Credo che la
massima aspirazione di ogni pittore sia dipingere sui muri. Non so
quanto possa essere valida per gli altri pittori, ma lo è sicuramente
per me che disegnavo sui muri prima di imparare a scrivere.
Da alcuni anni assistiamo sconcertati a forme di espressione quali i graffiti di strada che non hanno altra valenza se non l'atto vandalico in sé. Specie quando si prendono di mira edifici storici o monumenti.
Nonostante ciò, da quando mi sono occupato di pittura ho avuto una costante curiosità per i "segni di strada". Curiosità costantemente delusa, dato che raramente ho trovato qualcosa che valesse la pena guardare. Almeno qui in Italia.
Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con i colleghi delle bombolette, ma troppi aspetti del loro lavoro non mi piacevano. Per esempio il fatto di dover lavorare rapidamente e in condizioni di stress. Per questo se avessi deciso di dedicarmi a questa forma di street art avrei optato per una tecnica più rapida, usando delle maschere: gli stencil.
Nel 1999 ero intenzionato a provare questa tecnica en plein aire, ma non volevo vandalizzare muri, per quanto brutti e anonimi.
La soluzione mi venne al ritorno da una passeggiata al bosco di Capodimonte (sede dell'omonimo museo). C'era un pezzo di tronco d'albero abbattuto del diametro di un metro e mezzo circa. Faceva al mio caso, ma dovevo muovermi perché prima o poi l'avrebbero portato via.
Tornato a casa disegnai un elefante su un cartoncino, l'immagine proveniva da una rivista. Era un po' piccola ma ben fatta. Mi dava le informazioni essenziali sull'anatomia dell'animale. E poi era in cammino. Funzionava.
Volendo decorare il disegno di scritte, adoperai una poesia da un libro di Gibran, Sabbia e schiuma. Scelsi la prima che mi piacque, essendo un autore che non avevo mai letto. Completai lo stencil col mio nome e cognome, l'anno e il tipo di spray adoperato. Avevo una bomboletta blu già adoperata per altri usi più prosaici. Ritagliai le lettere e i segni col trincetto.
Il lavoro era pronto.
Ritornato una sera al bosco, attesi l'orario di chiusura. Volevo lavorare con calma come mia abitudine.
Mentre aspettavo che facesse buio, si era tra fine agosto e i primi di settembre, il cane era con me, notai una ragazza poco lontano da me. Anche lei lì, distesa sull'erba ad attendere.
Che ci faceva una ragazza lì, a quell'ora, con tutti i maniaci che ci sono in circolazione?
Dato che non se ne andava e non pareva avere grandi preoccupazioni, mi domandai se era il caso di rimandare la mia "azione artistica". Essendo troppo pigro per cambiare idea, decisi di andare a verificare di persona. Mi avvicinai e presi a conversare con lei. Scese la notte e la tipa non accennava ad andarsene, neanche, che so, un gesto di nervosismo: avrei giurato che dovesse passare la notte lì. Così le spiegai cosa ero andato a fare quella sera al bosco. La giovincella si dimostrò divertita. Raggiungemmo il tronco che era poco distante da lì e, col suo aiuto, realizzai lo stencil art #Khalil Gibran.
Qualche giorno dopo portai, "casualmente", la mia ragazza nei pressi di quel tronco. Quando lei vide l'opera cominciò a ridere e non la finiva più.
Da alcuni anni assistiamo sconcertati a forme di espressione quali i graffiti di strada che non hanno altra valenza se non l'atto vandalico in sé. Specie quando si prendono di mira edifici storici o monumenti.
Nonostante ciò, da quando mi sono occupato di pittura ho avuto una costante curiosità per i "segni di strada". Curiosità costantemente delusa, dato che raramente ho trovato qualcosa che valesse la pena guardare. Almeno qui in Italia.
Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con i colleghi delle bombolette, ma troppi aspetti del loro lavoro non mi piacevano. Per esempio il fatto di dover lavorare rapidamente e in condizioni di stress. Per questo se avessi deciso di dedicarmi a questa forma di street art avrei optato per una tecnica più rapida, usando delle maschere: gli stencil.
Nel 1999 ero intenzionato a provare questa tecnica en plein aire, ma non volevo vandalizzare muri, per quanto brutti e anonimi.
La soluzione mi venne al ritorno da una passeggiata al bosco di Capodimonte (sede dell'omonimo museo). C'era un pezzo di tronco d'albero abbattuto del diametro di un metro e mezzo circa. Faceva al mio caso, ma dovevo muovermi perché prima o poi l'avrebbero portato via.
Tornato a casa disegnai un elefante su un cartoncino, l'immagine proveniva da una rivista. Era un po' piccola ma ben fatta. Mi dava le informazioni essenziali sull'anatomia dell'animale. E poi era in cammino. Funzionava.
Volendo decorare il disegno di scritte, adoperai una poesia da un libro di Gibran, Sabbia e schiuma. Scelsi la prima che mi piacque, essendo un autore che non avevo mai letto. Completai lo stencil col mio nome e cognome, l'anno e il tipo di spray adoperato. Avevo una bomboletta blu già adoperata per altri usi più prosaici. Ritagliai le lettere e i segni col trincetto.
Il lavoro era pronto.
Ritornato una sera al bosco, attesi l'orario di chiusura. Volevo lavorare con calma come mia abitudine.
Mentre aspettavo che facesse buio, si era tra fine agosto e i primi di settembre, il cane era con me, notai una ragazza poco lontano da me. Anche lei lì, distesa sull'erba ad attendere.
Che ci faceva una ragazza lì, a quell'ora, con tutti i maniaci che ci sono in circolazione?
Dato che non se ne andava e non pareva avere grandi preoccupazioni, mi domandai se era il caso di rimandare la mia "azione artistica". Essendo troppo pigro per cambiare idea, decisi di andare a verificare di persona. Mi avvicinai e presi a conversare con lei. Scese la notte e la tipa non accennava ad andarsene, neanche, che so, un gesto di nervosismo: avrei giurato che dovesse passare la notte lì. Così le spiegai cosa ero andato a fare quella sera al bosco. La giovincella si dimostrò divertita. Raggiungemmo il tronco che era poco distante da lì e, col suo aiuto, realizzai lo stencil art #Khalil Gibran.
Qualche giorno dopo portai, "casualmente", la mia ragazza nei pressi di quel tronco. Quando lei vide l'opera cominciò a ridere e non la finiva più.
#Khalil Gibran, stencil art 1999 - Gianluca Salvati |
ps la foto sopra è una realizzazione successiva del medesimo stencil su tela (100x70): per tinteggiare il fondo ho impastato ocra rossa in pigmento (ossido di ferro), quella adoperata in edilizia, e acrilico bianco.
L'elefante è realizzato con uno spray acrilico color tabacco.
L'immagine rielaborata, è diventata il logo del blog storia di un quadro, che narra le vicende di un pittore che un giorno è andato a lavorare a Caracas
L'elefante è realizzato con uno spray acrilico color tabacco.
L'immagine rielaborata, è diventata il logo del blog storia di un quadro, che narra le vicende di un pittore che un giorno è andato a lavorare a Caracas