfono”). Le famiglie in protesta presentano quindi denuncia presso l’Indepabis (Istituto per la Difesa delle Persone nell’Accesso ai Beni e Servizi) e annunciano la costituzione di una ‘Società di Genitori e Rappresentanti’ che possa ricevere donazioni da destinare alla scuola, realizzare le riparazioni necessarie, chiedere un rendiconto finanziario e la presentazione di fatture. Non è solo una questione di soldi: i genitori si dicono disposti a pagare, ma solo se, in cambio, viene offerta ai loro figli un’educazione di qualità in una struttura di qualità. È ufficialmente scoppiato il ‘caso Codazzi’.

Una proposta ignorata
Tra settembre ed ottobre si susseguono gli incontri incrociati tra le parti: l’ufficio del Console Davoli si apre e si chiude ad ogni battito di ciglia, il Comites è invitato a cena da esponenti della Collettività per cercare soluzioni, le famiglie discutono tra loro e si organizzano ed entra in ballo anche l’Ambasciata. L’esito delle discussioni è la riunione di ieri e la proposta avanzata dal Console, presentata come unica soluzione all’empasse della scuola: pagamento delle morosità, rette mensili a quota 2.900 bolivares e borse di studio da parte del governo italiano per chi non può pagare più di 1.830 bolivares.
I genitori, però, anche questa volta reagiscono mettendosi sul piede di guerra e per tutta la durata della riunione scagliano contro la giunta direttiva una serie di attacchi e critiche, ignorando di fatto la proposta del Console (definita “fenomenale” dal presidente del Comites, Michele Buscemi) che in pochi minuti finisce purtroppo nel dimenticatoio.
La ragione di tanta aggressività è in primo luogo la assoluta mancanza di fiducia delle famiglie nei confronti di una Giunta direttiva considerata illegittima, inefficiente e, per alcuni, furbetta per quanto riguarda l’amministrazione del denaro. Quando un genitore da voce a questo malcontento senza troppi giri di parole, scoppia un fragoroso e lungo applauso che ammutolisce tutto il palco: il preside Gianfranco Incerpi, il vicepresidente della Giunta Giudo Brigli, la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi, il Console generale Giovanni Davoli, il membro del Comites Michele Buscemi, il primo Consigliere d’Ambasciata Paolo Mari. Non il Presidente della Giunta direttiva della Codazzi, Adriano Giovenco, che ha stupito tutti non presentandosi all’incontro.

Cricca Codazzi nel mirino, collage e tecnica mista 2004-2016


Illegittima, inefficace, furbetta
Illegittima, si diceva. Lo statuto dell’associazione civile senza fini di lucro che regge la Codazzi stabilisce che la Giunta debba essere rinnovata ogni biennio ma l’attuale direzione non mette a disposizione le sue poltrone da più di otto anni. Ai genitori che chiedono le ragioni di questo sistema antidemocratico, la Giunta risponde con un sonoro silenzio. L’unico passo avanti è stato l’impegno del Vicepresidente a convocare un’assemblea dei soci per il mese di febbraio.
Per quanto riguarda l’inefficienza, stando a quanto denunciato dai genitori da qualche anno a questa parte le strutture sono in degrado, la manutenzione scarsa, le infiltrazioni costanti. Manca la carta igienica, i bagni non funzionano, l’auditorium e il ‘salón maternal’ sono chiusi, il laboratorio di fisica è inattivo, il bar è sprovvisto di tutto ciò che non abbia la forma di una ‘empanada’ fritta. Secondo una mamma, “non vale la pena pagare un solo bolivar per un’educazione che non risponde neppure ad un minimo livello di salubrità”. Per un’altra, invece, è legittimo iniziare a pretendere un contratto scritto che impegni la scuola in investimenti mirati nel miglioramento dell’Istituto per ogni nuovo apporto delle famiglie. “Nessuno paghi un solo bolivar se non ci dicono dove finiscono questi soldi”.
Alla qualità delle strutture si affianca quella dell’insegnamento. Un tema delicato che si è toccato quando una mamma del Comitato genitori ha chiesto come il Console, nelle vesti di Procuratore agli Studi, avesse potuto firmare e quindi certificare la pagella di sua figlia contenente i voti di inglese e musica, materie che questa non aveva frequentato per quasi tutto l’anno a causa dell’assenza di professori. La donna ha parlato di “falsificazione di documenti pubblici”.
Si è chiamata in causa la questione del ‘corpo docenti’. “Io non voglio elemosina – ha dichiarato una mamma riferendosi alle borse di studio proposte dal Console -. Io pago se ho la garanzia di non vedere un professore diverso ogni due settimane”.
Perché tanti problemi con i professori? Una delle cause pare sia la contrattazione in nero.  Esemplare il caso di Gianluca Salvati, professore alla Codazzi dal 2004 al 2006: chiamato a prestare servizio dalla Dirigente scolastica Anna Greco in persona, dopo aver lasciato il suo posto di lavoro Salvati è arrivato a porgere denuncia in Tribunale al fine di ottenere dalla scuola la legittima liquidazione che questa voleva negargli. La Codazzi, come si legge negli atti del processo, per non dover sborsare quattrini ha addirittura negato in aula “l’esistenza di una relazione lavorativa tra le parti” e quindi qualsiasi obbligazione economica nei confronti del professore (cose che succedono, quando non si ha dalla propria parte un contratto). Fortunatamente, e in tempi brevi, la giustizia venezuelana ha dato ragione al giovane insegnante ed ha obbligato la scuola a pagare l’importo dovuto. Sul suo blog, Salvati ha pubblicato gli atti del processo e l’assegno relativo al pagamento della sua liquidazione, oltre ad una copia della sua carta d’identità venezuelana (numero E.82.360.383), precisando che è un documento falso, comprato, “ottenuto illegalmente, dopo più di un mese di clandestinità, tramite corruzione di Pubblico Ufficiale e in assenza di registrazione alla Camera del Lavoro”. Parla poi delle “difficoltà affrontate in Italia per ottenere il riconoscimento del punteggio maturato e  dell’affannosa quanto inutile ricerca dei legittimi contributi maturati in quegli anni di lavoro al limite dello sfruttamento”.
La denuncia avanzata da Salvati non è un caso isolato, sono infatti numerosi i docenti che si sono rivolti alla legge venezuelana per vedere rispettati i loro diritti di lavoratori. Questo spiegherebbe un dato presentato da una mamma ed estratto dai bilanci della scuola: 250 mila bolivares a Simone Giovenco, avvocato della scuola ma soprattutto moglie del presidente della Giunta. Una cifra che crea sospetti, così come crea perplessità l’esistenza di un conto corrente aperto anni fa dalla scuola in Svizzera. Un conto da anni inutilizzato dove finiscono i finanziamenti del governo italiano ed in cui, si è difesa la Giunta, è accumulato il denaro per i tfr degli insegnanti.
Il Console, avanzati dai genitori i primi dubbi sulla giusta amministrazione economica della scuola, si è affrettato ad assicurare l’esattezza dei bilanci presentati dalla giunta, comprovata da una revisione effettuata in modo incrociato con l’Ambasciata d’Italia. Le analisi confermerebbero l’esistenza di una “situazione di difficoltà” e “nessuna prova di illeciti”. Ma il Comitato genitori, dal canto suo, non è convinto: sostiene che i conti non sono trasparenti e che i numeri presentati dalla scuola – numero di alunni, morosità, stipendi, spese – sono falsi. A questo proposito ha costruito un contro-bilancio dal quale si evince l’inesistenza di una situazione di passivo economico ed ha chiesto di partecipare alla stesura dei rendiconti anche con i genitori che non fanno parte del Comitato. Il documento è stato chiesto dal Console per una valutazione ufficiale.
I genitori hanno accusato la Giunta direttiva di una serie di manipolazioni della documentazione ma anche di una serie di irregolarità nei confronti della legge venezuelana. “Sono andato al Ministero dell’Educazione e mi hanno detto che c’erano due carrelli pieni di fascicoli sulla Codazzi” denuncia un genitore. Una testimonianza corroborata dall’intervento di Euridice Álvarez, Coordinatrice dei plessi privati del Distretto Capitale, secondo cui l’Istituto Codazzi “si trova illegale all’interno del Ministero dell’Educazione”, “non compie con i 27 requisiti delle istituzioni scolastiche” ed è gestito da una “giunta irresponsabile”. Giunta che, dal canto suo, non nega qualche ‘problemino’: “Chi non ha mai avuto problemi con il ‘seguro social’” si è difeso Brigli.
Il governo venezuelano, comunque, sembra appoggiare i genitori nella loro lotta per il proseguimento e il buon funzionamento della scuola. Noel Diaz, Capo del controllo e della valutazione studi del Ministero dell’Educazione, ha ribadito che “siamo in Venezuela e qui non si chiuderà né la parte italiana né la parte venezuelana” della Codazzi. Una promessa che, visti i precedenti, sembrerebbe veritiera. Infatti in passato è stato il Ministero venezuelano ad impedire la chiusura delle sezioni venezuelane e della scuola materna italiana dell’Istituto. Ed ora, per dare un’ulteriore spinta sulla buona strada, Diaz ha consigliato di convocare alla prossima riunione anche i rappresentanti della ‘Defensoria del Pueblo’, della Procura e della ‘Defensoria de Niños, Niñas y Adolescentes’, ribadendo però che si tratterà solo di un accompagnamento. “Senza pregiudicare nessuno, il Venezuela vi ha sempre rispettati” ha dichiarato.
Ad alcuni sembra che da parte della Giunta direttiva manchi la volontà di far funzionare la Codazzi. E’ stata denunciata l’esistenza di un documento al Ministero de Educación secondo cui la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi “continua ad attendere la chiusura della scuola”; ci sarebbero 37 bambini cui sarebbe stata impedita l’iscrizione all’Istituto (lo stesso Istituto secondo cui una delle principali cause dei problemi economici attraversati è la mancanza di nuove immatricolazioni); aiuti e donazioni rifiutati (come quello dell’Eni, che si sarebbe offerto a riparare l’auditorio ed a pitturare l’intera struttura). Ci sarebbe poi una Giunta che negherebbe ai genitori la possibilità di incontrarsi nella sala riunioni obbligandoli a discutere e manifestare in strada; ci sarebbe la brutta esperienza dell’Istituto Bolivar y Garibaldi non ancora dimenticata che crea incertezze e corrode la fiducia nelle istituzioni italiane; ci sarebbe… E ci sono i bambini.


http://voce.com.ve/2012/11/21/50314/riunione-alla-codazzi-giunta-direttiva-nel-mirino/

"Agustin Codazzi" Giunta direttiva nel mirino
 

giovedì 29 ottobre 2015

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli | Le istituzioni umanistico-rinascimentali e la cultura italiana

Accademia: istituzione umanistico-rinascimentale italiana, poi diffusasi in tutta Europa e giunta fino a noi: le accademie furono libere associazioni di dotti (scienziati, artisti, letterati) nate con l'intento di promuovere la cultura e di garantire la comunicazione fra intellettuali. Spesso protette da regnanti e mecenati, esse si dotarono nel corso del Cinquecento, di precisi statuti e di finalità specifiche (teatrali, editoriali, filosofiche, scientifiche, ecc.). Fra le più famose ricordiamo l'Accademia platonica di Firenze, riunita attorno alla personalità di Marsilio Ficino, l'Accademia della Crusca (fondata nel 1583), che a partire dalla fine del Cinquecento esercitò una funzione puristica in ambito linguistico; l'Accademia dei Lincei (1603) e l'Accademia del Cimento (1657-67), nate con finalità scientifiche; l'Accademia d'Arcadia, che dominò il gusto letterario del primo Settecento. Il modello italiano ispirò in Europa altre grandi istituzioni nazionali come l'Académie Francaise, la Royal Society, l'Accademia prussiana delle scienze.
In campo artistico, la prima accademia venne creata nel 1562 a Firenze. Ne fu promotore Giorgio Vasari, che ottenne dal duca Cosimo I il permesso di destinare un luogo al dibattito teorico e all'apprendimento artistico, cui venne dato il nome di Accademia del Disegno.
Nell'intento di Vasari l'Accademia aveva lo scopo di raccogliere le esperienze artistiche disseminate e produrre un'attività pratica e teorica capace di dare nuovo impulso e soprattutto un crescente prestigio alla produzione delle arti. Nelle intenzioni di Cosimo I, invece, l'Accademia aveva lo scopo di esercitare un controllo sull'attività artistica, legandola saldamente agli interessi della dinastia medicea. All'inizio, dunque, l'accademia nacque sulla base di una coincidenza di interessi tra artisti, desiderosi di avere uno spazio di elaborazione culturale, e potere politico, interessato a dare a tale elaborazione una precisa funzione di sostegno al proprio operato e ad evitare ogni eventuale gesto di autonomia o di ribellione da parte degli artisti. Questi interessi, però, col tempo si rivelarono contraddittori, e nelle numerose accademie che si formarono sul modello fiorentino finì col prevalere l'aspetto burocratico-amministrativo ed istituzionale.
Questa evoluzione contribuì a svuotare le accademie del loro iniziale slancio creativo e a trasformarle in corporazione, allineate al gusto ufficiale ed alla politica culturale delle classi dominanti. Ed infatti il termine "accademico" nel XIX secolo finì per assumere un significato deteriore, riferito ai caratteri conformisti e subalterni della produzione artistica.
Un discorso a parte va fatto per la accademie private, fiorite nel XVI secolo sul modello dell'esperienza fiorentina, ma caratterizzate da una maggiore autonomia nei confronti del potere politico. Tra queste, la più famosa fu quella bolognese degli Incamminati, fondata dai Caracci alla fine del Cinquecento.
Scrittori e opere, Marchese/Grillini – ed. La Nuova Italia

Piero Golia all'Accademia di Belle Arti di Napoli - 1997
 

domenica 11 ottobre 2015

Diritti umani e fascismo: il caso di Human Rights Watch

Cercando sul web gli articoli di un giornalista italiano conosciuto a Caracas, Enrico De Simone, mi sono imbattuto in questo che ho trovato molto interessante:

19 Settembre 2008
Nella serata di giovedì 18 settembre, il governo venezuelano ha decretato l’espulsione dal paese di José Miguel Vivanco, l’avvocato cileno direttore della sezione America latina di Human Rights Watch.
La sua colpa: avere tenuto, nel pomeriggio di quello stesso giorno, una conferenza stampa in cui denunciava come, dal fallito golpe del 2002 ad oggi, la situazione dei diritti umani in Venezuela sia andata deteriorandosi.
Poche ore dopo – come ha raccontato lo stesso ministro degli Esteri venezuelano, Nicolas Maduro – Vivanco e il collaboratore che lo accompagnava venivano accompagnati all’aeroporto, messi su un aereo e espulsi dal paese, con la proibizione di tornarci in futuro. Vivanco – recita un comunicato governativo firmato da Maduro e dal suo collega degli Interni, Tarek El Aissami – “ha violentato la Costituzione e le leggi della Repubblica Bolivariana del Venezuela, aggredendo le istituzioni della democrazia venezuelana e immischiandosi illegalmente negli interessi del paese”. Maduro ha poi dichiarato che il direttore di HRW (Human Rights Watch) ha contravvenuto alle norme che regolano il transito attraverso il Venezuela di cittadini stranieri in condizione di turista, presentando “in maniera abusiva e volgare” una conferenza stampa “dove ha vilipeso le istituzioni della democrazia venezuelana, dove ha ferito la dignità delle nostre istituzioni, del nostro popolo, della nostra democrazia”. L'“aggressione” di HRW “risponde – continua la nota – a interessi vincolati e finanziati dal governo degli Stati Uniti d’America, che dietro la maschera di difensori dei diritti umani dispiegano una strategia di aggressione inaccettabile per il nostro popolo”. Per rendere ancor più chiaro quest’ultimo concetto, Maduro ha dichiarato: “Sono sicuro che dietro questa imboscata mediatica ci sono quelli di sempre, i padroni dei mezzi di comunicazione legati agli interessi dell’impero e quei gruppetti che, proclamandosi difensori dei diritti umani, ricevono soldi da Washington”.
Enrico De Simone, L'Occidentale
Enrico De Simone La Voce d'Italia (Caracas) - L'Occidentale, Roma
L'articolo è molto più lungo e argomentativo, ma la vicenda in sé ha molti spunti di riflessione.
Dal mio modesto osservatorio, di chi ha vissuto per quasi 2 anni a Caracas e si è trovato spesso a lottare per i propri diritti, l'occasione non poteva essere più ghiotta. Ho letto il rapporto di José Miguel Vivanco, direttore della sezione per l'America latina di HRW, sgradito al regime di Hugo Chavéz
Questa denuncia è un'accozzaglia di luoghi comuni e di falsità in linea col metodo fascista adoperato dal Vivanco per declamare le sue “verità”. Per non parlare dell'effetto focalizzazione magicamente creato da una (finta) pluralità di mezzi di comunicazione (il cosiddetto soft power), radio, tv e giornali.
Qualche mese prima che Enrico De Simone giungesse a Caracas, avevo domandato ad una rappresentante del Ministero degli Esteri (italiano): “il diritto non è cultura ?” (Auditorium della scuola “Agustin Codazzi” - 10/03/2005). La funzionaria che aveva appena esposto le linee guida del suo ministero, mi aveva candidamente risposto: “No, il diritto non è cultura.” 

Fax Art - Caracas, marzo 2006 - Gianluca Salvati
La platea accolse silenziosamente l'asserzione.
La mia domanda era necessariamente provocatoria, ma la risposta era da medio evo, se non peggio, da età della pietra
Chissà cosa avrebbe risposto il signor Vivanco a quell'affermazione. Come se non bastasse, i rappresentanti istituzionali si proclamarono impotenti rispetto a quei delinquenti in grisaglia della giunta del Codazzi, nonostante il ministero elargisse un lauto assegno ogni anno al Codazzi.
Come ho già scritto eravamo senza contratto (a tempo determinato). Io avevo rischiato la pelle per un avvelenamento, che a quei tempi (ero ancora ingenuo) pensavo fosse stato un accidente. 

Eppure, non potevamo accampare diritti, mentre quei signori venuti da Roma, dovevano dirci cosa fare in classe dato che avevano regalato la paritarietà a quella scuola.
Il giorno dopo mi assentai, avevo una reazione di schifo verso quella gente.
Che strumenti avevo per far valere i miei diritti?
Qualcuno nel mondo ha inventato le associazioni per i diritti umani, tipo questa di Human Rights Watch, non so esattamente cosa siano né come operino, ma verrebbe automatico rivolgersi a loro. Mi pare di aver capito che, rispetto alle questioni, si pongano in questo modo: “dato che noi siamo più civili (e di certo migliori) di voi, queste sono le giuste ricette per elevarvi dal vostro stato di abiezione al nostro di onniscienza...”
Alla tv si parla spesso di loro, specie se di matrice yankee e non governativa, che oggi fa tanto figo... Immagino che costoro abbiano avuto un bel da fare in America latina, con tutti quei dittatori...
Come alternativa colta alle associazioni per i diritti umani, c'è la possibilità di rivolgersi ai tribunali di giustizia. Già, i tribunali del Venezuela, il rapporto di Human Rights Watch li descrive come asserviti alla politica. Sarà per questo che non ho mai sentito Chavéz scagliarsi contro i giudici e le loro sentenze ?

Hugo Chavez, el comandante
Ero assetato di vendetta, decisi per la seconda opzione. Feci causa a quegli idioti infami dell'onorata associazione delinquenziale “A. Codazzi” di Caracas e, nel giro di un paio di anni ho avuto giustizia, quella stessa giustizia che, a detta degli eminenti funzionari della Farnesina, nota istituzione ex-prestigiosa del mio democratico paese, avrei dovuto attendere in un'altra vita...


Tornando alla causa civile contro quei venduti del Codazzi (degni figli di infami taglia-gole), mi ha sconvolto la brevità dei tempi: appena due anni. In Italia, nella progredita Italia, quei tempi ce li sogniamo. Ma anche questo non è casuale. La colpa di ciò è da ascriversi unicamente alla cattiva politica troppo spesso parente stretta dell'illegalità diffusa e del crimine organizzato.
La verità e che qui si predilige l'impunità a scapito della legalità.
Per tutti questi motivi quel rapporto HRW mi è parso particolarmente falso e pretestuoso: una vera merdata.
Qualcuno potrebbe obiettare che la mia è un'esperienza unica. Errato. 
Negli anni 2006-2007, quei gaglioffi dell'associazione senza scopo di lucro con conto cifrato su banca svizzera (Credìt Suisse – sede di Lugano), hanno collezionato ben 4 cause da parte di insegnanti italiani, tutte puntualmente perse dal Codazzi. 

  Cause che, con un po' di buona volontà avrebbero potuto essere molte di più...
Gianluca Salvati


Per chi voglia chiarirsi le idee sulle violazioni dei diritti umani in America latina e sulle effettive responsabilità, rimando alla raccolta di articoli di R. Kapuscinski, Cristo con il fucile in spalla (ed. Feltrinelli).

Enrico Cajati,  olio su tela

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

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