Uomo che saluta - olio su tela 1996

Uomo che saluta - olio su tela 1996
Esposto nel 1997 (c'era quel coniglio di Piero Golia) - coll. Franco Chirico

Saul Bellow 1997: funzione dell'arte

Io non propongo assolutamente niente. Il mio unico compito è descrivere. I problemi sollevati sono di ordine psicologico, religioso e - pesantemente - politico. Se noi non fossimo un pubblico mediatico governato da politici mediatici, il volume della distrazione forse potrebbe in qualche modo diminuire. Non spetta a scrittori o pittori salvare la civiltà, ed è uno sciocco errore il supporre che essi possano o debbano fare alcunché di diverso da ciò che riesce loro meglio di ogni altra cosa. […] Lo scrittore non può fermare nel cielo il sole della distrazione, né dividere i suoi mari, né colpire la roccia finché ne zampilli acqua. Può però, in determinati casi, interporsi tra i folli distratti e le loro distrazioni, e può farlo spalancando un altro mondo davanti ai loro occhi; perché compito dell’arte è la creazione di un nuovo mondo.
Visualizzazione post con etichetta Piero Armenti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Piero Armenti. Mostra tutti i post

sabato 26 novembre 2016

La tipa di Piero Armenti e Plaza Venezuela

Plaza Venezuela è la piazza dove comincia, per chi proviene da est, il corso di Sabana Grande.
Questa piazza era il ritrovo principale per la comitiva de los hermanitos nei primi anni del duemila; a quei tempi la loro comitiva era piuttosto grande.

La compagnia de los hermanitos annoverava un po' di gente che si riconosceva sotto la sigla di dark o gotico. con annesso armamentario pseudo culturale, che spaziava dai miti nordici, alla predilezione per il nero nell'abbigliamento fino all'ascolto di musica come l'heavy metal. 
Le loro convinzioni, inoltre, rispondevano ad un'ideologia di tipo razzista.
Un giorno, due estranei provarono a derubare alla comitiva de los hermanitos, o almeno così recitava la versione ufficiale del gruppo. Los hermanitos risposero con una violenza inusitata, addirittura ammazzando uno di essi con una coltellata in un occhio. Va da sé che per il tipo di colpo inferto non ci fossero dubbi sulla volontà di chi lo sferrò. 
Trovai eccessiva quella reazione a fronte di un furto. E azzardata l'ipotesi di un furto in un gruppo così grande e così mal frequentato. Nel complesso, quando appresi questa storia, mi parve esagerata anche per una città che il luogo comune vuole tra le più violente al mondo.
Dopo il fatto, la polizia aprì un'inchiesta, cosicché la comitiva de los hermanitos si mise in sonno, disperdendosi in altri luoghi di Caracas.
Non è mai stato trovato il responsabile di quell'omicidio.



La ragazza di Piero Armenti e alcuni hermanitos

giovedì 24 marzo 2016

M come megafono: burundanga

La mia collega al Codazzi, M, era una vera donna di mondo: viveva a casa lo stretto necessario, passando il resto del tempo in giro.
Fin dal suo arrivo a Caracas, nel febbraio 2005, era stata presa in consegna dalla dirigente, Anna Grazia Greco, di cui sembrava essere la dama di compagnia e da Minerva Valletta che nel primo mese di permanenza a Caracas mise a disposizione di M la casa dei propri genitori (o dei suoceri, non ricordo), senza chiedere neanche un minimo di affitto (il tempo per far trovare un appartamento a Piero Armenti, ovvero un appartamento da condividere con M, come si vedrà in seguito). 
Ovviamente M era una persona con la coscienza a posto, integra e leale; talmente socievole che parlava e frequentava tutti, dal delinquente di quartiere al diplomatico d'ambasciata. Era, come avrebbe detto Kipling, capace di parlare con il ladro e con il re. Per questo motivo rappresentava, a sua insaputa, un formidabile megafono per chi avesse voluto attingere ad un certo tipo di informazioni. A volte la prendevo in giro per le sue frequentazioni, per lo più gente che non mi andava a genio. Non mettevo in dubbio la sua buona fede, ma avevo il sentore che la sua mondanità potesse essere sfruttata per carpirle informazioni, per esempio sulle mosse che prendemmo durante il secondo anno scolastico (2005/2006) per contrastare le infami decisioni di quei pezzenti della Giunta del Codazzi. Così a volte mi informavo per verificare se qualcuno approfittasse di lei... 
Una volta, era presente una nostra conoscente, Daniela, avevo chiesto a M se Minerva Valletta, della giunta del Codazzi (moglie del signor Bagordo, autista all'Ambasciata italiana di Caracas) una che con lei faceva l'amica, avesse fatto domande su di me. M. rispose che se anche ne avesse fatte, lei avrebbe saputo come dribblarle. In quel momento si intromise Daniela, dicendo che se volevano farla parlare, l'avrebbero fatto, suo malgrado. La risposta spiazzò M, e, devo dire, anche me, ma la trovai più sensata di quanto le fosse consentito. Daniela sapeva quel che diceva perché, nonostante fosse poco affidabile, aveva esperienza di queste cose. Era stata la compagna di uno che, a quei tempi (2006), faceva parte della scorta personale di Silvio Berlusconi

Minerva Valletta

Quando, tempo dopo, mi sono occupato dei i metodi utilizzati da infami di professione o, solo infami e basta, per estorcere informazioni ad una persona, ho scoperto che in Venezuela viene adoperata una sostanza, la burundanga. Questa droga proveniente dalla Colombia, viene usata, tra l'altro, come siero della verità. Per farla agire è sufficiente aggiungerla, ad esempio, ad una bibita. Anche in Venezuela il suo utilizzo è illegale, ciononostante è risaputo che viene utilizzata. Ne segnala l'utilizzo la guida Lonely Planet, sia quella del Venezuela, sia quella della Colombia. E non è escluso che la si usi anche in Italia, dato che dalla Colombia e dal Venezuela arrivano più note sostanze. Però, va detto: finora nessuna droga ha dimostrato potenzialità ipnotico-anestetiche e maggiore potere di istupidimento della televisione, in particolare quella commerciale...
A questo punto, vorrei spezzare una lancia a favore del Messico. Si parla spesso dei narcos messicani, e finché si fa riferimento al mercato di coca statunitense, il discorso ha un senso. Ma quando si parla dei carichi per il vecchio continente, non si capisce perché la coca debba fare tanti chilometri in più, andando su e giù per l'america centrale (con quello che costano oggi i carburanti, per giunta). Non si fa mai menzione al Venezuela, come se il Paese scomparisse dalle rotte della geografia criminale o da quelle dell'Interpol. E non è chiaro perché: si sa che la coca viene coltivata in Colombia, Hollywood ci ha bombardato di film sull'argomento, ma ci si dimentica di dire che il paese a forte presenza italiana nell'area è il Venezuela (950.000 persone) e che la frontiera di questo paese con la Colombia è estremamente permeabile causa la decennale guerriglia. Logica vuole che la coca europea, gestita dalla 'ndrangheta, parta proprio dal Venezuela, per garantire una logistica appropriata a dei carichi tanto preziosi quanto consistenti, dato il volume d'affari.
Questo spiegherebbe la necessità di un conto cifrato su una banca svizzera, la Credit Suisse, da parte dell'onorata associazione senza scopo di lucro "Agustin Codazzi", associazione di accattoni dediti al riciclaggio, il cui motto è Nulla dies sine linea (da buona tradizione massonica). Tanto per ricordare che le logge infami, come la P2, vanno per la maggiore qui da noi...

La ragazza di Piero Armenti e gli alcolici

La prima volta che la ragazza di Piero Armenti venne a casa mia, mi fece fuori tutti gli alcolici. Non che avessi grandi scorte, un liquorino e una bottiglia di vino, ma quel poco lo fece fuori in un attimo. Una vera spugna. Mi ricordo a malincuore della bottiglietta di liquore comprata in Messico, prodotto locale estratto dalla stessa pianta della tequila. Aveva all'interno un baco che galleggiava ed un sapore molto particolare. Ne prendevo un goccetto ogni tanto dato che quel liquore era abbastanza forte, di quel passo mi sarebbe durato un secolo. E invece venne la tipa e addio liquorino...
A un certo punto della serata mi chiese se avevo dell'alcol per medicazioni. Ebbene, si fece fuori anche quello. A differenza dell'Italia, infatti, l'alcol per uso sanitario in Venezuela non era denaturato, cosicché, in caso di emergenza, si poteva anche bere...
Sapevo che quei fighetti del Codazzi facevano allegro consumo di coacina:  anche in Venezuela è la droga dei ricchi. O aspiranti tali...
Il Venezuela, per ovvi motivi geopolitici, è un crocevia del traffico di cocaina. Non a caso, il noto faccendiere della 'ndrangheta, già eccellenza DC Aldo Micciché, viveva proprio a Caracas, a Plaza Altamira.
Ma la tipa non era interessata alle droghe, aveva citato solo per scherzo la marjuana, la sua religione era l'alcol. Mi spiegò il codice di condivisione della cana (gli alcolici) fra hermanitos. Una lista degna di un manuale di consegne militari: per essere degli sballati, quegli hermanitos erano alquanto normativi.
Nonostante le notevoli dosi etiliche, la ragazza di Piero Armenti restava lucida e non si produceva in quelle strane performance come quando beveva con los hermanitos. Allora non ci facevo tanto caso, ma oggi sono piuttosto convinto che con los hermanitos e con quelle troiette delle sue amiche i drink della tipa divenivano diversamente alcolici.

La ragazza di Piero Armenti


lunedì 21 marzo 2016

La ragazza di Piero Armenti e la casa del duende | Figli di MM

Henri Charriere (Papillon), a Sabana Grande - Caracas

Henri Charriere descrive, nel suo libro Papillon, il popolo venezolano come "affascinante e superstizioso". La tipa di Piero non faceva eccezione, anche lei aveva le sue credenze magiche e superstiziose. Una di queste credenze riguardava uno spirito selvatico, una sorta di elfo, chiamato duende.
Con i suoi "hermanitos" si recava regolarmente in una casa abbandonata sul monte Avila, la casa del duende, restandovi alcuni giorni. Da quello che mi diceva, il suo era un modo per ricaricarsi: è risaputo che il contatto con la natura ha effetti benefici sull'organismo, anche se la gente che frequentava aveva lo sballo come massima aspirazione.
La prima volta che la ragazza di Piero mi parlò della casa del duende, e della necessità di staccare da Caracas, ci stavamo frequentando da poco. Ci saremmo separati per qualche giorno perché per lei quello spazio era importante. Mi aveva anche  tranquillizzato: gli "hermanitos" la rispettavano; ma la situazione nel complesso non mi piaceva. E non per me, ma per lei.
Col tempo ho capito che quei personaggi poco credibili certamente la rispettavano, quando era sobria e cosciente. Ma non c'è dubbio che quelle riunioni in luoghi appartati avessero una finalità puramente manipolatoria nei suoi confronti. Quando la gorda ritornò a Caracas notai che aveva una cicatrice su un gluteo. La mia esperienza mi diceva che quella ferita se l'era procurata cadendo sull'estremità di un ramo. Dal tipo di taglio capivo che la tipa di Piero non aveva i pantaloni quando se l'era procurata. Alla domanda su cosa le fosse accaduto mi rispose che non se lo ricordava.

Non molto tempo dopo, venni a conoscenza del fatto che alcuni "hermanitos" erano figli casuali di militari italiani (della Marina Militare, se ben ricordo), di padri che non avevano mai conosciuto. Altri hermanitos avevano origine europea (Spagna).  In effetti avrei potuto anche arrivarci da solo: costoro esibivano fisionomie piuttosto familiari, il fatto che fossero dei figli di puttana lo avevo già capito, restava solo da stabilire fino a che punto...

sabato 12 marzo 2016

Disegno a linea continua: la ragazza di Piero Armenti e l'artista di strada







 Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio.

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti
Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.

C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


Io e la ragazza di Piero Armenti - disegno a linea continua


Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo...

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.
Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine.
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu.
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio".
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...

mercoledì 3 febbraio 2016

Uomo che saluta, olio su tela - 1997

Esposto nel giugno 1997 all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il quadro "Uomo che saluta", fu acquistato da un conoscente dei miei genitori, il tipografo religioso Franco Chirico. "Anche se ha tre dita - mi confessò - pare che dica: Vado dove voglio io! ". 
La profetica frase di quest'uomo timorato di Dio si avverò: pochi anni dopo avevo preso la via dell'estero. 
Col tempo ho riscontrato che "le vie del Signore sono piuttosto limitate"... 

Giunto nel 2004 a Caracas, ho scoperto che, nello stesso quartiere dove vivevo, abitava la famiglia di origine di quel sant'uomo (meno di 300 metri di distanza)
I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la stessa scuola  dove io ho insegnato. Quando si dice: le coincidenze della vita... C'era una mia collega del Codazzi che ne dava una spiegazione ben più colorita. Lei aveva trovato un monolocale sul corso di Sabana Grande e scoprì che proprio affianco al suo appartamento viveva un giornalista italiano de La Voce d'Italia, (Piero Armenti, apprendista), conoscente di una sua amica. I monolocali dove vivevano lei e l'Armenti, erano stanze ottenute dalla stessa abitazione, cosicché, da un certo punto di vista, la mia collega viveva sotto lo stesso tetto del giornalista. 
Stranamente, lei aveva avuto difficoltà a trovare casa: le persone che contattava tramite annunci di giornale, al momento di dare l'ok al contratto d'affitto, si tiravano indietro con delle scuse banali. Come se a Caracas le leggi del mercato immobiliare fossero diverse rispetto al resto del mondo, seguendo altre logiche.


Eppure, da che mondo è mondo, uno straniero pagante è sempre il benvenuto per chi affitta case: è puntuale nei pagamenti e non crea problemi. 
Ritornando al dipinto "Uomo che saluta", il suo acquirente non figurava nella lista degli invitati alla mostra. Mi pareva troppo freddo riguardo ai miei lavori, non solo rispetto ai miei estimatori, ma in confronto a tanti visitatori occasionali. C'era un altro signore della stessa comunità di neocatecumeni, di cui Chirico era responsabile, che aveva manifestato viva ammirazione per i miei lavori appena un anno e mezzo prima. 
Nel giugno del '97, in sua vece, si presentò Franco Chirico nella doppia veste di visitatore e acquirente. In quel periodo, oltre a dirigere il cammino spirituale dei miei genitori, il Chirico pagava mio fratello per dare lezioni di violino a sua figlia. La ragazzina seguiva le lezioni controvoglia e non studiava. Ciononostante, mi ero fatto l'idea che il tipo fosse un filantropo amante dell'arte, anche se nel personaggio notavo diverse stonature.
 

La mia collega di Caracas, quella che non riusciva a trovare casa, mi diceva che non era facile essere chiamati per insegnare all'estero: i pochi posti disponibili erano piuttosto ambiti. In effetti mi trovavo a riflettere sul fatto che fossi l'unico insegnante abilitato, ma ero certo di non aver usufruito di alcuna "spinta" per essere chiamato ad insegnare a Caracas, o almeno così credevo... In caso contrario, si trattava di un favore mai chiesto, assolutamente avverso ai miei progetti e a me.

martedì 17 novembre 2015

Verso una soluzione dell’empasse Codazzi? - La Voce d'Italia | Anna Grazia Greco e Minerva Valletta

CARACAS- L’odissea della Codazzi continua. Venerdì 5 settembre i genitori e la giunta direttiva si sono incontrati nelle installazioni della scuola. Una riunione infuocata, cui ha preso parte anche la direttrice didattica dell’ambasciata, Anna Greco. Il nuovo responsabile amministrativo, Eleonora Vaccaro, ha presentato su lamine power point  lo stato finanziario della più antica delle scuole italiane in Venezuela. Con numeri e grafici ha mostrato come la Codazzi è in difficoltà economiche, ma chiedere soccorso allo Stato italiano è inutile. Il contributo che arriva è vincolato agli stipendi dei professori italiani, non dovrebbero comunque arrivare più di cinque giovani insegnanti. Che la Codazzi debba fare da sé, lo ha confermato anche Anna Greco. Ha ribadito come questa sia una scuola paritaria ma non statale, quindi rilascia titoli validi in Europa, ma economicamente deve sostenersi da sola.

Si è cercato di ricucire lo strappo tra la giunta direttiva guidata da Giovenco (oramai a fine mandato) e i genitori “ribelli”, guidati da Minerva Valletta. Sono stati quest’ultimi l’anno scorso a decidere di non pagare le rette, dopo che vennero raddoppiate nel giro di un anno, a distanza di tre mesi: settembre poi dicembre.

Quattro, cinque famiglie hanno poi impuntato i piedi, si sono rivolti al ministero dell’Educazione venezolano per ottenere il blocco dell’aumento.La retta da pagare adesso è circa 770 BsF, non potrà essere modificata durante l’anno. Nel caso ce ne fosse bisogno, verranno concordati contributi aggiuntivi con i genitori.

I problemi principali da affrontare ora sono due. Le spese legali per fare ricorso contro il ministero dell’Educazione, circa 200.000 BsF. Soldi che purtroppo graveranno sulle spalle dei genitori. Bisogna poi verificare caso per caso chi ha saldato i debiti dell’anno passato, si procederà poi all’iscrizione. Intanto riapre  regolarmente la scuola, a partire da martedì 8 settembre.
Pubblicato il 07 settembre 2008 da Piero Armenti - 7/9/08

Nulla dies sine linea, penna su carta - Gianluca Salvati
 

sabato 28 giugno 2014

Il rientro a scuola | Piero Armenti: "Uccidetelo!" - Caracas, gennaio 2005

Quando rientrai a  scuola dopo l’avvelenamento, le vacanze natalizie erano terminate da qualche giorno. Ero debole e bianco come un lenzuolo. Un fantasma mi faceva un baffo. L’idea di riprendere a lavorare non mi allettava: l’insegnamento richiede un costante impegno e io non mi sentivo in forma. Nonostante la debolezza, però, miei alunni si comportarono bene. Era una seconda elementare ma di fatto si mostrarono comprensivi e non approfittarono della situazione. 
Detto ciò, c’era comunque uno strano silenzio nella scuola in quel periodo, come un senso di attonimento generale, e non solo nella mia classe.
La vita fuori scorreva come sempre, in Venezuela, in Italia e nel mondo succedevano cose.
A fine mese, il mitico Chavez rilasciava un’intervista in cui affermava che il socialismo non era morto. L’ho scoperta da poco, spulciando quell’interessantissimo archivio che è la versione digitale del quotidiano fascista de La Voce d’Italia. Archivio che è cominciato nel maggio del 2004, quando Piero Armenti ha cominciato a lavorare presso La Voce d'Italia e si è interrotto quando Piero Armenti è rientrato in Italia nell'autunno del 2008. In quella stessa data sono rientrati, direi con una certa fretta, sia Enrico De Simone che Daniela Corrieri, due romani alla corte della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas). Ed è piuttosto curioso che Enrico e Daniela siano ritornati in Italia a scuola appena cominciata. Entrambi lavoravano infatti alla scuola italiana Bolivar y Garibaldi di Caracas,
Tornando al gennaio 2005, qualche giorno dopo, ai primi di febbraio, Piero Armenti, apprendista periodista presso il suddetto giornale fascista, licenziava un articolo dal titolo “Uccidetelo!”. 
Non ricordo se l’avesse scritto sul quotidiano fascista per il quale lavorava o su uno dei tanti blog fascisti su cui ha scribacchiato in quel periodo,  poiché da un po’ di tempo quel bell’articolo, tanto esplicativo del personaggio che allora si faceva passare per chavista, è stato spurgato da internet... 
Non ricordo un titolo più stizzito di quello. Piero Armenti, ovviamente, parlava di Chavéz, ovvero di un non meglio identificato esule politico venezuelano che da Miami, Florida, pontificava in questi termini: “...l’unica soluzione per il problema Chavéz è una carabina da...” e  giù a descrivere dettagliatamente il tipo di fucile più idoneo per l’assassinio appena auspicato.
Bisogna dirlo, un articolo dal grande tenore politico, con un vastissimo orizzonte culturale... mi rammarico di non averlo salvato, oggi potrei riproporlo per la gloria del giornalista salernitano.
Di lì a poco moriva assassinato un connazionale a Caracas.


Cow boy, pennarello su carta stampata - Gianluca Salvati 2013


giovedì 12 giugno 2014

La ragazza di Piero Armenti e il disegno a linea continua | L'artista di Bellas Artes

Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio. 



Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti, Caracas 2006

Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.

C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.

Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti.
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo... 

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.
Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".
A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.
 


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Quando ebbe terminato, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine. 
Alla fine lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu. 
Ma non credevo che un disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio". 
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...

domenica 19 gennaio 2014

La ragazza di Piero Armenti e l'appartamento di M | "Los hermanitos" a Sabana Grande

Nel gennaio del 2006, la ragazza di Piero Armenti andò a vivere da M. Il governo Chavez, infatti, stava ristrutturando interi barrios, i quartieri popolari conosciuti in Venezuela come rancho. In quel periodo toccava al quartiere del 23 Jenero, dove si trovava la casa dei genitori della tipa. Lei non aveva amiche che la ospitassero in quel periodo.
 

Un aspetto curioso di questa ragazza venezuelana era che, pur vivendo con i suoi genitori, trascorreva lunghi periodi senza rincasare. La ragazza di Piero Armenti, questa nomade, era ospite fissa delle sue amiche. Per questo motivo si spostava spesso con uno zaino, tipo quelli da scuola, in cui teneva tutto l'indispensabile.
Tutta la vita in uno zaino, o almeno, buona parte.

In Venezuela è facile vivere con pochi indumenti perché il clima è caldo. Il primo anno che ho vissuto a Caracas (che è comunque a quota 1000 m) avevo portato come capo più caldo, una felpa. Ma l'ho utilizzata poche volte, perché, anche alle 6 del mattino, quando andavo a scuola, mi faceva sudare.
Tornando alla ragazza di Piero Armenti, passava di casa in casa, ma ogni tanto tornava dai suoi familiari. Nel gennaio 2005 si era trasferita temporaneamente da M, cosicché una sera vennero a farle visita los hermanitos.

(Io non ero presente dunque questo racconto è la riproduzione di quanto riferito da M)

In quei giorni, per non meglio precisati motivi, la ragazza di Piero Armenti e Piero Armenti, non si stavano frequentando. In gergo tecnico si dice che erano in freddo
Quando vennero a farle visita los hermanitos, lei pensò bene di fargli un dispetto. 
Con gli hermanitos, infatti, arrivava anche la caña (gli alcolici), per lo più robaccia di inifimo livello e, di conseguenza, l'allegria... La ragazza di Piero Armenti era una Bukowski del gentil sesso: con la bottiglia ci andava giù pesante. 

Quando la serata, tra una battuta, una risata e una bevuta, era bella e avviata, la ragazza di Piero Armenti chiese se c'era qualcuno intenzionato a frustarla. Un hermanito si offrì volontario. Lei cercò fra le sue cose e ne tirò fuori un frustino. Lo passò all'hermanito. Tirò giù i pantaloni, si appoggiò al muro e l'hermanito prese a frustarla.
La ragazza di Piero Armenti prese a gridare che le piaceva essere trattata così, le piaceva fare il sadomaso e sconcezze simili...
 

La ragazza di Piero Armenti e alcuni hermanitos

Ad un certo punto un Piero Armenti spazientito dovette battere contro il muro per avere un po' di silenzio... ed è risaputo quanto gli fosse necessario un certo silenzio per concentrarsi al suo lavoro d'intellettuale. La tipa con cui era in freddo gli rispose per le rime, senza mai nominarlo, tanto che alcuni hermanitos cominciarono a chiederle cosa stesse accadendo.
 
Non so a che ora fossero andati a dormire, e poi come, dato che erano in 15 se non più e c'era un solo letto matrimoniale nel monolocale di M. 
Di fatto M era l'unica che all'indomani doveva alzarsi presto: alle 7 bisognava essere a scuola. Pardòn, alle 6 e 55 (cinque minuti prima e non cinque minuti dopo...)
Ma, quando il giorno seguente mi raccontò delle trasformazioni della ragazza di Piero Armenti, che ai miei occhi era una tipa piuttosto riservata, mi piegai in due dal ridere.

domenica 29 settembre 2013

In che mondo viviamo: Ong del caffé - L'amico di Carlo Fermi | Enrico De Simone & Piero Armenti

Una sera uscimmo col gruppo di conoscenti di M.
C'era Carlo Fermi e il suo amico, Alessandro, che stava rientrando in Italia. C'era il giovane giornalista Piero Armenti, più guardingo che mai. C'era l'altro giornalista della Voce d'Italia, il romano Enrico De Simone. Del gruppo faceva parte il nostro nuovo collega, un quasi parente di Anna Grazia Greco poi M ed altre persone.


Carlo Fermi, imprenditore italiano a Medellin


Carlo Fermi aveva cominciato da poco a lavorare all'ambasciata italiana. Il suo amico, invece, aveva lavorato per una non meglio precisata Ong che si occupava di caffé e affini. La sigla Ong sta per organizzazione non governativa. Una sigla che è tutto un programma e dovrebbe significare indipendenza rispetto alle politiche economiche delle multinazionali Usa. Una mission delle Ong, ad esempio, è il rispetto dei diritti umani, ma qui siamo ancora nel campo dei buoni propositi, perché nei fatti, l'azione delle Ong, altro non è che finta vigilanza e mutuo consenso alle politiche di rapina adottate da suddette multinazionali. 



Mondo statunitense (cortesemente prelevata dal blog Cosas De Los Gringos)



Va da sé che quel tipo di lavoro sia ammantato da una notevole dose ipocrisia e mistificazione. Per questo è l'ambiente adatto per individui doppi, per venduti e infami di vocazione. Un esempio per tutti, la finta conferenza stampa, seguita a vera espulsione, del finto attivista per i diritti umani, vero agitatore Cia (agit-prop Cia), José Miguel Vivanco, nel settembre del 2008 a Caracas. Notizia prontamente riportata dal periodista di destra, Enrico De Simone.

Ma a quei tempi, nei giorni in cui conobbi la ragazza di Piero Armenti nell'autunno del 2005, Enrico De Simone si faceva passare per chavista, ovvero per socialista tout court. Idem Piero Armenti, anch'egli si professava convinto chavista: lui e la rivoluzione bolivariana erano una cosa sola. Guai a parlar male di Chavez. 


Piero Armenti, quando era chavista - Caracas 2005

Difficile dire che i due giornalisti siano diventati di sinistra in Venezuela, per poi ritornare di destra una volta fuori dal paese. Mi sembra poco probabile, un po' come uno che si riscopra omosessuale a 50 anni... a meno che non abbia vissuto fino ad allora sulle nuvole.

Agustin Codazzi pintado a la Andy Warhol

Dicevo, la posizione dei due periodisti non si capiva, anche perché Caracas ha ospitato le dorate latitanze di diversi fascisti, basti pensare a Stefano Delle Chiaie.
Oppure, per rimanere all'attualità, si pensi all'ex politico DC, poi faccendiere della 'ndrangheta (legato a Marcello Dell'Utri) Aldo Micciché, che abitava proprio lì vicino a Plaza Altamira e, anche lui, come Piero Armenti, al Consolato Generale italiano di Caracas (reame della Anna Grazia Greco) era di casa...
In effetti è molto probabile che il sig. Aldo Micciché e Piero Armenti si siano incontrati e si conoscano: il Consolato Generale italiano di Caracas non è certo il Sambil, ma è soltanto una piccola palazzina di 2 piani. 

Questo inquadra bene dei fatti altrimenti incomprensibili:
  •  il comportamento fuorilegge di Anna Grazia Greco  e consociati, ovvero la Giunta Direttiva del Codazzi con a capo Guido Brigli 
  • l'ostentata negligenza della commissione ministeriale capitanata dal pagliaccio di Stato, Paolo Scartozzoni
Tornando alle convinte asserzioni bolivariane dei due periodisti, altrimenti di destra, io non avevo fedi da ostentare e restavo coerente al mio scetticismo di base, anzi, spesso in classe facevo la parodia del chavismo, ritenendolo puro folklore locale. E credo che se il paese fosse stato governato da quella tremenda dittatura che vedevano molti fascistelli - gente entrata in Venezuela strisciando e in seguito scappata con la coda in mezzo alle gambe - beh, se fosse stato così, immagino che io sarei durato il tempo di un giorno a Caracas. 
E invece sono andato e tornato più volte in Venezuela.  Sempre a testa alta.

La prima parte della serata, ovvero l'incontro con quelli che non conoscevo, era al Sambil. Piero Armenti era in fibrillazione, quella sera stava per presentarci la sua ragazza: una venezuelana niente male.
Dopo le presentazioni andammo in un sushi-bar perché i fighetti del gruppo erano abituati a trattarsi bene. Dopo esserci ingozzati di pesce crudo ci spostammo in un locale dove l'amico di Carlo Fermi, in procinto di lasciare il Venezuela, offrì da bere a tutti. 

Di Carlo Fermi c'era un articolo del gennaio 2009 sulla Voce d'Italia di Caracas, in cui spiegava perché si era trasferito a Caracas e parlava del suo amico, quello che ho conosciuto durante l'uscita dell'ottobre 2005. Curiosamente, dopo pochi anni, l'articolo in questione è rimasto nell'archivio del giornale (dove lavoravano Piero Armenti ed Enrico De Simone), ma è scomparso ogni riferimento a Carlo Fermi e al suo amico che lavorava nell'Ong del caffé. 
Per ritrovare il testo originale bisogna andare sul sito delle autrici (leggi articolo integrale).

Attualmente Carlo Fermi si è trasferito in Colombia, a Medellin, rinomato centro di produzione e smistamento della cocaina, Carlo Fermi però produce pasta alimentare.


lunedì 17 dicembre 2012

Fascismi vecchi e nuovi: Mirko Tremaglia, Guido Brigli & Paolo Scartozzoni - omissis | Anna Grazia Greco - Piero Armenti | Franco Chirico & Kiko Arguello

Nei primi mesi del 2004, è partita una campagna allarmistica sullo stato della democrazia in Venezuela. Gli articoli in questione hanno avuto un picco tra maggio e giugno del 2004, quando dalla stessa testata si domandava a gran voce cosa accadesse in Venezuela.


La campagna è culminata con una lettera di Guido Brigli, tramite Daniele Marconcini, al ministro (per gli italiani all'estero) Mirko Tremaglia.
La lettera comincia con un italianissimo omissis, che è tutto un programma di opacità e mala fede.

Non entro nel vivo delle questioni sollevate, perché conoscendo il personaggio (Guido Brigli)  e chi rappresenta (l'associazione “Agustin Codazzi”), direi che il 98% dei contenuti della lettera sono fumo, il resto è cenere. Ma vorrei fare un paio di considerazioni sul contesto e su alcuni attori di questa farsa.

Caracas, maggio 2004
  •  Anna Grazia Greco è dirigente della scuola “Agustin Codazzi”, essendo venuto a mancare, nello stesso anno, il dirigente incaricato dal Mae, il professor Bruno Teodori. Da tempo Anna Grazia Greco volteggiava su Caracas come un samuro (avvoltoio locale ndr.) per tenervi non meglio precisate "conferenze"
  • Piero Armenti è appena giunto a Caracas a fare pratica di giornalismo. Vive da sua zia, poco lontano dall'appartamento che affaccia su Sabana Grande, dove avrà per vicina, molto casualmente ma molto opportunamente, M.
  • Io insegno in Marocco, dove ho già detto che non sarei ritornato a lavorare per il successivo anno scolastico; inoltre, nel dicembre del 2003 è giunta una telefonata a casa mia a Napoli, da parte di una scuola argentina: c'è un posto di insegnante per me. Dunque metto in conto, avendone l'opportunità, di andare a lavorare in America latina
  • Franco Chirico, responsabile della comunità di catecumeni frequentata dei miei genitori da più di 20 anni, ha la famiglia a Caracas, curiosamente a poche centinaia di metri dove troverò casa. I nipoti di Franco Chirico hanno frequentato la scuola Agustin Codazzi, ovvero dove sono stato chiamato ad insegnare. Ciò significa che hanno frequentato quegli ambienti, almeno per 15 anni: la scuola "Agustin Codazzi" di Caracas, infatti, ha classi dalla materna alle superiori. Ma, molto casualmente, il sant'uomo non ne ha mai fatto cenno.
Nulla dies sine linea: Guido Brigli e Paolo Scartozzoni

mercoledì 12 dicembre 2012

Storia di un quadro: "Lotta di cani" | Antonio Nazzaro, Andrea Dorato, Kyong Mazzaro

Nell'agosto del 2008 ritornai in Venezuela per riscuotere il meritato assegno estorto a quei papponi escualidos dell'associazione delinquenziale “Agustin Codazzi”. In quel periodo c'erano a Caracas diversi conoscenti, Piero Armenti, per esempio, che non mi è capitato di rivedere, neanche per sbaglio... In compenso ho potuto rivedere e riabbracciare la sua ex ragazza. Piero Armenti le stava facendo credere che voleva stabilirsi in Venezuela, mentre, proprio in quei giorni avevo avuto conferma del fatto che, di lì a poco, sarebbe andato via dal Venezuela. Definitivamente. 
Delle persone conosciute negli anni 2004-2006 a Caracas, ho incontrato Antonio Nazzaro, ex impiegato al Centro Italiano di Cultura, che in quel momento si barcamenava in alcuni non meglio precisati progetti pseudoculturali. Non sono riuscito a capire di cosa si occupasse Antonio Nazzaro né, principalmente, come. Ma, guardando le sue produzioni video, direi che lo scopo delle sue creazioni non fosse chiaro neanche a lui stesso. 
In compagnia di Nazzaro, c'erano alcune persone brillanti come Andrea Dorato e Kyong Mazzaro.


Andrea Dorato era l'“animatore culturale” dell'esclusivo club per aspiranti artisti “Antonio Nazzaro & company”. Un giorno ho visto Andrea Dorato scansionare alcune pagine da un libro per poi caricarle su un blog, pubblicandole seduta stante. Al momento non ho capito il senso di quell'operazione. Aveva scelto una pagina e via: scansione e pubblicazione. Senza alcun lavoro di rifinitura o di adeguamento ad immagini presenti o ad altri testi. Un'altra volta, in un momento di finto cameratismo, Andrea Dorato mi confessò di essere stato un ex squatter, ovvero quel tipo di giovani, per lo più di sinistra che occupano locali e case sfitte. L'affermazione mi lasciò perplesso: apparteneva a quel genere di confidenze non richieste che stonavano, e non poco, col marchio di fabbrica di chi le pronunciava... Si, perché il colore di Andrea Dorato virava decisamente al nero seppia (quel fascistello).

Lotta di cani (Kyong Mazzaro), olio su tela 1999 - Gianluca Salvati 

La giovane e brillante Kyong Mazzaro, mezza coreana e mezza italiana, restava la più enigmatica, forse per l'aspetto esotico, o più semplicemente, per l'estrazione familiare, ovvero quella sorta di imprinting dovuto all'ambiente di provenienza: costei si muoveva con la fissità e la calma vigile di un rettile. Al momento la Kyong Mazzaro si dava ai blog, almeno questa era la spiegazione che dava alla sua presenza. In realtà di lì a poco si è data alla carriera universitaria, dalla Sapienza di Roma alla Columbia University negli States.

Grazie a Kyong Mazzaro ho capito perché certe categorie di persone godono di privilegi sproporzionati alle loro mansioni, si pensi, ad esempio,  alle baronie accademiche in Italia.
Lì in mezzo, tra quella gente brillante non c'era neanche un microgrammo d'arte. Neanche per sbaglio. 
Era tutto una totale fiction. Tutto un fottuto bluff. Uno specchietto per allodole. Io ero un tordo capitato lì per caso, ma poi neanche tanto per caso: non era un caso che fossi finito lì a Caracas nel 2004, anzi... Col senno di poi, direi che la cosa fosse stata preparata con largo anticipo...

lunedì 26 novembre 2012

Piero Armenti & Antonio Nazzaro: storie di ordinaria disinformazione


In un' intervista ad Antonio Nazzaro, ex impiegato dell'Istituto Italiano di Cultura di Caracas, Piero Armenti offre l'ennesimo saggio di ordinaria disinformazione:


In particolare quando chiede al Nazzaro che elementi ha per la sua “autodenuncia” e questi gli risponde che alla Bolivar y Garibaldi, accettano di tutto, compreso (lui) professori non abilitati e senza titoli. Mentre al Codazzi, sotto la mala gestione di Anna Grazia Greco, continua il Nazzaro, prendono solo professori abilitati... 
Piero Armenti resta in silenzio per qualche infinito secondo a questa patetica affermazione. Piero Armenti sa bene, a meno che non abbia seri problemi di amnesia (in tal caso sarebbe bene che cambiasse lavoro) che al Codazzi c'era una percentuale risibile di insegnanti abilitati. In particolare, nell'anno scolastico 2004/2005, su un totale di 6 insegnanti provenienti dall'Italia, c'ero solo io con l'abilitazione. 
L'anno successivo eravamo in 2.
M, la collega che viveva affianco alla casa di Piero Armenti, per esempio, lei non era abilitata. Immagino che in due anni di quasi convivenza questa informazione gli sarà arrivata. Inoltre, è altrettanto curioso che Piero Armenti ignorasse le denunce piovute sul Codazzi da parte di quel gruppo di insegnanti, M. compresa.
Sarebbe interessante sapere per quale motivo a Piero Armenti stanno tanto a cuore quel branco di escualidos idioti dell' “Agustin Codazzi”.


l'intervista ad Antonio Nazzaro è di Piero Armenti, l'apprendista


lunedì 27 agosto 2012

Piero Armenti - l'emergenza sanitaria e l'emergenza legalità | Massoneria e disinformazione

In Venezuela esiste una grandissima emergenza sanitaria

Le Pharaon, olio su tela 2005 Caracas - Gianluca Salvati

La Lombardia è pronta a dare il suo aiuto, ma è necessario fare un censimento per capire la vera portata del problema sanitario, includendo anche gli italiani senza cittadinanza.
di Piero Armenti - La Voce d´Italia -

CARACAS- Ë durata solo pochi giorni (dal 7 al 12 febbraio) la visita di Daniele Marconcini a Caracas, ma sono stati giorni intensissimi, di incontri fitti con esponenti della diplomazia italiana (si sottolinea il pranzo a casa del Console Generale Fabrizio Colaceci), con imprenditori, e con esponenti delle varie associazioni della comunitá italo-venezoelana. Una full immersion, per portare a termine una missione che Marconcini stesso definisce "semplicemente esplorativa", in cui è riuscito a confermare le proprie sensazioni: la comunitá italiana in Venezuela è una comunitá preoccupata ed in parte scontenta. Daniele Marconcini, Presidente dell’Associazione Mantovani nel Mondo, non è sicuramente uno alle prime armi, ha trascorso una vita impegnandosi nel mondo dell’emigrazione e della politica (come dirigente prima nel PCI e poi nei DS), emigrazione e politica, dicevamo : un binomio strano, pericoloso se i rappresentanti di questi due pianeti inseguono obiettivi diversi, ma che appaiono coincidenti a parole. Daniele Marconcini questo lo sa, e qui in Venezuela è venuto nella sua doppia veste, come rappresentante del mondo dell’emigrazione in generale, ma soprattutto come delegato della Regione Lombardia ( piú precisamente rappresenta la Consulta dell’Emigrazione del Consiglio Regionale lombardo). E’arrivato su invito di Gianni Cappellin, presidente dell’Associazione dei Lombardi in Venezuela, per mandare innanzitutto un messaggio ben preciso: la Lombardia è pronta a rispondere ai bisogni degli italiani in Venezuela, e a farlo dall’alto della propria posizione privilegiata: è la regione d’Italia più ricca, un terzo del Prodotto interno Lordo ( Bruto) di tutto il "Bel Paese" proviene da lì.  Le sue parole sono intrise soprattutto di spirito pratico (tipico "lumbard"), né sofismi né giri di parole, è una lunghezza d’onda, la sua, ben chiara, su cui si sintonizza a perfezione la pragmaticità italovenezolana.

Paolo Scartozzoni, mentre prova un esercizio circense

d- Cosa ha fatto in questi giorni?
- Sto incontrando tutti gli organismi che rappresentano la comunitá italiana, per cui ho incontrato l’Ambasciatore il Console, gli Imprenditori. Mi sto facendo un’idea su cosa possa fare la Lombardia e la prima cosa che ho notato è che in Venezuela esiste una grandissima emergenza sanitaria, quindi noi rispetto a questo riteniamo che si debba attuare urgentemente un censimento su tutti coloro che si trovano in uno stato di indigenza"

d- Eppure l’Ambasciatore non sembra dello stesso avviso, la Comunitá italiana sembra stare in ottima forma.
- Su questo non sono d’accordo. La veritá è che non ci sono dati affidabili. Abbiamo verificato che attualmente c’è un intervento di sostegno limitato alle persone di passaporto italiano, per cui secondo i nostri dati sono assistite solo 1000 persone, ma non abbiamo nessun dato sull’emergenza sanitaria che colpisce la comunitá dei discendenti. E’ evidente che l’impegno deve essere anche rispetto ai discendenti, visto che negli anni settanta molti italiani hanno perso la cittadinanza per poter lavorare qui in Venezuela, ma non per questo hanno smesso di essere italiani.

d- Non potrebbero essere riaperti i termini per riacquisire la cittadinanza?
- Per il momento non sembra esserci questa possibilitá. Proprio per capire allora quale è l’effettiva portata dell’emergenza bisognerebbe monitorarla, fare un censimento, capire magari anche quanti sono gli italiani che hanno perso la cittadinanza ma sono bisognosi di aiuti, è necessario che i rappresentanti del Venezuela nel CGIE chiedano che venga immediatamente attivato un fondo di sostegno socio-assitenziale per il Venezuela al quale potrebbero dare un loro apporto le regioni.

d- Quale potrebbe essere il contributo della Lombardia?
- La regione Lombardia, per esempio, patrocina gemellaggi, come quello appena firmato con l’ospedale di Rosario in Argentina. L’idea è quella di obiettivi nazionali a cui le regioni possono dare il proprio contributo

d- Che tipo di interventi nel settore sanitario potrebbero aiutare la comunitá italiana?
- Innanzitutto bisognerebbe verificare chi sono coloro che non possono pagarsi una assicurazione sanitaria, e poi studiare la possibilitá di appoggiare economicamente i progetti.

d- Ad esempio?
- Ad esempio nell’aria di Valencia c’è un progetto per costruire una clinica polifunzionale per italiani, nelle cui strutture potrebbe trovare accoglienza anche la popolazione venezuelana, un altro esempio: abbiamo un’altra fondazione chiamata Oasis che vuole creare una sede ambulatoriale. Basta guardare in profonditá, per vedere che ci sono una serie di iniziative ottime, che peró vengono svolte senza un coordinamento, e senza il sostegno delle autoritá italiane. Inoltre ho potuto appurare che allo stato attuale arrivano per le associazioni, a sostegno degli indigenti, contribuiti di circa di 120-130 mila euro: sono cifre inconsistenti rispetto all’emergenza.

d- Oltre problema sanitario,quali sono le altre prioritá?
- La seconda questione che bisogna analizzare è quella della salvaguardia dell’imprenditoria italiana qui presente, il 60% dell’imprenditoria locale é di origine italiane. Ho visto che, al di lá dei giudizi sul governo attuale, la comunitá italiana si sente pesantemente condizionata dall’attuale situazione politica, quindi le sue richieste sono chiare: garanzie dal governo venezuelano per mantenere la propria presenza sul territorio.

d- Le sembra che ci sia un particolare accanimento contro l’imprenditoria italiana?
- No, ma in generale vi è una profonda sfiducia per la propria sicurezza personale, e il governo italiano dovrebbe intervenire per verificare una maggior salvaguardia della comunitá italiana. Le stesse sedi diplomatiche dovrebbero cambiare atteggiamento: ritengono di poter svolgere la loro azione solo verso cittadini italiani, o imprese che hanno sede in Italia, noi riteniamo che dovrebbero essere ricomprese anche i cittadini italiani che hanno perso la cittadinanza.

d- In che modo il governo potrebbe essere d’aiuto?
Si dovrebbe aprire un tavolo di confronto tra le esigenze che pone il governo Chavez, legittimamente eletto , e le esigenze che pone la Comunitá italiana. Ci auguriamo che il Presidente Chavez prima o poi arrivi in Italia e che su un tavolo di governo si esamino le opportune ipotesi. Bisogna tener conto che qui la imprenditoria italiana è medio-piccola, ed é verso questa realtá che vanno concentrati gli sforzi istituzionali e diplomatici. Perché in fondo la imprenditoria italiana in Venezuela è la comunitá italiana stessa.
Piero Armenti//La Voce d´Italia


Copia della Lettera inviata dal Presidente Marconcini alla Regione Lombardia


Alla cortese attenzione del Presidente del consiglio Attilio Fontana
e p.c.
Al Presidente delegato della Consulta dell'Emigrazione Marcello Raimondi
All'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale Lombardo
Ai Gruppi Consiliari della Regione Lombardia

Signor Presidente come puo' vedere dalla rassegna stampa, i problemi in Venezuela per la comunita' lombarda ed italiana sono seri e complessi. Questo dovrebbe portarci ad unire sempre più le forze come mondo lombardo ed italiano all'estero, rafforzando il loro rapporto con le istituzioni nazionali e regionali. La nostra comunità, considerata generalmente su posizioni antigovernative, ha una posizione critica sul Governo Chavez non in forma preconcetta ma basata su fatti concreti, soprattutto sulla eccessiva concentrazione del potere politico ed economico nelle mani del governo e sull'assenza di una vera e propria opposizione, la quale nonostante la protesta di piazza degli ultimi anni, non riesce ad esprimere ne' un leader ne' una seria alternativa al Chavez. Una situazione che sta creando elementi legislativi inquietanti sia sulla libertà d'impresa, sulla libertà di stampa che che sulla proprietà privata (non quella dei latifondi per intendersi). Questo con una militarizzazione evidente della società venezuelana con un modello di controllo sociale "cubano" (ben 26mila i cubani sono presenti nel paese nei Comitati di quartiere e di Circoscrizione) e una pressochè totale assenza dell'Europa e dell'Italia nei vari progetti di sviluppo del paese. Detto questo dobbiamo,a mio avviso, discutere principalmente sui fatti e sulle esigenze della comunità italiana e lombarda, evitando giudizi ideologici e semplicistici e su questi dare un parere. Può darsi che alla fine questo governo faccia bene ma per poterlo affermare, servono risposte positive ed urgenti che la comunità italiana non ha ancora avuto. Una comunità che vive nella paura,un dato di fatto anche questo indiscutibile. Una sindrome "libica" che si sta impadronendo dei nostri italiani preoccupati di perdere tutto da un giorno all'altro. Una situazione minimizzata dalle nostre rappresentanze diplomatiche nel paese con una prudenza che appare ai più, un'assenza ingiustificata nel rappresentare le esigenze della Comunità presso il Governo italiano. La comunità italiana rappresenta il 60% della piccola e media impresa venezuelana.  Un effetto certamente esasperato dallo scontro politico causato da tre anni di manifestazioni di piazza e dal referendum revocatorio indetto dall'opposizione per costringere alle dimissioni l'attuale Presidente della Repubblica Chavez. Fatto che, forse, non ha consentito gli approfondimenti democratici dovuti creando forme di autodifesa da parte del governo insediato che stanno ingessando la vita pubblica e sociale del paese. Ora però Chavez ha vinto il referendum e questo non può essere dimenticato. Egli può governare sino alla fine del suo mandato legittimamente. Per questo ora è arrivato il momento del dialogo e del confronto nelle sedi più appropriate che per quello che riguarda la nostra comunità non possono che essere istituzionali. Un approfondimento che non può più essere dilazionato da parte di tutti : istituzioni e componenti sociali. Le faccio presente nel concludere, la necessità di tutelare le imprese lombarde ed italiane presso il nostro Governo con un riconoscimento nel futuro Statuto della Regione della cosiddetta "mobilità lombarda nel mondo", elemento di recente novità radicatisi negli ultimi decenni che si aggiunge alla tradizionale emigrazione di fine secolo e degli anni '50. Una presenza importante che meriterebbe una specifica legislazione di sostegno, favorendo un rapporto sempre più stretto con l'imprenditoria lombarda.
Certo di un suo riscontro presso le sedi competenti,porgo i miei più cordiali saluti.

Daniele Marconcini
Presidente dell'AMM
Rappresentante del Consiglio Regionale Lombardo
nella Consulta dell'Emigrazione

In Italia esiste una grandissima emergenza legalità

Nonostante fossi stato convocato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco, mi sono ritrovato stranamente senza contratto e in fin di vita (dic. 2004)
Ora, quel contratto non è mai arrivato, né una parvenza di regolarizzazione, come hanno dimostrato le sentenze del Tribunale di Caracas. Né mi risulta una presa di posizione in mio favore da parte dell'Istituzione da cui ero stato convocato. Al contrario, nel 2008, alcuni infami di quella stessa istituzione normalmente chiamata Farnesina, hanno osato mettere in dubbio il mio equilibrio psichico.
Da che base partisse questa diffamazione istituzionale, non è dato saperlo. Mistero al ministero.
Credevo che questi sistemi fossero propri dei regimi reazionari, le tristemente rinomate dittature, ma ho avuto tempo e modo per ricredermi.

Anche se ritengo di aver subito delle vere e proprie ingiustizie, voglio essere superiore e lanciare un messaggio di distensione a questa gentaglia.
In fin dei conti, come hanno cercato di convincermi gli indottrinatori al catechismo, bisogna amare i propri nemici come se stessi, o qualche minchiata simile.
E allora voglio dire a quegli inservienti di regime al soldo del Ministero degli Esteri e a qualche mummia in avanzato stato di decomposizione che li ha diretti:

"... y todavia, todos ustedes me lo chuparon..."

Gianluca Salvati 

Una risata vi seppellirà, olio su tela 1996


Extranjero - E 82.360.383, cedula de identitad (tarocca)
Documento ottenuto illegalmente, dopo più di un mese
di clandestinità, tramite corruzione di Pubblico Ufficiale
e in assenza di registrazione alla Camera del Lavoro.
Per non parlare delle difficoltà affrontate in Italia per
ottenere il riconoscimento del punteggio maturato e
 dell'affannosa quanto inutile ricerca dei legittimi contributi
maturati in quegli anni di lavoro al limite dello sfruttamento.

gianluca salvati

gianluca salvati
Gianluca Salvati - Lotta di cani

Lettori fissi