Quando frequentavo il corso di Nudo all'accademia di Belle Arti di Napoli, ho preso parte a diverse gite e viaggi d'istruzione a musei e fondazioni. Una di queste, nel marzo 1994, riguardava la Fondazione Burri a Città di Castello. La organizzava il professor Massimo Bignardi, insegnante di storia dell'arte all'accademia.
Essendo il viaggio della durata di un solo giorno, la partenza era prevista prima delle 8.00. C'era stata una discreta adesione alla gita, si partiva con due pullman. Massimo Bignardi era sul mio autobus. Ricordo che parlava della situazione politica del momento: non c'erano più i riferimenti degli anni prima del 1992. Rimanevano in piedi i sindacati. E poi di punto in bianco fece una tirata positiva su Mediaset, in particolare: il prof Bignardi aveva fatto richiesta di contributi per una non meglio precisata mostra e a Rete Quattro aveva trovato persone disponibili che avevano soddisfatto la richiesta senza battere ciglio. Dall'arte alla politica.
Non riuscivo a trovare il nesso tra Rete Quattro e l'arte, forse provando ad anagrammare le parole qualcosa dovrebbe venir fuori...
Il mese prima, avevo ascoltato una conferenza di Vittorio Sgarbi all'hotel Vesuvio. L'onorevole presentava una nuova lista politica... e durante la conferenza prese a parlare di arte.
Dalla politica all'arte...
Di lì a poco ci sarebbero state le elezioni che avrebbero visto la vittoria del noto piduista nonché monopolista televisivo, Silvio Berlusconi...
Era una bella giornata e il viaggio fino a Perugia fu piacevole. Visitammo la fondazione, dove erano esposte opere con le varie fasi dell'artista il quale era una fascista e non ne ha mai fatto mistero (ma amo da sempre la sua opera, al di fuori delle pitture...).
Si era alla fase in cui Burri lavorava con la fiamma dei cellophane, plasmandoli secondo le sue esigenze, senza usare neanche una mascherina di protezione dai fumi.
Essendo il viaggio della durata di un solo giorno, la partenza era prevista prima delle 8.00. C'era stata una discreta adesione alla gita, si partiva con due pullman. Massimo Bignardi era sul mio autobus. Ricordo che parlava della situazione politica del momento: non c'erano più i riferimenti degli anni prima del 1992. Rimanevano in piedi i sindacati. E poi di punto in bianco fece una tirata positiva su Mediaset, in particolare: il prof Bignardi aveva fatto richiesta di contributi per una non meglio precisata mostra e a Rete Quattro aveva trovato persone disponibili che avevano soddisfatto la richiesta senza battere ciglio. Dall'arte alla politica.
Non riuscivo a trovare il nesso tra Rete Quattro e l'arte, forse provando ad anagrammare le parole qualcosa dovrebbe venir fuori...
Il mese prima, avevo ascoltato una conferenza di Vittorio Sgarbi all'hotel Vesuvio. L'onorevole presentava una nuova lista politica... e durante la conferenza prese a parlare di arte.
Dalla politica all'arte...
Di lì a poco ci sarebbero state le elezioni che avrebbero visto la vittoria del noto piduista nonché monopolista televisivo, Silvio Berlusconi...
Era una bella giornata e il viaggio fino a Perugia fu piacevole. Visitammo la fondazione, dove erano esposte opere con le varie fasi dell'artista il quale era una fascista e non ne ha mai fatto mistero (ma amo da sempre la sua opera, al di fuori delle pitture...).
Si era alla fase in cui Burri lavorava con la fiamma dei cellophane, plasmandoli secondo le sue esigenze, senza usare neanche una mascherina di protezione dai fumi.
Alberto Burri lavora un cellotex - foto Aurelio Amendola |
A un certo punto l'addetta alla fondazione si accorse che un cellotex di Burri era stato danneggiato. Pare che un allievo dell'accademia per fare uno scherzo si sia accorto che da un quadro cadeva un lembo di cellophane.
Mentre si stabiliva cosa era accaduto, continuai a guardarmi la mostra. Quando raggiunsi il gruppo, stavano ancora discutendo, ma stavolta c'era anche un signore alto e piuttosto anziano, gli avrei dato dagli 80 ai 90 anni, ma forse ne aveva di più. Il ragazzo che aveva scherzato vicino al quadro, un certo Dario, sembrava piuttosto allarmato per come si erano messe le cose. Il vecchio diceva: -Ora che lo saprà l'artista...
Il valore di quel quadro danneggiato era 300 milioni di vecchie lire. Il ragazzo si era messo in un bel guaio. Qualcuno lo prendeva in giro, (è risaputo che i napoletani hanno sempre voglia di scherzare): "Ora devi dargli 300 milioni!" A quel punto il professor Bignardi, che scriveva anche per Repubblica (sezione Napoli e provincia), minacciò il vecchio dicendogli che avrebbe scritto sul giornale del pessimo trattamento subito solo perché napoletani (di Napoli e provincia).
Mentre si stabiliva cosa era accaduto, continuai a guardarmi la mostra. Quando raggiunsi il gruppo, stavano ancora discutendo, ma stavolta c'era anche un signore alto e piuttosto anziano, gli avrei dato dagli 80 ai 90 anni, ma forse ne aveva di più. Il ragazzo che aveva scherzato vicino al quadro, un certo Dario, sembrava piuttosto allarmato per come si erano messe le cose. Il vecchio diceva: -Ora che lo saprà l'artista...
Il valore di quel quadro danneggiato era 300 milioni di vecchie lire. Il ragazzo si era messo in un bel guaio. Qualcuno lo prendeva in giro, (è risaputo che i napoletani hanno sempre voglia di scherzare): "Ora devi dargli 300 milioni!" A quel punto il professor Bignardi, che scriveva anche per Repubblica (sezione Napoli e provincia), minacciò il vecchio dicendogli che avrebbe scritto sul giornale del pessimo trattamento subito solo perché napoletani (di Napoli e provincia).
Il vecchio rispose con la sua voce baritonale: -Ci mancava solo questo...
Quelle parole dovevano avere il valore di un congedo, perché noialtri andammo via. Ripartimmo, direzione Tuoro, sul lago Trasimeno, dove torreggiavano le sculture di Burri con una disposizione che mi ricordava Stonehenge. Alle 7 della sera prendemmo la via del ritorno.
Quelle parole dovevano avere il valore di un congedo, perché noialtri andammo via. Ripartimmo, direzione Tuoro, sul lago Trasimeno, dove torreggiavano le sculture di Burri con una disposizione che mi ricordava Stonehenge. Alle 7 della sera prendemmo la via del ritorno.
Il pullman era assai stratificato, c'arano i casinisti, quelli che cantavano, e c'erano persone più cerebrali e silenziose. Non mancava qualche figliola carina. Massimo Bignardi era sul nostro pullman, ma all'ultima sosta, durante il rifornimento di gasolio, scese per andare sull'altro pullman.
Era piuttosto tardi, ed eravamo in forte ritardo rispetto alla tabella di marcia. Prima della partenza l'autista imprecò contro il prof e lanciò il pullman (c'era ancora il cambio delle marce manuale) in uno sprint da formula uno. Poi, per fortuna mantenne un'andatura entro i limiti del buonsenso.
Non molto tempo dopo, però, cominciò a ciondolargli la testa. La qual cosa non prometteva nulla di buono. Ora, di un intero pullman nessuno se ne accorse. O almeno questa fu la sensazione che ricevetti: ciascuno continuava nelle proprie discussioni o attività. Solo io e una ragazza, un bel pezzo di figliola seduta davanti che era rimasta dritta a guardarlo ma senza dir niente, come ipnotizzata, eravamo gli unici consapevoli delle condizioni critiche del conducente. Ad ogni modo mi andai a sedere proprio a fianco del guidatore, forse chiesi a qualcuno di cedermi il posto. L'autista lottava senza fortuna con il sonno, le palpebre gli calavano pesantemente sugli occhi, anche se teneva bene la strada. Decisi di agire in maniera soft, senza allarmarlo. Ero capacissimo di tenergli il volante qualora ne perdesse il controllo, cosicché rimasi lì di vedetta: un occhio a lui e uno alla strada. Non appena capivo che lo stavo perdendo, prendevo a parlargli, facendogli qualche domanda.
Il giovane, non aveva più di trent'anni, anche se piuttosto conciato, rispondeva bene agli stimoli sonori. E il viaggio proseguì tranquillo fino a Napoli all'una di notte, quando l'autista aveva riacquistato una forma decente.